I turisti del farmaco ora vengono dalla Svizzera
Parecchi pazienti ticinesi varcano il confine per comperare medicinali introvabili nella Confederazione. E pure il Governo federale, per ragioni economiche, intende ora agevolare questa abitudine.
Può sembrare curioso che da più di un anno si stia notando un afflusso di clientela proveniente dalla patria di importanti multinazionali del settore, verso le farmacie del Belpaese. Nei decenni passati, come testimoniano le diverse farmacie disseminate nelle località di confine elvetiche, erano piuttosto le cittadine e i cittadini italiani a recarsi in Svizzera dove trovavano, magari a prezzi non del tutto convenienti, medicinali irreperibili nella Repubblica.
Il Gerovital, il controverso farmaco contro l’invecchiamento – rivelatosi dopo anni di clamore assolutamente inefficace e vietato a suo tempo in Italia (ma non in Svizzera) – fu un caso emblematico. Il fenomeno odierno non è facilmente quantificabile ma è indubbio, ci testimoniano i titolari di diversi punti vendita specializzati della zona, che vi sia un importante afflusso di clientela rossocrociata. E soprattutto, benché le operatrici del settore non vogliano sbilanciarsi, è incontrovertibile che negli ultimi tempi sia incrementata la richiesta di alcuni specifici preparati.
Le percezioni nelle farmacie di confine
“Non abbiamo cifre precise”, ci dice la titolare del gruppo di farmacie Sant’Agata, Maria Beatrice Tassone, che ha sei filiali nel Comasco (di cui 3 a poca distanza dal confine a Olgiate Comasco, Ponte Chiasso e Valmorea), per ragioni di riservatezza, sulla provenienza della nostra clientela. La percezione comunque è che resta elevata, da almeno un anno e mezzo-due, la quota di pazienti dalla Svizzera. Quello che si nota, in questo contesto di penuria di medicinali, è che i flussi transfrontalieri sono diversi, nel senso che i pendolari svizzeri comprano prodotti diversi rispetto agli italiani che si rivolgono a farmacie elvetiche.
La richiesta dei primi è indirizzata ora soprattutto all’ansiolitico Temesta. Un altro farmaco comprato dai “turisti del farmaco” confederati è il preparato contro le vertigini Vertiserc (Betaserc in Svizzera). “Ci chiamano al telefono chiedendoci determinati dosaggi, immagino che in Svizzera non abbiano l’intera gamma dei vari quantitativi”, aggiunge la farmacista lariana.
“Nella Confederazione mancano attualmente più di 800 medicamenti e la metà di questi ha un costo inferiore ai 10 franchi. Siamo un mercato poco attrattivo per le imprese farmaceutiche”.
Federico Tamò, Ordine dei farmacisti del Canton Ticino (OFCT)
Una situazione analoga la si riscontra sul versante varesino. Qui a Luino (Alto Varesotto), sostiene un dipendente della farmacia Pensa, c’è il mercato del mercoledì che è assai frequentato da chi risiede in Svizzera e per questo motivo “abbiamo sempre una numerosa clientela proveniente da oltre confine”. Ma effettivamente su alcuni prodotti “abbiamo recentemente osservato un deciso incremento”.
Tra di essi c’è sicuramente l’ansiolitico Temesta, che vengono ad acquistare con la ricetta scritta dal loro medico”. Anche alla farmacia Mirabile a Maccagno, località vicina alla dogana di Zenna sul Lago Maggiore, la viceresponsabile rileva una consistente e costante quota di acquirenti elvetici ed elvetiche che è però indirizzata piuttosto verso i parafarmaci, come ad esempio gli integratori, che non richiedono prescrizione medica.
Situazione “problematica” in Svizzera
In ogni caso può apparire singolare che nella patria di importanti multinazionali del settore chimico farmaceutico – le cui vendite all’estero (134 miliardi di franchi) costituiscono la metà (48%) del totale delle esportazioni svizzere (pari a 277 miliardi nel 2022) – non si trovino determinati preparati.
In marzo la commissione di esperti di Confederazione, Cantoni e industria incaricata da Berna di proporre soluzioni alla penuria di farmaci – definita “problematica”- aveva consigliato la vendita sfusa di determinati prodotti (in particolare antibiotici).
Ma la situazione è rimasta “tesa”, tanto che la presidente di Pharmasuisse, Martine Ruggli-Ducrot, in agosto aveva chiesto interventi rapidi alle autorità politiche per cercare di attenuare gli effetti negativi delle turbolenze emerse nelle catene di approvvigionamento. Dapprima la pandemia, la guerra in Ucraina e il conseguente aumento dei prezzi (soprattutto delle materie prime) poi hanno finito per aggravare il problema, che coinvolge ormai l’intero continente europeo.
Mercato poco interessante per le stesse aziende svizzere
In questo contesto, rileva Federico Tamò, portavoce dell’Ordine dei farmacisti ticinesi (OFCT), si aggiungono alcune peculiarità elvetiche. “Da che mondo è mondo – osserva – un mercato ridotto, di nove milioni di abitanti, è meno attrattivo per l’industria di uno di 60 o 80 milioni, come i nostri vicini”.
Da noi ci sono costi fissi più alti, sostiene il rappresentante della categoria. Per i prodotti registrati, esemplifica, la procedura di autorizzazione presso le autorità svizzere deve essere rinnovata ogni cinque anni e va fatta in tre lingue. È quindi naturale che le aziende preferiscano commercializzare i loro prodotti in altri mercati.
Riguardo al citato Temesta Federico Tamò conferma le difficoltà di approvvigionamento nella Confederazione, destinate a protrarsi almeno fino alla metà dell’anno prossimo. Ai e alle pazienti che non vogliono affidarsi al sostituto, con diverso principio attivo, che viene loro offerto, non resta altro da fare che varcare la frontiera. Finché, beninteso, sarà disponibile anche negli Stati limitrofi.
“I costi della procedura di rimborso dei medicinali acquistati all’estero sarebbero nettamente più elevati del prezzo che si andrebbe ad economizzare.”
Federico Tamò, Ordine dei farmacisti del Canton Ticino (OFCT)
Anche l’Italia, infatti, non è per nulla al riparo da buchi nei rifornimenti di medicamenti. La settimana scorsa (in data 24.11.2023) risultavano carenti, secondo il conteggio dell’agenzia nazionale del farmaco (AIFA) 3’487 preparati.
La causa, secondo le valutazioni della farmacista lariana Maria Beatrice Tassone, è da addebitarsi alle importazioni parallele e ai prezzi particolarmente bassi praticati nella Repubblica, oltre alla già citata questione del singolo produttore a livello mondiale, per alcuni preparati (compresi i relativi generici), del principio attivo di un farmaco. È il caso emblematico del Gadral, utilizzato nelle terapie contro le gastriti, e di diversi anticoncezionali.
Nella Confederazione, invece, mancano attualmente più di 800 medicamenti, precisa Federico Tamò, e la metà di questi ha un costo inferiore ai 10 franchi. “Si tratta di farmaci di uso frequente, in genere con principio attivo non più coperto da brevetto che sono poco redditizi per le imprese”. In Svizzera è rimasta la ricerca e lo sviluppo dei preparati ma da decenni la produzione di massa delle molecole di base viene effettuata in pochi grossi stabilimenti in Asia, con tutte le fragilità e i rischi del caso, come del resto hanno reso palese le vicende internazionali di questo triennio.
Ci pensa anche Berna
Intanto in Svizzera anche il Governo sembra intenzionato a istituzionalizzare ed estendere gli acquisti di medicinali oltre frontiera, soprattutto per ridurre i costi del sistema sanitario, divenuti ormai insostenibili, che si riversano su assicurazioni e pazienti. In una presa di posizione alla mozioneCollegamento esterno del deputato sangallese Marcel Dobler, il Consiglio federale ha condiviso il parere di consentire il rimborso, da parte delle compagnie assicurative, dei medicamenti acquistati su prescrizione medica all’estero, a condizione che siano meno cari e non inviati per posta (oggi è consentito solo nell’ipotesi di prolungati soggiorni in un altro Paese).
Da una recente indagine condotta da assicuratori (Santésuisse) e industria farmaceutica (Interpharma) è risultato che i preparati con brevetto sono venduti nei Paesi vicini a un prezzo medio inferiore del 5,4% mentre per quelli con brevetto scaduto la differenza sale al 10,8% ed è addirittura della metà (45,5%) per i generici.
Contrariamente alle aspettative però, a detta delle e dei farmacisti, il progetto avanzato in Parlamento produrrebbe più danni che vantaggi e, soprattutto, non genererebbe reali risparmi. “Oltre che rischiare di compromettere l’approvvigionamento dei preparati, viste le dimensioni già ridotte del mercato elvetico”, spiega Federico Tamò, i costi della procedura “sarebbero nettamente più elevati del prezzo che si andrebbe ad economizzare”.
Rimborsi onerosi
La gestione del rimborso di un medicinale comprato oltre confine, non essendo automatizzata ma manuale, “costa 25 franchi per ogni caso trattato dalla cassa malati”. Dovrebbe quindi essere, sempre secondo i farmacisti, un’innovazione da applicare in modo assai circoscritto, nella sola ipotesi in cui vi sia un’effettiva impossibilità di reperire un determinato farmaco in Svizzera, per evitare che si realizzino effetti distorsivi e antieconomici.
Soluzioni semplici, avvertono i farmacisti e le farmaciste, non sono a portata di mano. Ci troviamo infatti ad affrontare una situazione frutto di numerose scelte politiche succedutesi negli anni, come quella di concentrare la produzione globale in pochi Paesi. E soprattutto ora, con la stagione invernale, “le prospettive non sono rosee”. “Scarseggiano in particolare antibiotici e antidolorifici”, continua Federico Tamò: più questi sono a buon mercato e più è a rischio la loro reperibilità.
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