Ascoltato giovedì dalla commissione d'inchiesta su Giulio Regeni, il premier italiano Giuseppe Conte ha riferito di aver chiesto al presidente egiziano Abdel Fattah Al Sisi una "manifestazione tangibile di volontà" di far luce sul caso del giovane ricercatore rapito, torturato e ucciso nel 2016. Intanto si alzano di tono le polemiche sui rapporti che Roma continua a intrattenere, nonostante tutto, con il Cairo: l'Egitto è passato da 42esimo a primo acquirente di materiale bellico italiano.
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In un colloquio telefonico lo scorso 7 giugno –del quale Conte ha riferito i contenuti, chiedendo però di secretare questa parte del suo intervento in Commissione per correttezza verso il capo di Stato straniero- Al Sisi avrebbe dichiarato “disponibilità a collaborare”. Un nuovo incontro tra magistrati italiani ed egiziani -il dodicesimo- è in programma il 1° luglio.
Il premier italiano difende la scelta di “intensificare” le relazioni con l’Egitto e non interromperle, come strumento per ottenere risultati. In ogni occasione “ho sollevato” il caso Regeni, assicura, e il governo ha fatto “puntuale e costante richiesta” di ottenere le “rogatorie” necessarie ai rinvii a giudizio delle cinque persone indagate in Italia per il “barbaro assassinio”.
“Mantenere un’interlocuzione costante” “permette di esigere rispetto” degli impegni. “Confrontarsi non è giustificare e dimenticare ma cercare di influire”. Inoltre, il Cairo ha un ruolo cruciale in Libia e Siria, nella lotta al terrorismo e nella gestione dei flussi migratori: quella che l’Italia intrattiene, ha detto, non è una “mera collaborazione economica”.
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Nel servizio RSI, le voci di Conte, del portavoce di Amnesty International Riccardo Noury e del padre di Giulio Regeni, Claudio.
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