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Le origini svizzere del calcio italiano

La copertna del libro
In maglia biamca Etienne Bugnion mentre il ragazzo a sinistra è Luigi Ferraris, morto prematuramente in guerra e al quale è stato dedicato lo stadio di Genova. @Ed.Mimésis

Gli svizzeri pionieri del calcio in Italia. Dal 1896 all’inizio del primo conflitto mondiale, oltre 150 giocatori svizzeri o di origini svizzere hanno giocato nelle squadre italiane contribuendo alla loro nascita e al loro successo. Non solo. Svizzeri erano anche presidenti e dirigenti dei club. Una storia tutta da scoprire. 

Oggi la realtà del calcio italiano è lontana anni luce da quella svizzera. Ma non è sempre stato così. Gli svizzeri hanno infatti contribuito in modo fondamentale alla nascita e allo sviluppo del gioco del calcio in Italia. Una pagina di storia sportiva ai più sconosciuta che nel tempo è caduta per tutti nell’oblio.  

Ora, un libro del genovese, e ginevrino d’adozione, Massimo Prati “Les Suisses, pionniers du football italien” (in italiano: Gli svizzeri, pionieri del football italiano, Urbone Publishing) ricorda quel momento particolare della storia calcistica italiana, riproponendo storie, aneddoti e nomi di giocatori svizzeri che sono andati persi nelle pieghe del passato: solo per citarne alcuni, Edoardo Bosio (Torino), Alfred Dick (Juventus, Torino), Etienne Bugnion (Genoa), i tre fratelli Hintermann (Milano, Inter) e Ermanno Aebi (Inter). Nomi che oggi non dicono nulla ma che sono stati tra i pionieri del calcio in Italia. 

La copertina del libro
@Editions Mimésis

Tutto nasce a Genova

A metà dell’Ottocento Genova è una città mercantile con un porto particolarmente dinamico, la sede di una banca di importanza strategica per l’Italia, il Credito Italiano (oggi Unicredit), e dal 1853, con il Gruppo Ansaldo, disponeva di un’industria moderna e diversificata.  

“Con lo sviluppo industriale – sottolinea Massimo Prati – a Genova arrivano gli inglesi che nel 1893 fondano il Genoa Cricket and Football ClubCollegamento esterno. All’inizio il club è aperto solo ai membri della comunità inglese. Poi si registra l’ingresso di soci genovesi (per il gioco del cricket) e dal 1896 ecco i primi genovesi, molti di origini svizzere, nella squadra di calcio”. 

Nasce ufficialmente la storia del calcio in Italia. Il Genoa vince il suo primo titolo nel 1898 (il primo titolo italiano assegnato ufficialmente) e cinque dei sei successivi. E Genova è anche la città d’origine di Massimo Prati che nelle prime pagine del libro non manca d’esprimere tutto il suo amore per la squadra ligure (e di tutta la sua famiglia sin dalla fondazione del club).  

Si interessa attivamente alla storia del Genoa e lo stesso Prati racconta: “Mi ha stupito scoprire che un numero significativo di ex giocatori svizzeri, celebrati e onorati in un museo della mia città per aver contribuito alla nascita del calcio italiano, sono del tutto sconosciuti nel loro Paese d’origine”. 

“Ex giocatori svizzeri, celebrati e onorati in un museo a Genova sono del tutto sconosciuti nel loro Paese d’origine”. 

Massimo Prati, Gli svizzeri, pionieri del football italiano

E cercando tra articoli di giornali di allora, consultando archivi e vecchie pubblicazioni, Prati scopre che il Genoa non è un caso isolato. La presenza di giocatori svizzeri nelle squadre di calcio del Nord Italia è un fenomeno generalizzato. 

Non è un caso che la Svizzera abbia esportato tanti giocatori in Italia. Dopo l’Inghilterra, la Confederazione è stata uno dei primi Paesi al mondo a praticare il calcio. Il San Gallo viene fondato nel 1879, il Grasshopper nel 1886, il Servette nel 1890, il Basilea nel 1893, il Losanna e lo Zurigo nel 1896 e lo Young Boys nel 1898.  

Ma chi sono? 

Nell’immaginario collettivo, la nascita del calcio è associata all’Inghilterra: il club più antico d’Italia – il Genoa – come abbiamo visto è stato fondato dagli inglesi. E gli stessi inglesi fondano il Milan Football & Cricket Club, chiamando la squadra “Milan” e non “Milano” mentre la Juventus prende in prestito le strisce bianconere dal Notts County (squadra di Nottingham che oggi milita nella quarta serie del campionato inglese).  

“Abbiamo però dimenticato – ricorda Prati – che i primi eroi di questi club si chiamavano Pasteur, Bugnion, Dick, Walti, Bollinger, Aebi, Comte, Bachmann e Salvadé. E mentre gli inglesi tendevano a rimanere tra di loro, gli svizzeri sostenevano l’integrazione e la mescolanza”, fondando nuovi club aperti a tutti, come l’Inter e il Barcellona. 

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Massimo Prati si rammarica: “Il ruolo degli svizzeri nella diffusione del calcio in Italia è un aspetto ignorato dal grande pubblico. Gli specialisti e gli storici sono ovviamente consapevoli di questo contributo, ma le opere esistenti si occupano di questo o quel club. Se il mio libro ha un merito, è quello di presentare un quadro complessivo del fenomeno nel suo insieme”. 

Il triangolo Genova-Torino-Milano 

Quando il Genoa vince il suo sesto titolo nel 1904, i rossoblù hanno un presidente svizzero, un allenatore svizzero, due membri della commissione tecnica e sei giocatori svizzeri. Il capitano è il losannese Etienne Bugnion, fondatore del Montriond Lausanne (oggi Lausanne-Sport che milita nella massima categoria elvetica).  

“Il Genoa vince il suo sesto titolo nel 1904, con il presidente, l’allenatore, due membri della commissione tecnica e sei giocatori tutti svizzeri”

Massimo Prati, Gli svizzeri, pionieri del football italiano

A Torino il calcio è introdotto già nel 1887 da Eduardo Bosio, nato nel 1864 a Zuoz (nel Canton Grigioni), che riportò un pallone da calcio da un viaggio d’affari in Inghilterra. Discendente dello svizzero Giacomo Bosio, che nel 1845 aprì il primo birrificio in Italia, Eduardo fondò con i colleghi della filiale torinese della Thomas & Adams il Torino FCC, società sportiva che praticava il canottaggio d’estate e il football d’inverno.  

L’Andrea Doria, che nel 1946 si fonde con la Sampierdarenese per diventare Sampdoria, è fondata nel 1895 nella Scuola Svizzera di Genova. L’ex giocatore del Servette di Ginevra Ettore Negretti è stato capocannoniere del Milan, campione d’Italia nel 1901. 

Oggi la squadra più titolata d’Italia, la Juventus, ha vinto il suo primo scudetto nel 1905 sotto la presidenza di Alfred Dick, nato a Yverdon-les-Bains, che aveva fatto fortuna nel settore calzaturiero e spendeva parte del suo denaro per portare a Torino buoni giocatori svizzeri, tra cui l’argoviese Paul Walty, che aveva già trascorso due stagioni con il Milan.  

Il primo presidente del Torino calcio è stato lo svizzero Franz Schoenbrod mentre il primo capitano della squadra è stato un altro svizzero, il terzino Friedrich Bollinger. I capricci della storia vogliono che anche il capitano attuale sia un terzino svizzero, Ricardo Rodriguez. 

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“Tanto per capire – dice Massimo Prati – tra il 1896 e il 1915, una trentina di giocatori svizzeri hanno giocato per il Genoa e 19 per il Torino tra il 1907 e il 1915”.  

La figura centrale di questa generazione di calciatori svizzeri è senza dubbio Ermanno Aebi, che ha giocato un ruolo fondamentale con l’Inter per una dozzina di anni, dal 1910 al 1922. Nato a Milano nel 1892 da madre italiana, Aebi era svizzero da parte di padre. Fu educato a Neuchâtel, dove iniziò a praticare diversi sport, tra cui il calcio. Poco dopo la fondazione del club, il presidente dell’Inter gli offrì un posto in squadra. Il fatto che il club schierasse già un gran numero di giocatori svizzeri fu probabilmente un fattore decisivo nella decisione di Aebi di accettare l’offerta. 

Diventato uno degli attaccanti più efficaci dell’Inter, nel corso della sua carriera Aebi disputò 142 partite e segnò non meno di 106 gol. Uno di questi è stato definito “il gol decisivo nella partita decisiva”, quando Aebi segnò il terzo gol o il gol della vittoria. Accadde a Bologna, il 20 giugno 1920, durante la finale per il titolo nazionale, Inter-Livorno 3-2, che vide l’Inter diventare campione d’Italia per la seconda volta. Per l’Italia,  Ermanno Aebi, è stato il primo giocatore naturalizzato straniero, che esordì in Nazionale il 18 gennaio 1920, segnando tre gol nella partita Italia-Francia, terminata 9-4 a favore degli azzurri. 

Da Massimo Prati, Les Suisses, pionniers du football italien, Ed. Mimésis, 2022 

Resta infine emblematica la figura di Ermanno Aebi, che ha giocato 12 stagioni nell’Inter: è stato il primo svizzero ad essere naturalizzato nella Nazionale italiana (ha giocato contro la Svizzera a Berna nel marzo 1920) e il primo giocatore a segnare più di 100 gol in Serie A. 

Dal nazionalismo alla fondazione dell’Internazionale FC 

A partire dal 1907, anche il mondo del calcio italiano subisce delle pressioni politiche. L’Italia vive un ritorno del nazionalismo con forti tinte colonialiste. Gli stranieri non sono ben visti e le squadre tradizionalmente associate agli stranieri, in particolare inglesi e svizzeri (Genoa, Milan, Torino e Juventus), si oppongono a questa politica di esclusione e decidono di boicottare i campionati del 1908 e 1909. 

La squadra simbolo di questo periodo è la Pro Vercelli, una squadra della campagna piemontese. Come scrive Prati nel suo libro, “nel 1908 vinse il primo dei suoi sette campionati italiani (il primo nel 1908 e l’ultimo nel 1922) con una squadra tutta italiana. I giocatori della Pro Vercelli costituirono anche la spina dorsale della Nazionale nei suoi primi anni di vita”. 

La prima squadra dell’Inter, fondata nel 1908, era composta da otto giocatori svizzeri

E proprio in questo momento storico, il 9 marzo 1908, al ristorante L’Orologio in Piazza Duomo a Milano, viene fondato l’Internazionale Milano per iniziativa di un gruppo di soci dissidenti del Milan, contrari al divieto imposto dal club rossonero di arruolare calciatori di nazionalità straniera. La prima squadra dell’Inter è così composta da ben otto giocatori svizzeri: Karl Hopf, Käppler, Werner Kummer, Hernst Xavier Marktl, Ugo Rietmann, Bernard Schüler, Niedermann e Arnaldo Wölkel. 

Una nuova era 

Tutto cambia nel dopoguerra, quando i fascisti salgono al potere. Il football diventa calcio, l’Internazionale l’Ambrosiana, e il campionato viene chiuso agli stranieri nel 1926. Nel 1934 e 1938 l’Italia vince la Coppa del mondo di calcio. Il calcio diventa popolarissimo in Italia e i campioni ormai sono gli italiani.  

Bisognerà aspettare la fine della Seconda guerra per vedere di nuovo degli stranieri sui campi italiani. Ma gli svizzeri si fanno rari.   

È il ginevrino Roger Vonlanthen a riaprire la via verso l’Italia: viene ingaggiato dall’Inter nel 1955. In due stagioni Vonlanthen colleziona 42 presenze e segna 12 gol. Alla luce di quanto abbiamo scritto, il suo trasferimento non è una sorpresa come si potrebbe pensare oggi. Il nuovo pioniere elvetico nel calcio italiano – diventato sempre più importante e sempre più competitivo – non è altro che l’erede di una lunga tradizione iniziata quando è cominciata la storia stessa del calcio italiano. 

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