L'accordo di divorzio tra Regno Unito e UE raggiunto a novembre con Bruxelles dalla premier britannica Theresa May è stato bocciato martedì dalla Camera dei Comuni di Londra con 432 no contro 202 sì. Uno scarto molto pesante per il governo.
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tvsvizzera.it/ATS/ri con RSI (TG del 15.01.2019)
Il leader dei laburisti Jeremy Corbyn, ha presentato una mozione di sfiducia al governo conservatore dopo il voto. La mozione sarà discussa mercoledì.
Corbyn ha parlato di “sconfitta devastante”, ha accusato May d’essersi negata al dialogo per scongiurare un “no deal” e di aver privilegiato gli interessi del suo partito su quelli del Paese. Ha infine auspicato che la Camera dia il suo “verdetto sull’incompetenza di questo governo”.
La premier ha detto dal canto suo che il no all’accordo è chiaro, ma che non sono emerse chiaramente altre proposte sul tavolo. Ha inoltre insistito, in caso di fiducia, sulla volontà di continuare a lavorare per attuare la Brexit. Per ora dunque, nessuna dimissione.
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“Con rammarico prendo nota del risultato del voto” ma “da parte UE il processo di ratifica dell’accordo di recesso prosegue”, ha affermato il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker.
“Il rischio di un’uscita disordinata è aumentata con il voto di stasera. Mentre non vogliamo che accada, la Commissione proseguirà il suo lavoro per assicurare che l’Ue sia pienamente preparata. Chiedo al Regno Unito di chiarire le sue intenzioni il prima possibile. Ci siamo quasi”, ha concluso.
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Saranno garantiti i voli diretti UE-Regno Unito, il trasporto merci e i diritti dei cittadini, ma solo a tempo determinato e se c'è reciprocità.
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Rassicurazioni non vincolanti da parte europea. È il magro bottino raccolto dalla premier britannica Theresa May durante il vertice europeo.
“Umiliazione”, “fallimento”. I quotidiani britannici hanno definito anche così il tentativo della premier Theresa May di ottenere concessioni da parte europea sull'accordo raggiunto lo scorso mese sulla Brexit. Concessioni che le sarebbero servite per convincere il Parlamento britannico ad accettare l’intesa faticosamente raggiunta con l’Unione. La stessa May aveva ammesso che, nella situazione attuale, l’accordo verrebbe affossato da Westminster.
In particolare, la premier auspicava di ottenere delle rassicurazioni giuridicamente vincolanti sulla clausola del “backstop irlandese”, che obbligherebbe la Gran Bretagna a sottostare ai regolamenti commerciali europei fino a che non sarà trovato un modo per evitare un dannoso confine “duro” tra Irlanda e Irlanda del Nord.
Un magro bottino
Davanti ai 27 al vertice europeo a Bruxelles, May ha sostenuto di credere che alla Camera dei comuni vi sia "una maggioranza che vuole dare seguito al referendum ed uscire con un accordo negoziato", sollecitando i partner europei ad aiutarla a cambiare la percezione dei parlamentari sul backstop.
Ma la risposta è stata negativa e ancora una volta i leader europei hanno ripetuto: "L'accordo non si tocca, ma possiamo aiutare con chiarimenti politici". E così è stato. I partner si sono limitati a pubblicare una dichiarazione in cui chiariscono lo scopo ed il funzionamento del “backstop”, impegnandosi a fare tutto il possibile perché non entri mai in vigore, ed eventualmente duri il meno possibile. Ma il tutto senza garanzie giuridiche vincolanti che avrebbero certamente aiutato a convincere il Parlamento britannico.
Quest’ultimo dovrebbe esprimersi sulla questione tra il 7 e il 21 gennaio. Nel caso l’accordo venisse respinto, gli scenari ipotizzati variano da un secondo referendum sulla Brexit a un divorzio dall’Ue senza accordo.
In seno all'Unione ci si sta già preparando a quest’ultima, temuta, possibilità. Il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker ha annunciato la pubblicazione di tutte le informazioni necessarie per affrontare un’eventuale “hard brexit” mercoledì prossimo.
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