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Lo strato di ozono continua ad assottigliarsi

Lo strato di ozono fatica a riprendersi e, anzi, continua ad assottigliarsi in certe zone del pianeta, come ai tropici e nelle regioni densamente popolate.

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 È quanto emerge da uno studio internazionale Collegamento esternodiretto dal Politecnico federale di Zurigo (ETH) e dal World Radiation Center di Davos, nel cantone Grigioni.

Sorgere del sole
L’ozono “a bassa quota” è considerato un inquinante, ma quello che si trova nella bassa stratosfera protegge gli esseri viventi dagli effetti nefasti dei raggi UV. Keystone

L’ozono assorbe parte delle radiazioni solari e protegge gli esseri viventi sulla Terra da un’eccessiva radiazione di raggi ultravioletti. Finora gli esperti ritenevano che lo strato di ozono si sarebbe ripreso o stabilizzato entro il 2050, in particolare grazie al divieto dei clorofluorocarburi (CFC) introdotto nel 1989 con il Protocollo di Montréal.

Lo studio dei ricercatori svizzeri, pubblicato sulla rivista scientifica “Atmospheric Chemistry and Physics”, ha ora evidenziato una riduzione della concentrazione di ozono fra il 60esimo grado di latitudine sud e il 60esimo grado di latitudine nord nella parte più bassa della stratosfera: ossia ad un’altitudine compresa fra i 15 e i 24 chilometri, dove normalmente si registrano le concentrazioni più alte di questo gas.

Le cause di questa riduzione sono ancora poco chiare, scrive oggi in una nota l’ETH. Gli autori dello studio propongo due possibili spiegazioni.

Una possibilità è che i mutamenti climatici abbiano modificato le correnti atmosferiche e che le masse di aria tropicale vengano trasportate più rapidamente e in strati più bassi in direzione dei poli. Ciò avrebbe come conseguenza una minor formazione di ozono.

La seconda ipotesi tiene conto dell’incremento nell’aria dei cosiddetti gas a corta durata di vita (Very Short-Lived Substances, VSLS), che vengono oggi utilizzati al posto dei CFC. Questi gas sono meno dannosi per l’ozono rispetto ai loro predecessori, ma non sono completamente innocui.

Secondo Thomas Peter, professore di chimica atmosferica all’ETH e co-autore dello studio, i risultati sono preoccupanti, ma non allarmanti. L’inversione di tendenza registrata negli strati alti della stratosfera e ai poli conferma la fondatezza del Protocollo di Montréal. Si tratta ora di vegliare sull’evoluzione negli strati medi e bassi.

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