A Palermo si cercano soluzioni alla crisi libica
Per l'ennesima volta la comunità internazionale si riunisce per cercare di trovare una via d'uscita al conflitto nel quale è sprofondata la Libia dalla caduta di Muhammar Gheddafi nel 2011.
Si apre lunedì a Palermo la conferenza internazionale sulla Libia. L’obiettivo – ha dichiarato il premier italiano Giuseppe Conte – è di “superare lo stallo” politico nel paese e “prevenire l’escalation di violenza di cui abbiamo avuto un ampio assaggio nei mesi scorsi”.
Al vertice – che durerà due giorni – partecipano i leader di paesi come Algeria, Tunisia, Egitto, Ciad, Grecia e Malta. Presente anche il primo ministro russo Dimitri Medvedev e diversi rappresentanti di paesi europei. Gli Stati Uniti si sono invece ‘accontentati’ di inviare l’addetto al Medio Oriente David Satterfield.
Come a Parigi in maggio, dovrebbero sedersi allo stesso tavolo i principali protagonisti libici: il capo del Governo d’unione nazionale (GNA, riconosciuto internazionalmente) Fayez al-Sarraj, il maresciallo Khalifa Haftar, uomo forte nell’est del paese, la cui presenza non è però ancora sicura, il presidente del Parlamento, Aguila Salah, e quello del Consiglio di Stato (equivalente del Senato), Khaled al-Mechri.
In un’intervista accordata giovedì scorso all’Agence France Presse, Fayez al-Sarraj ha auspicato che la conferenza permetta di trovare una “visione comune sul dossier libico” e che le posizioni di Parigi e Roma “si unifichino”.
Rivalità franco-italiana
Dopo l’incontro di Parigi, Roma aveva rimproverato la Francia, accusandola di volere agire da sola in Libia. Il paese è oggi di fatto diretto da due entità rivali: il GNA, legittimato dal Consiglio di sicurezza dell’ONU, e un’autorità insediata nell’est, sostenuta da un Parlamento eletto nel 2014 e da una forza armata diretta da Khalifa Haftar.
La scheda sulla Libia:
Malgrado l’Italia e la Francia abbiano “numerosi interessi in comune in Libia – ad esempio per quanto concerne l’energia, l’immigrazione e il terrorismo – hanno delle divergenze sui modi in cui raggiungere i loro obiettivi”, osserva Federica Saini Fasanotti, del Brookings Institute.
Una delle conseguenze di questa rivalità, è che suscita “iniziative ad hoc senza effetto, polarizzando ulteriormente la scena politica, con gli attori libici che sono consapevoli della situazione e la sfruttano”, spiega l’analista libico Emad Badi.
Elezioni non prima della primavera del 2019
A Parigi, i protagonisti della crisi libica si erano impegnati ad organizzare elezioni legislative e presidenziali il 10 dicembre. Una data che però ha suscitato uno scetticismo più o meno generale, in particolare a Roma e a Washington, che ritengono poco propizie le condizioni per nuove elezioni.
“Siamo favorevoli ad elezioni il più presto possibile. Tuttavia, fissare dei termini artificiali e un processo precipitoso sarebbe controproducente”, ha dichiarato giovedì David Hale, numero tre della diplomazia americana.
Lo stesso giorno, l’emissario dell’ONU in Libia, Ghassan Salamé, ha affossato definitivamente l’ipotesi di elezioni prima della fine dell’anno. “Nelle prime settimane del 2019 dovrebbe tenersi una conferenza nazionale. Il processo elettorale che dovrebbe scaturire da questa riunione inizierà al più presto nella primavera del 2019”, ha dichiarato al Consiglio di sicurezza dell’ONU.
A Palermo non dovrebbe essere fissata nessuna data per future elezioni e non è neppure certo che al termine della conferenza sarà pubblicato un documento finale, stando a quando indicato all’Afp da una fonte diplomatica italiana.
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