Volkswagen, l’azienda tedesca che deve molto all’Italia
Sessant'anni fa arrivava a lavorare per Volkswagen il primo operaio italiano. Da allora sono stati 60'000 a seguirlo.
L’azienda automobilistica tedesca Volkswagen, leader nel suo settore, non sarebbe la stessa senza la manodopera giunta dall’Italia: 60 anni fa il primo immigrato di origine italiana arrivò a Wolfsburg, dove VW aveva bisogno urgentemente di manodopera. Da allora, in nessun’altra industria tedesca hanno lavorato così tanti operai ed operaie italiani. Per molti l’azienda si è trasformata nel tempo in una sorta di nuova, grande famiglia.
All’inizio era solo una fabbrica, un posto di lavoro sicuro e ben retribuito dove lavorare per qualche anno per tornarsene poi a casa in Italia. Per molti, però, è la Germania a essere diventata casa, come per esempio per il siciliano Silvestro Guerrieri, ex operaio VW, ora in pensione, che non ha più lasciato Wolfsburg: “L’Heimat (ndr: la patria) adesso è Wolfsburg perché l’Heimat è dove si vive, dove si lavora, dove uno ha tutto. La Sicilia rimane un ricordo”.
Sono oltre 60’000 gli italiani che hanno lavorato per l’azienda automobilistica nel corso degli anni e che poi sono rimasti a vivere e a mettere su famiglia a Wolfsburg, che da molti viene definita come “città italiana più al nord”. Ancora oggi vi vivono italiane e italiani di seconda e terza generazione, per molti dei quali il tedesco è la lingua madre e che con l’Italia mantengono solo un legame affettivo, anche se profondo. È il caso, per esempio, di Daniela Cavallo, nata a Wolfsburg nel 1975 da genitori che lavoravano alla Volkswagen. Oggi è presidente del Consiglio di fabbrica e appartiene anche al Consiglio di sorveglianza dell’azienda. La sua è la carriera esemplare di una figlia d’immigrati che dimostra l’ottimo livello d’integrazione di cittadine e cittadini italiani nel tessuto sociale ed economico della città.
Ai microfoni della Radiotelevisione della Svizzera italiana RSI dichiara che secondo lei “il posto di lavoro all’interno di un’azienda è un luogo ideale per favorire l’integrazione delle persone immigrate. Qui diverse nazionalità che altrimenti non s’incontrerebbero mai sono costrette a collaborare assieme, a lavorare allo stesso progetto, allo stesso obiettivo. Con il lavoro imparano a conoscersi meglio”.
Ed è proprio questo quello che è successo negli ultimi decenni a Wolfsburg dove migliaia di lavoratori e lavoratrici di origine italiana hanno trovato nell’azienda automobilistica una sorta di nuova famiglia. A documentarlo è anche una nuova ricerca svolta dalla fondazione Volkswagen Heritage in occasione del sessantesimo anniversario dell’arrivo a Wolfsburg del primo operaio italiano.
E, secondo Silvestro Guerrieri, “l’Europa dovrebbe essere questo: un cittadino che da un Paese si sposta all’altro per lavorare e vivere si deve sentire a casa e non più un ‘Gastarbeiter’, cioè un lavoratore ospite, bensì cittadino a tutti gli effetti del posto dove si trova”.
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