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“Non esiste la cultura della legalità”

Beppe Grillo e Luigi Di Maio.
Beppe Grillo e Luigi Di Mario nel marzo 2018 a Roma. Copyright 2018 The Associated Press. All Rights Reserved.

Dal populismo giudiziario al garantismo, passando da scuse o accuse pubbliche. La cronaca di questi giorni in Italia è piena di esempi. Tutti episodi che spingono il politologo Nicola Pasini a dire che in Italia “non esiste la cultura della legalità” mentre per il filosofo Massimo Cacciari "nessuno deve essere messo alla pubblica gogna". 

Il fatto di cronaca è noto. L’ex sindaco di Lodi Simone Uggetti, arrestato nel 2016 con l’accusa di turbativa d’asta su un bando per la gestione delle piscine comunali è stato assolto in appello con formula piena. Per i magistrati della Corte d’Appello di Milano “il fatto non sussiste”.

Della sentenza si è parlato molto in questi giorni non tanto per il ribaltamento della stessa, ma per quanto avvenuto al momento dell’arresto di Uggetti, vittima di una campagna aggressiva e diffamatoria promossa a suon di slogan sui social e in piazza dal Movimento 5 Stelle e dalla Lega.

“La presunzione di non colpevolezza è un caposaldo del diritto. Nessuno deve essere messo alla pubblica gogna”. Massimo Cacciari, filosofo

Ora, in una lettera al FoglioCollegamento esterno, l’ex capo politico del M5S Luigi Di Maio, ministro degli Esteri, si è scusato pubblicamente degli attacchi contro l’allora sindaco nei giorni successivi all’arresto, definendoli “profondamente sbagliati” e condotti con modalità “grottesche e disdicevoli”.

“Ma quali scuse?” commenta il filosofo Massimo Cacciari da noi contattato. “Di Maio allora era un adulto, grande e vaccinato che sinceramente raccontava solo c… Ora che è in governo non può più dirle. Che poi le scuse siano sentite e dette in buonafede non saprei. Ma francamente – aggiunge Massimo Cacciari – non me ne importa niente”.

È legittimo però chiedersi se da ‘forcaioli’, il Movimento abbia dato inizio a una stagione garantista in Italia. “No, non è iniziata nessuna stagione del garantismo – ci risponde il politologo Nicola Pasini, professore alla Statale di Milano – semplicemente perché in Italia non esiste la cultura della legalità. Vige certamente lo stato di diritto – viviamo pur sempre in una democrazia compiuta – ma l’Italia non ha nel suo DNA la legalità e fa ben poco per tutelare le persone e la presunzione di non colpevolezza è un concetto labile”.

E in questa dialettica giustizialismo-garantismo, esce tutta la precarietà del rapporto in Italia tra giustizia e politica. “In questo caso – puntualizza ancora Massimo Cacciari – non possiamo parlare di dialettica. In uno stato di diritto e non in una dittatura, la presunzione di innocenza o di non colpevolezza è un caposaldo del diritto. Fino alla sentenza ultima di un tribunale siamo tutti innocenti. Nessuno deve essere messo alla pubblica gogna”.

Populismo giudiziario, un’arma contro gli avversari politici

I fatti dimostrano che partiti e movimenti fanno del giustizialismo o populismo giudiziario uno strumento o addirittura un’arma per delegittimare gli avversari politici. “I partiti in questo caso hanno una grande responsabilità – chiarisce ancora Nicola Pasini – perché soffiano sul fuoco dell’emotività e seguono l’onda dell’opinione pubblica. Lo scontro tra giustizia e politica l’abbiamo vissuto negli anni ’90 con Tangentopoli dove il giustizialismo l’ha fatto da padrone nel Paese e ha raggiunto vette clamorose. Ricordo, tanto per dire, la Lega durante Tangentopoli, mostrava il cappio in parlamento ai politici che avevano in quel momento dei problemi con la giustizia. Poi abbiamo vissuto la stagione del girotondismo in nome della difesa dei princìpi di democrazia e legalità in opposizione alla politica del governo in carica all’epoca, presieduto da Silvio Berlusconi”.

“La posizione del Movimento 5 stelle verso la giustizia e il loro rapporto con giustizialismo e garantismo è fortemente influenzato dal caso Grillo”. Nicola Pasini, politologo

E oggi, oltre al caso Uggetti, continua Nicola Pasini “possiamo citare la sentenza del processo per il presunto disastro ambientale nella gestione delle acciaierie Ilva di Taranto da parte del Grippo Riva o ancora alla scarcerazione del collaboratore di giustizia Giovanni Brusca dopo 25 anni di carcere”. Questi casi, e tantissimi altri episodi in Italia, mostrano che se c’è una cultura diffusa, condivisa è quella di un certo giustizialismo vendicativo, che trova poi largo spazio nei media che ne amplificano la portata.

Clima teso

Di Maio sul Foglio giustifica in parte il suo agire d’allora, con il fatto che “il periodo dell’arresto di Uggetti coincise con le campagne elettorali che nel 2016 coinvolsero le città di Roma, Torino, Napoli, Milano e Bologna: una tornata, lo si ricorderà, senza esclusione di colpi, in cui si misuravano gli equilibri politici tra le forze nazionali. Anche io contribuii ad alzare i toni e a esacerbare il clima.” E in questo clima teso, Lega e M5s cavalcarono il populismo giudiziario che a Lodi portò alla sconfitta il Pd. Gli stessi attori oggi, con le scuse pubbliche a Uggetti, sembrano sposare le tesi garantiste. “Possiamo dire senza paura di smentita – aggiunge Nicola Pasini – che la maggior parte dei partiti politici italiani passa dal garantismo al giustizialismo e viceversa con estrema facilità, seguendo le mode e le convenienze del momento. In breve, cavalcano il sentimento diffuso dell’opinione pubblica”.

Eppure, queste scuse sono un po’ una novità per il panorama politico italiano. Raramente si sente un politico ammettere di essersi sbagliato.  “Le scuse di Di Maio – spiega Nicola Pasini – rappresentano una posizione tattica ma non strategica del Movimento 5 stelle. Sappiamo tutti che c’è una rivalità e competizione tra Luigi Di Maio e Giuseppe Conte. Quest’ultimo sarà probabilmente il prossimo capo politico dei 5 stelle. Il Movimento non è unito. A un certo momento, una parte del popolo pentastellato seguirà Di Maio, gli altri andranno altrove con Conte o Di Battista o con qualcun altro”.

“In Italia il rapporto tra giustizia, politica e società è fortemente malato”. Nicola Pasini, politologo

Nel frattempo, il dibattito su giornali, radio e televisione continua. “Va aggiunto – continua Nicola Pasini – che in questo momento, la posizione dei pentastellati verso la giustizia e il loro rapporto con giustizialismo e garantismo è fortemente influenzato dal caso del figlio di Beppe Grillo”. Come dire che non si può essere giustizialisti con tutti, meglio ancora se avversari politici, e garantisti con il proprio figlio. In questo caso, sottolineano alcuni media italiani, più che di garantismo si deve piuttosto parlare di un giustizialismo rovesciato: anziché dare per scontata la colpevolezza, si dà per certa la non colpevolezza.

Sulla possibile influenza del caso Grillo sui pentastellati, Massimo Cacciari ha le idee chiare: “Non facciamo inutili dietrologie. I pentastellati avevano un atteggiamento non democratico e adesso raccontano che si sono pentiti? Io me la rido alla grande. Oggi sono costretti a non avere più questi atteggiamenti giustizialisti semplicemente perché altrimenti dovrebbero abbandonare il governo. Siccome i grillini ci tengono al potere evitano questi atteggiamenti e magari si scusano anche. Tutto qui”.

Una cosa è certa, conclude il politologo Nicola Pasini, “in Italia c’è una forte collusione tra politici, alti funzionari e imprenditori. E questo con l’avallo della società civile. Quando poi si becca qualcuno con le mani nella marmellata si passa facilmente da una forte indignazione al ‘così facevano tutti’: il rapporto tra giustizia, politica e società è fortemente malato”.

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