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In Italia evitati 200’000 ricoveri grazie a misure di contenimento

uomo davanti a un tornello
L'Italia sta molto lentamente tornando a una parvenza di normalità, come allo stabilimento Mirafiori della Fiat a Torino, riaperto lunedì con tutte le precauzioni del caso. Un modello matematico come quello sviluppato dall'equipe di ricercatori può permettere di valutare cosa succederà nel caso in cui i contagi tornassero a salire. Keystone / Alessandro Di Marco

I provvedimenti drastici presi dal Governo italiano hanno permesso di evitare il collasso dell'infrastruttura sanitaria del paese. È la conclusione a cui giunge un'équipe scientifica, della quale fanno parte due ricercatori di istituti svizzeri, sulla base di una modellizzazione dell'evoluzione della pandemia.

A quale scenario sarebbe andata incontro l’Italia se tra fine febbraio e inizio marzo non fossero state prese misure radicali di confinamento per ridurre la propagazione del Covid-19? Dalla scoperta il 21 febbraio del primo caso confermato in Lombardia fino al 25 marzo (fino cioè al superamento del picco dei contagi) vi sarebbero stati ben 200’000 ricoveri in più.

A dirlo è, tra gli altri, Luca CarraroCollegamento esterno, ricercatore all’Eawag, l’Istituto svizzero per la ricerca sulle acque, che assieme a colleghi dei Politecnici di Losanna e di Milano e delle Università Ca’ Foscari di Venezia e di Padova, ha recentemente pubblicato uno studioCollegamento esterno in merito sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS)

“I nostri risultati dimostrano che i provvedimenti drastici presi dal Governo italiano hanno avuto un effetto decisivo e hanno permesso di evitare il collasso dell’infrastruttura medica del paese”, sottolineano gli autori in una notaCollegamento esterno diramata dal Politecnico federale di Losanna.

“Per costruire il nostro modello epidemiologico ci siamo basati sui dati rilasciati dalla protezione civile, ovvero, ricoverati, deceduti e guariti. Inoltre, abbiamo preso in considerazione i dati spaziali: come si spostava la gente prima della pandemia e durante”, ci spiega Luca Carraro. Un approccio reso possibile grazie anche all’utilizzo dei dati di geolocalizzazione dei telefoni cellulari.

Una volta elaborato, il modello è stato paragonato con l’evoluzione reale della pandemia, il che ha permesso di constatare la sua validità.

Nell’animazione seguente si può vedere l’evoluzione simulata dal modello (su scala municipale e provinciale) e quella reale (cartina sulla destra).

Grafico
M. Gatto e al., PNAS, 2020

Calo del 45% delle trasmissioni

Il passo successivo è stato di valutare in che misura i provvedimenti di confinamento hanno influito sulla riduzione dei contagi. “Abbiamo stimato che la prima serie di misure del 24 febbraio ha portato a un calo del 18%, mentre il ‘lockdown’ dell’8 marzo a un’ulteriore diminuzione di un terzo. Complessivamente i provvedimenti hanno ridotto la trasmissione del 45%”, spiega Carraro.

Sulla base del loro modello, i ricercatori hanno quindi valutato quale sarebbe stato l’impatto della diffusione del Covid-19 se non fossero state adottate le misure di confinamento, giungendo appunto alla conclusione che grazie ad esse nel periodo preso in considerazione sono stati evitati circa 200’000 ricoveri. “Ci siamo focalizzati sui casi gravi, sulle ospedalizzazioni evitate, e non su altri aspetti, ad esempio i decessi, poiché è evidente che con 200’000 ricoveri in più il tasso di mortalità sarebbe stato molto più elevato”.

In questo grafico sono raffigurati due scenari. Il primo (A) è l’evoluzione della pandemia nelle province italiane se ci si fosse limitati ai provvedimenti di febbraio. Il secondo (B) se non fosse stata adottata nessuna restrizione. Nel diagramma cartesiano è indicato invece il numero di ricoveri previsti per i due scenari, così come l’evoluzione reale (Baseline scenario)

grafico diffusione covid italia
M. Gatto et al., PNAS, 2020

I ricercatori stimano inoltre che il numero di contagiati è di gran lunga superiore a quello ufficiale, stabilito in base ai tamponi: circa 700’000 a fronte dei 74’386 censiti nel periodo considerato per lo studio.

Una base di lavoro per il de-confinamento

La ricerca conferma quindi che le misure adottate in Italia erano più che necessarie. “Sembra una conclusione banale, ma non è così scontata, visto il dibattito nell’opinione pubblica”, osserva Carraro.

L’obiettivo dei ricercatori non era di esaminare ogni singolo provvedimento e in questo senso non è possibile dire se vi siano state misure più efficaci di altre.

Il modello può però rappresentare una base importante nel momento in cui si sta lentamente uscendo dal confinamento. “I miei colleghi stanno lavorando a scenari di riapertura utilizzando questo modello, ad esempio per vedere cosa potrebbe succedere se il tasso di trasmissione aumentasse del 10% in alcune zone d’Italia a seguito di riaperture localizzate”.

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