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Parmalat e Ilva, 40 milioni di franchi tornati in Italia

La Confederazione svizzera ha annunciato lunedì di aver restituito all’Italia 40 milioni di franchi, bloccati nell’ambito di procedure d'assistenza giudiziaria per i casi Parmalat e Ilva. 

Questo contenuto è stato pubblicato il 18 dicembre 2017
tvsvizzera.it/Zz con agenzie
Secondo la giustizia italiana, non meno di 400 persone sarebbero morte a causa delle emissioni nocive dell'acciaieria Ilva, a Taranto. Keystone


L’Ufficio federale di giustizia (UFG) ha restituito all’Italia 10 milioni di franchi legati al caso Parmalat a metà dicembre. I ministeri pubblici di Milano e Parma avevano chiesto assistenza giudiziaria all’UFG nel 2004, dopo aver aperto una procedura penale contro i responsabili del gruppo italiano per falso in bilancio, appropriazione indebita e altri reati patrimoniali. 

Berna ha trattato circa quaranta richieste di assistenza nell’ambito di queste procedure penali. Altri 10 milioni rimangono bloccati e saranno restituiti quando l’Italia presenterà le rispettive decisioni di confisca, ha indicato l’UFG lunedì. 

Lo scandalo Parmalat era scoppiato alla fine del 2003 con la scoperta di un buco di 14 miliardi di euro nei conti dell’azienda, che fu obbligata a dichiarare la bancarotta. Sull’orlo del fallimento da diversi anni, era sopravvissuta fino a quel momento solo tramite falsificazioni e strumenti finanziari sofisticati.

30 milioni legati al caso Ilva

Nell’ambito del caso Ilva, l’Italia ha recuperato 30 milioni di franchi in novembre. Questi fondi erano stati congelati in seguito a diverse richieste di assistenza presentate dal ministero pubblico milanese nel 2013. Una procedura penale era stata aperta contro la famiglia Riva e altre persone legate al gruppo siderurgico, anche in questo caso per appropriazione indebita e altri reati patrimoniali.

La procura di Milano aveva anche chiesto l’aiuto del Ministero pubblico cantonale di Zurigo, che aveva ordinato il congelamento di oltre un miliardo di franchi. Questo sequestro è stato revocato dopo che Roma ha ritirato la domanda d’assistenza giudiziaria. Il patrimonio è stato riconsegnato all’Italia lo scorso maggio, permettendo l’attuazione di un accordo tra la famiglia Riva, il gruppo Ilva e altre parti.

Secondo la giustizia italiana, non meno di 400 persone sarebbero morte a causa delle emissioni nocive dell'acciaieria che, fortemente indebitata, era stata provvisoriamente nazionalizzata nel gennaio 2015, per poi passare nelle mani di ArcelorMittal.

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