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Coronavirus in Lombardia, la testimonianza di un medico

Un auto supera il cartello stradale che indica l ingresso nel territorio comunale di Codogno (Lombardia).
Nel comune di Codogno si è sviluppato lo scorso febbraio il primo focolaio di coronavirus in Italia. Lapresse

Le critiche di un medico impegnato sul campo nella regione maggiormente colpita dalla pandemia. Nelle fasi iniziali della pandemia, accusa il sanitario, disorganizzazione, promiscuità negli ospedali e informazioni carenti hanno pesato sull'evoluzione dei contagi.

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Le inchieste delle varie magistrature  dovranno far fare luce sui troppi contagi nelle varie province lombarde. Una tra le più colpite, quella di Bergamo, ha pagato la mancata istituzione di una zona rossa, e la confusione delle comunicazioni delle direzioni sanitarie al personale ospedaliero.

Il dramma vissuto in queste settimane nella regione ha colpito tutti. Anche il personale sanitario al quale resterà sempre un grande rammarico. “Senza protezioni e senza fare i tamponi anche noi sanitari abbiamo contagiato” testimonia alla RSI un medico che chiede di restare anonimo.

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E dire che nella notte tra il 5 e il 6 marzo era tutto pronto per una decisione che avrebbe potuto imprimere una svolta alla situazione. La provincia di Bergamo stava per essere chiusa. Poi, però, non è arrivato l’ordine contrario.

La mancata istituzione di una zona rossa come a Codogno – epicentro dell’epidemia agli albori in nord Italia e comune di residenza del primo paziente malato di Covid19 – è stata alla base di una vera catastrofe. I provvedimenti che non sono stati presi in tempo utile e le comunicazioni incomplete e confusionarie delle direzioni sanitarie dei diversi nosocomi hanno fatto il resto.

Un’ecatombe, un bollettino di guerra, si leggerà per giorni, settimane, su tutti i giornali. Tutta l’Italia in quarantena non basterà a fermare la diffusione del coronavirus in alcune regioni, e specialmente in Lombardia, dove ha lasciato dietro di sé un numero di morti elevatissimo.

Al 23 aprile nella regione più ricca del paese e tra le più floride d’Europa si contano oltre 70’000 casi. Quasi 11’000 quelli nella provincia di Bergamo, che conta poco più di 2’900 decessi.

Numeri che non si sono ancora fermati e su cui adesso si concentrano le procure per le varie inchieste aperte dopo le denunce dei parenti delle vittime. E ancora recentemente l’accesso al reparto Covid-19 dell’ospedale Papa Giovanni XXIII del capoluogo orobico non risulta sufficientemente delimitato, come testimonia il video che segue.

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