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Esercito

Oggi in Svizzera

Care lettrici e cari lettori, 

Spesso parliamo di quanto le università elvetiche siano all'avanguardia o elenchiamo i primi posti nelle classifiche mondiali che queste occupano. Non sempre però ci rendiamo concretamente conto di cosa voglia dire tutto ciò. Be', un esempio brillante e concreto è dato dalla ricerca. Quando si investe nella ricerca – e in ricercatori competenti – si ottengono risultati che instaurano un circolo virtuoso.  

Così è stato per il lavoro della virologa austriaca dell'Università di Zurigo Alexandra Trkola. L'esperta di studi sull'HIV ha infatti ricevuto 3 milioni di dollari per le sue ricerche sul virus dalla Fondazione Bill & Melinda Gates. I fondi saranno utilizzati per un progetto innovativo sui vaccini per l'HIV.  

Vi lascio ora alle altre notizie del giorno. Buona lettura!

Esercito
© Keystone /anthony Anex

All’esercito mancano mezzi per 11,7 miliardi di franchi: lo ha dichiarato oggi davanti ai media il capo dell’esercito Thomas Süssli, riferendosi a notizie di stampa circa un deficit miliardario nel bilancio dell’armata.

L’emittente svizzera di lingua tedesca, che aveva anticipato la questione, riporta che otto anni fa le Forze armate hanno pianificato nel dettaglio le modalità per finanziare l’acquisto dei nuovi caccia – scelta nel frattempo caduta su 36 F-35A per circa 6 miliardi di franchi – e il rafforzamento della difesa aerea. 

Il Governo e le Camere federali hanno poi nel frattempo autorizzato acquisti di armamenti, facendo lievitare sensibilmente la spesa complessiva della difesa. Secondo l’inchiesta di SRF, all’esercito svizzero mancherà un miliardo di franchi entro la fine del 2025 per pagare gli acquisti già decisi. Una situazione che Süssli ha illustrato oggi alla Commissione della politica di sicurezza del Consiglio degli Stati. “Gli investimenti per il rafforzamento delle capacità di difesa non saranno possibili fino al 2028”, ha dichiarato.

Il Dipartimento federale della difesa, della protezione della popolazione e dello sport (DDPS) finora non ha voluto esprimersi sulle anticipazioni dei media. 

Inbo
© Keystone / Anthony Anex

L’Istituto per gli studi sul Medio Oriente dell’Università di Berna è stato sciolto, come comunicato dall’istituzione accademica in una nota odierna. A monte un episodio di quattro mesi fa che ha avuto una grande risonanza nell’opinione pubblica. 

Lo scorso ottobre, l’Università bernese aveva licenziato in tronco un professore che su X (ex Twitter) aveva applaudito l’attacco sferrato da Hamas contro Israele. In seguito, era stata avviata un’indagine amministrativa sull’Istituto per gli studi sul Medio Oriente e sulle società musulmane, di cui l’uomo era un collaboratore. La co-direttrice dell’istituto, nonché sua moglie, era stata temporaneamente sollevata dalle proprie funzioni. 

In alcuni post, in seguito cancellati, il professore avrebbe scritto che l’attacco di Hamas a Israele era il miglior regalo di compleanno che potesse ricevere. Inoltre, avrebbe commentato un video sui fatti con il saluto ebraico “Shabbat Shalom” (traducibile con “che sia un sabato di pace”), un chiaro riferimento al giorno della settimana in cui è avvenuta la sanguinosa aggressione. 

Nel rapporto dell’indagine amministrativa appena conclusasi si afferma che all’Istituto è stato svolto un lavoro scientifico competitivo. “Le attività di ricerca condotte sono riconosciute a livello internazionale e ben finanziate”, si legge nel documento. “Ciò non deve essere screditato nel suo complesso a causa di considerazioni indifferenziate e politicamente motivate o di possibili errori individuali”, si legge nel rapporto. 

  • La notizia di agenzia su TVS tvsvizzera.it
  • La comunicazione del licenziamento del professore, avvenuta in ottobre, su RSI.chCollegamento esterno
  • Cosa implica per la Svizzera una messa al bando di Hamas? L’approfondimento di SWI swissinfo.ch. 
  • La Ginevra internazionale e il conflitto israelo-palestinese: ecco un altro approfondimento sul tema
cellulare con app
© Keystone / Gaetan Bally

Il 75% della popolazione svizzera usa i social media quotidianamente, ma ne vede anche il lato oscuro

Università di Harvard, 4 febbraio 2004: il sito thefacebook.com vede la luce. Due decenni più tardi Facebook è il social media più diffuso al mondo, al quale nel tempo se ne sono aggiunti molti altri. Instagram, WhatsApp, X, YouTube, TikTok, per nominarne solo alcuni, sono onnipresenti nella vita di una larga maggioranza della popolazione elvetica. Secondo i risultati di un sondaggio della SSR, a cui hanno partecipato circa 55’000 persone, il 75% delle persone interrogate afferma di usare i social media almeno una volta al giorno e solo il 5% che dice di non servirsene mai. 

Lo smartphone è il mezzo di gran lunga più utilizzato in Svizzera per accedere al web, con nove persone su dieci che lo usano più volte al giorno. Tra i più giovani (16-39 anni) la percentuale sale al 96%. Secondo Michael Latzer, professore di comunicazione e media all’Università di Zurigo, “i risultati del sondaggio mettono in evidenza la grande importanza, quasi la dipendenza, degli svizzeri a questi servizi digitali, usati come routine o rituale quotidiano“. 

Nonostante questo uso intenso nella vita quotidiana, gli svizzeri sono comunque piuttosto critici nei confronti dei social media. Anche tra le fasce più giovani della popolazione, solo una ristretta minoranza ritiene che abbiano arricchito la loro vita. 

pensionati
Keystone / Jan Woitas

Chi va in pensione all’estero è egoista? Il dibattito sulle pensioni versate all’estero mostra che la benevolenza degli svizzeri e delle svizzere verso la popolazione elvetica espatriata sta diminuendo.  

Nel pieno della campagna di voto sulla 13esima rendita di vecchiaia AVS, è emersa una polemica contro la cosiddetta Quinta Svizzera: visto che le pensioni svizzere all’estero conferiscono un maggiore potere d’acquisto rispetto a quelle versate in patria, lo Stato dovrebbe versare una pensione aggiuntiva persino a queste persone? 

A scatenare la tempesta contro i pensionati e le pensionate emigrati è stato il risultato di un sondaggio che mostra che le svizzere e gli svizzeri all’estero sono molto più favorevoli alla 13esima AVS rispetto a chi abita in patria: l’80% della diaspora elvetica sostiene il pagamento di questa pensione aggiuntiva

Lo stesso giorno della pubblicazione del sondaggio della SSR, il 26 gennaio, il giornalista Markus Somm ha sfogato la sua rabbia in un podcast, asserendo: “Gli svizzeri all’estero sono i più grandi egoisti che ci siano“. A lui si sono accodate altre voci, tra queste anche l’UDC. 

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