Malgrado la pesante sconfitta di martedì sera, la premier britannica Theresa May non ha gettato la spugna. Riuscirà a salvarsi dal voto previsto stasera sulla mozione di sfiducia?
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tvsvizzera.it/mar/afp con RSI (TG del 16.01.2019)
Il futuro di Theresa May è sempre più incerto anche se la prima ministra britannica non ha dato segno di cedimenti e si è detta intenzionata a trovare una soluzione.
Mercoledì sera la premier affronterà il voto sulla mozione di sfiducia presentata dal leader dell’opposizione laburista Jeremy Corbyn subito dopo la batosta rimediata dalla May alla Camera dei Comuni, che ha respinto seccamente (con 432 no contro appena 202 sì) l’accordo sulla Brexit raggiunto in novembre con Bruxelles.
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Per ora, Theresa May non dovrebbe rischiare. Il Partito conservatore si è infatti ricompattato dietro alla sua leader. Jacob-Rees Mogg, uno dei capofila degli oppositori all’accordo, ha assicurato che, al contrario di quando accaduto martedì sera, voterà per la fiducia. “Non ho sentito un solo deputato Tory intenzionato a non sostenere” Theresa May, ha dichiarato alla Bbc. Assicurazioni in tal senso erano già state fatte da Boris Johnson.
L’analisi del corrispondente della RSI:
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La ministra Amber Rudd, fedelissima della premier, ha dal canto suo messo in guardia sulla prospettiva a suo dire “devastante” d’un governo Corbyn, oltre che sull’incognita elezioni anticipate in caso di sfiducia. “Abbiamo delle difficoltà sulla Brexit, ma nulla sarebbe peggio di un governo guidato da Jeremy Corbyn”, ha dichiarato Rudd.
Brexit, nessun rinvio
Per quanto concerne la Brexit, il Governo britannico non ha per ora in programma di chiedere all’UE un rinvio dei termini rispetto alla scadenza del 29 marzo. È quanto dichiarato dalla ministra Andrea Leadsom.
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Westminster boccia l’accordo sulla Brexit
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L’accordo di divorzio tra Regno Unito e UE raggiunto dalla premier May è stato bocciato dalla Camera dei Comuni con uno scarto pesante per il governo.
La ministra francese incaricata delle questioni europee, Nathalie Loiseau, ha affermato che un rinvio della scadenza è “giuridicamente e tecnicamente possibile” se i britannici lo domandano.
“Ma per quanto tempo e per fare cosa?”, ha proseguito. “Poiché se è solo per dirci che dobbiamo fare più concessioni, saremmo alquanto imbarazzati. Il testo dell’accordo non può essere riaperto”.
Anche a Berlino, un eventuale rinvio non sembra essere l’opzione più accreditata. “Non avrebbe senso”, poiché per ora questa opzione non gode del sostegno della maggioranza del Parlamento britannico, ha osservato il ministro degli esteri tedesco Heiko Maas.
Brexit senza accordo
L’ipotesi, quindi, è che la Gran Bretagna lasci l’UE senza accordo. Questo rischio – ha avvertito il capo negoziatore dell’UE per la Brexit Michel Barnier – non è mai stato “così alto”.
“Il nostro obiettivo rimane di evitare un simile scenario – ha affermato davanti agli eurodeputati a Strasburgo – ma dobbiamo anche restare lucidi. Per questa ragione intensificheremo i nostri sforzi per essere pronti a una tale eventualità”.
Alla fine dell’anno scorso, la Commissione europea aveva presentato una serie di misure per cercare di attenuare le conseguenze di un’uscita senza accordo, in particolare nei settori più suscettibili: trasporti, finanze, dogane… Mercoledì la presidenza rumena dell’UE si è impegnata a fare adottare queste misure in “tempo utile”.
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Saranno garantiti i voli diretti UE-Regno Unito, il trasporto merci e i diritti dei cittadini, ma solo a tempo determinato e se c'è reciprocità.
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Rassicurazioni non vincolanti da parte europea. È il magro bottino raccolto dalla premier britannica Theresa May durante il vertice europeo.
“Umiliazione”, “fallimento”. I quotidiani britannici hanno definito anche così il tentativo della premier Theresa May di ottenere concessioni da parte europea sull'accordo raggiunto lo scorso mese sulla Brexit. Concessioni che le sarebbero servite per convincere il Parlamento britannico ad accettare l’intesa faticosamente raggiunta con l’Unione. La stessa May aveva ammesso che, nella situazione attuale, l’accordo verrebbe affossato da Westminster.
In particolare, la premier auspicava di ottenere delle rassicurazioni giuridicamente vincolanti sulla clausola del “backstop irlandese”, che obbligherebbe la Gran Bretagna a sottostare ai regolamenti commerciali europei fino a che non sarà trovato un modo per evitare un dannoso confine “duro” tra Irlanda e Irlanda del Nord.
Un magro bottino
Davanti ai 27 al vertice europeo a Bruxelles, May ha sostenuto di credere che alla Camera dei comuni vi sia "una maggioranza che vuole dare seguito al referendum ed uscire con un accordo negoziato", sollecitando i partner europei ad aiutarla a cambiare la percezione dei parlamentari sul backstop.
Ma la risposta è stata negativa e ancora una volta i leader europei hanno ripetuto: "L'accordo non si tocca, ma possiamo aiutare con chiarimenti politici". E così è stato. I partner si sono limitati a pubblicare una dichiarazione in cui chiariscono lo scopo ed il funzionamento del “backstop”, impegnandosi a fare tutto il possibile perché non entri mai in vigore, ed eventualmente duri il meno possibile. Ma il tutto senza garanzie giuridiche vincolanti che avrebbero certamente aiutato a convincere il Parlamento britannico.
Quest’ultimo dovrebbe esprimersi sulla questione tra il 7 e il 21 gennaio. Nel caso l’accordo venisse respinto, gli scenari ipotizzati variano da un secondo referendum sulla Brexit a un divorzio dall’Ue senza accordo.
In seno all'Unione ci si sta già preparando a quest’ultima, temuta, possibilità. Il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker ha annunciato la pubblicazione di tutte le informazioni necessarie per affrontare un’eventuale “hard brexit” mercoledì prossimo.
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