Como-Lecco, si spera nel Recovery Fund dell’UE
Nuovi sviluppi in merito all'elettrificazione della Como-Lecco, linea inserita nei piani di potenziamento dell'offerta ferroviaria tra Ticino e Lombardia, ma una soluzione a portata di mano ancora non c'è.
La tratta di 42 chilometri, in buona parte su una rotaia e servita da treni diesel, che connette il capoluogo lariano all’Alta Brianza, attualmente è sottoutilizzata ma la sua rilevanza trascende i confini regionali e nazionali.
Per alleggerire il traffico transfrontaliero si sta infatti progettando l’installazione della linea aerea di contatto che garantirebbe la continuità per i convogli provenienti dalla Confederazione. Il vistoso incremento degli ultimi dieci anni dei pendolari a ridosso della frontiera ha messo a dura prova la rete stradale e si cercano nuove soluzioni per gestire in modo più razionale e ambientalmente sostenibile l’accresciuta domanda di mobilità.
“I diesel moderni hanno un basso impatto ambientale ma l’interesse dell’infrastruttura sta nella continuità con la linea transfrontaliera ticinese e questa è possibile solo con l’elettrificazione”
Cosa che è avvenuta in seguito all’apertura due anni fa della Stabio-Arcisate sulla direttrice Lugano-Varese-Malpensa, che ha conosciuto un immediato successo di utenza, in parte costituita proprio da lavoratori frontalieri. Ma se a sud-ovest del cantone italofono il sistema infrastrutturale è stato rafforzato, nell’area a est di Como il servizio ferroviario resta oggettivamente carente.
Le associazioni degli utenti si mobilitano
A fine novembre l’Associazione degli utenti del trasporto pubblico (Astuti, sezione cantonale di Pro Bahn) ha chiesto con letteraCollegamento esterno inviata a Bellinzona l’intervento delle autorità ticinesi per sollecitare Rete Ferroviaria italiana, Governo e Regione a mettere a disposizione le risorse necessarie, quantificate in 78 milioni di euro, per la ristrutturazione della linea che nessuno al momento sembra intenzionato a garantire.
In un primo momento si era pensato di attingere al fondo di 474 milioni destinato alle opere collegate con le Olimpiadi invernali del 2026 a Milano e Cortina d’Ampezzo ma ostacoli di natura politica e formali (estraneità rispetto all’evento internazionale) hanno escluso questa soluzione. In particolare, la giunta lombarda aveva deciso successivamente di declassare l’elettrificazione della linea in questione a opera non prioritaria.
Dal Ministero delle infrastrutture a inizio novembre era filtrata l’ipotesi – una lettera datata 4 novembre della ministra Paola De Micheli ad alcuni deputati e istituzioni lariani – di inserire l’elettrificazione della Como-Lecco tra i progetti sperimentali a favore dei mezzi a idrogeno meritevoli di finanziamenti nell’ambito della Legge di bilancio 2021.
Treni a idrogeno?
Ma si tratta di una strada difficilmente percorribile e invisa alle associazioni degli utenti, come spiega Marco Longoni, segretario lombardo dell’Associazione utenti del trasporto pubblico (Utp). “Occorre far capire a Roma – dice il dirigente Utp – la reale utilità della Como-Lecco: i diesel moderni hanno un basso impatto ambientale e vanno benissimo ma l’interesse dell’infrastruttura sta nella continuità con la linea transfrontaliera ticinese e questa è possibile solo con l’elettrificazione della rotaia”.
L’alternativa che è stata ventilata a livello ministeriale è ritenuta irrazionale poiché comporta da un lato ingenti investimenti per “l’acquisto di un’intera flotta di treni a idrogeno, mentre per il traffico attuale basterebbero uno o due nuovi convogli a diesel”, e dall’altro un’esplosione dei costi di gestione. Per cercare di sbrogliare la matassa alcuni parlamentari comaschi del gruppo della Lega sono riusciti a far votare a fine dicembre un ordine del giorno che impegna il governo a trovare i fondi necessari per la Como-Lecco, per la quale la ministra Paola De Micheli non ha escluso l’utilizzo dei fondi previsti dal Recovery Plan europeo.
Le aspettative in Ticino
Intanto nei giorni scorsi il governo ticinese, per bocca del direttore del Dipartimento del territorio Claudio Zali, ha espresso ottimismo sull’esito finale della vicenda nella risposta all’associazione degli utenti dei trasporti pubblici (Astuti).
“Scordiamoci che possa raddoppiare l’attuale utenza” poiché “sarà difficile ripetere il successo della nuova linea Stabio-Arcisate”
Dopo aver ricordato l’intesa con la controparte lombarda stipulata nel 2011, e ribadita la scorsa estate, finalizzata allo sviluppo di un sistema di trasporti regionali integrato nella regione insubrica, il consigliere di Stato ha evocato l’impegno assunto da Milano in merito all’attivazione di un tavolo tecnico con il gestore della rete nazionale (Rfi) per “definire un piano di aggiornamento dell’infrastruttura che prevede anche l’elettrificazione della linea” che “consentirebbe l’esercizio con materiale transfrontaliero interoperabile”. Manca ancora l’avallo di Roma, precisa Bellinzona, ma fonti lombarde confidano “che questo progetto possa essere rivalutato dal governo centrale” in tempi ragionevoli.
Un ottimismo condiviso solo parzialmente dalle organizzazioni del pubblico, anche se “ultimamente si sono mosse molte cose e questo fa ben sperare”, osserva sempre Marco Longoni (Utp), che ipotizza anche lui un ricorso al Recovery Fund o, meno probabile, un cofinanziamento Stato-Regione.
“Il problema – precisa il segretario lombardo di Upt – è che stiamo parlando di una linea secondaria e poco sfruttata di cui pochi sanno a Roma. In questo senso spetta ai politici locali sensibilizzare sulle implicazioni di un possibile potenziamento della linea che collega l’Alta Brianza con il Ticino, con ripercussioni non trascurabili sulla mobilità transfrontaliera e dell’area a est di Como”.
Ma, continua Marco Longoni, “scordiamoci che possa raddoppiare l’attuale utenza” poiché “sarà difficile ripetere il successo riscosso fin dalla sua apertura nel 2018 della nuova linea Stabio-Arcisate” che ha connesso Lugano a Varese e Malpensa.
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