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Aumentano i residenti ticinesi che si trasferiscono in Italia

Fila di auto al valico di Chiasso Strada.
Meno frontalieri prendono la residenza nella Confederazione. KEYSTONE/© KEYSTONE / TI-PRESS / FRANCESCA AGOSTA

Nel 2020 sono stati 836 i residenti in Ticino che hanno scelto di diventare frontalieri (+42% in sette anni). Sono invece diminuiti i pendolari italiani che si sono stabiliti nella Confederazione (-44% rispetto al 2013).

Sono aumentati le svizzere e gli svizzeri residenti in Ticino che si sono trasferiti oltre confine. La ricerca pubblicata a inizio febbraio dall’Ufficio di statistica ticinese (USTAT) mette in risalto un fenomeno relativamente recente, almeno nella sua dimensione, costituito dai cittadini e le cittadine che lasciano il cantone sudalpino per andare a vivere nelle province italiane a ridosso della frontiera assumendo lo status di frontaliere.

La residenza in Ticino perde attrattività

Nel 2020 sono stati 836, vale a dire il 42,4% in più rispetto a sette anni prima (2013). E tra di essi stanno assumendo una consistenza non trascurabile coloro che detengono il passaporto elvetico.

Altri sviluppi

Lo si deduce dall’analisi dei flussi pluriennali: delle 3’303 persone partite dal canton Ticino e divenute frontaliere tra il 2013 e il 2017, più di una su tre, per la precisione il 34,6%, ha la cittadinanza svizzera. Una quota che può far sorgere più di un interrogativo.

La ricerca si focalizza sulle persone che, una volta partite dal canton Ticino, mantengono almeno inizialmente l’attività lavorativa nella Confederazione e non è rappresentativa della popolazione elvetica che è emigrata, per le ragioni più svariate, nel Belpaese. In ogni caso dalla pubblicazione dell’USTAT vengono avanzate alcune possibili cause a sostegno dei trend descritti.

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In particolare il calo di attrattività del territorio cantonale come luogo di residenzaCollegamento esterno, certificato dall’evoluzione negativa del saldo demografico, e dalla concorrenzialità dello statuto del frontaliere, vengono spiegati con alcune ipotesi. Sebbene non esistano dati statistici precisi è indubbio che abbiano avuto una rilevanza nelle scelte personali il divario del costo della vita, l’evoluzione del tasso di cambio euro-franco, la (precedente) tassazione agevolata della manodopera pendolare, i diversi valori immobiliari e i differenti costi sanitari.  

Il sorpasso dei residenti che si trasferiscono oltre confine

C’è però un secondo dato significativo che emerge dallo studio dell’Ufficio cantonale di statistica e che riguarda il confronto tra flussi contrapposti. Se da un lato, infatti, si osserva un incremento dei residenti in Ticino che si trasferiscono in Italia, come indicato sopra, dall’altro segnano un consistente calo le e i frontalieri che prendono la residenza – o più esattamente il permesso di dimora (B) o quello di domicilio (C).

Il 27,5% dei ticinesi trasferitisi oltre confine torna “a casa” già nei primi 12 mesi e un altro 7,3% nei due anni successivi.

Nel 2020 il loro numero è stato di 869 unità, il 43,8% in meno rispetto a sette anni prima. Ma, soprattutto, nell’anno precedente si è registrato lo “storico” sorpasso dei primi (941) sui secondi (717). Osservando più nel dettaglio le cifre si constata però che i comportamenti – e verosimilmente anche le motivazioni – tra questi due gruppi divergono nel tempo. Balza infatti all’occhio che chi da frontaliere o frontaliera si stabilisce in Svizzera lo fa in base a una decisione di medio lungo periodo e con convinzione. Il 77,3% di coloro che hanno fatto la scelta di trasferirsi in Ticino tra il 2013 e il 2017 (5’732 su 7’417) dopo tre anni erano ancora residenti nel cantone italofono.

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Più interessante notare che all’inverso si manifesta un maggiore dinamismo. Tra i residenti ticinesi divenuti frontalieri/e – vale a dire 3’303 persone di cui 1’142 cittadine e cittadini svizzeri – solo poco più di uno su tre (36,8%) ha ancora questo status dopo un triennio e un altro terzo (32,6%) continua a vivere all’estero ma non è più attivo in Svizzera.

Molti però “tornano a casa”

Il 24,2% se ne è tornato a vivere in Ticino – di cui il 18,2% entro un anno – e una frazione residuale (6,4%) in un altro cantone confederato.

Anche in questo caso sono i detentori e le detentrici del passaporto elvetico a restare meno tempo oltre frontiera. Il 27,5% torna infatti “a casa” già nei primi 12 mesi e un altro 7,3% nei due anni successivi. Quindi, alla luce di queste cifre, appare evidente, in base alla tendenza decennale, che sempre meno frontalieri/e si stabiliscono in Svizzera, in particolare in Ticino. Anche se questa scelta risulta in genere duratura, visto che solo una persona su cinque si trasferisce nuovamente nei tre anni successivi.

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Il flusso contrario ha invece assunto negli anni maggiore consistenza, ma sembra dettato da contingenze temporanee: come detto, solo un terzo continua ad essere frontaliere dopo un triennio.

In proposito lo studio fotografa una situazione in evoluzione. Il nuovo accordo fiscale, che comporta un teorico aggravio dal profilo fiscale per la manodopera frontaliera, l’espansione del telelavoro e l’endemica carenza di personale, soprattutto quello qualificato, potrebbe modificare radicalmente le tendenze delineatesi nell’ultimo decennio.   

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