
Oggi in Svizzera
Care lettrici e cari lettori,
i viaggi di lusso non si fanno solo su jet o yacht privati. A volte basta solo salire su un treno, ma non un treno qualunque: secondo la celebre rivista National Geographic, viaggiare da Montreux (canton Vaud) a Interlaken (canton Berna) con il GoldenPass Express è l'esperienza ferroviaria più lussuosa al mondo. E non è nemmeno impossibile permetterselo: per la modica somma di 138 franchi (per un viaggio di sola andata) si può godere del panorama seduti su comodi sedili in pelle riscaldati, reclinabili, capaci di ruotare di 180 gradi e rialzati di quaranta centimetri rispetto a quelli delle altre vetture. Rispetto ad altri treni di questa categoria – come il Royal Scotsman in Scozia, il Vietage in Vietnam, lo SPACIA X in Giappone, il Venice Simplon-Orient-Express che viaggia tra Londra e Venezia o l'Orient-Express La Dolce Vita in Italia – è, insomma, un vero affare!
Mentre voi leggete le notizie del giorno, io vado a informarmi sul biglietto.

La quota maschile di vittime della tratta di esseri umani in Svizzera sta aumentando, ma quella di donne rimane comunque dominante. È quanto emerge da un’analisi di “Plateforme Traite”, che riunisce quattro ONG elvetiche impegnate a fornire consulenza e sostegno a queste persone.
I numeri pubblicati oggi, in occasione della Giornata europea contro la tratta di esseri umani, indicano che nel 2022 la rete di organizzazioni specializzate ha identificato 177 nuove vittime, ossia 30 di meno rispetto al 2021. Di queste, 136 erano donne e 41 uomini. La quota maschile è del 23%, ossia il 14% in più rispetto al 2019. I Paesi di origine più comuni sono stati Ungheria, Brasile, Colombia e Romania.
Per molto tempo, viene spiegato in un comunicato, la tratta di esseri umani in Svizzera è stata associata principalmente alla prostituzione e allo sfruttamento delle donne. Le indagini di polizia si concentravano quindi su questi ambiti. Ora invece, scrive “Plateforme Traite”, c’è una maggiore consapevolezza sul fatto che tale crimine avviene anche altrove, colpendo pure gli uomini.
Le 177 nuove vittime fanno parte della cifra record di 324 persone che nel 2022 si sono rivolte alle quattro ONG per chiedere aiuto o sono state indirizzate verso di loro da associazioni partner o autorità. In totale, le persone assistite sono state 450, un totale che comprende anche soggetti già noti in passato che necessitano ancora di sostegno.
- La notizia riportata dal portale RSI InfoCollegamento esterno.
- Il comunicatoCollegamento esterno di Plateforme Traite (in francese e in tedesco).
- La statisticaCollegamento esterno (in francese e in tedesco).
- “Le vittime della tratta di esseri umani dovrebbero essere protette meglio”: un articolo del mio collega Giannis Mavris.

Anche la Svizzera si è unita alla lista di Paesi che hanno condannato l’attacco missilistico che martedì ha colpito un ospedale nella Striscia di Gaza provocando centinaia di vittime.
La Confederazione chiede un’indagine completa sull’accaduto, ha indicato nella tarda serata di mrtedì il Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) in un post pubblicato su X (ex Twitter): “Dopo l’attacco a un ospedale di Gaza, in cui hanno perso la vita centinaia di persone, la Svizzera desidera ricordare ancora una volta a tutti che gli ospedali e i civili devono essere protetti in ogni momento in conformità con il diritto internazionale umanitario”.
Centinaia di persone sono state uccise e ferite in un nosocomio della Striscia di Gaza dopo che un razzo lo ha colpito, secondo il ministero della Sanità locale.
Non è chiara la responsabilità dell’attacco: inizialmente era circolata l’informazione che si trattasse di un razzo israeliano, ma l’esercito ha negato ogni responsabilità. Secondo Israele il bombardamento dell’ospedale Al-Ahli Arabi Baptist sarebbe il risultato di un lancio di razzi fallito a opera di Hamas, che a sua volta declina ogni responsabilità.
- La notizia riportata dal portale TicinonewsCollegamento esterno.
- Tutti gli aggiornamenti sul conflitto nel liveticker di RSI InfoCollegamento esterno.
- I primi giorni del conflitto in questa puntata della trasmissione Falò della RSICollegamento esterno.

I lupi hanno ucciso meno capi di bestiame nei primi nove mesi del 2023 rispetto allo stesso periodo del 2022. La trasmissione “Schweiz Aktuell” della radiotelevisione svizzero tedesca SRF rivela che da gennaio fino a fine settembre i lupi hanno ucciso 850 animali da reddito, ovvero il 29% in meno rispetto ai primi nove mesi del 2022, quando le vittime di questo predatore erano state 1’200.
Il calo maggiore è stato registrato nel canton Glarona, dove si osserva una diminuzione dell’80% nel giro di dodici mesi. Nei Grigioni le uccisioni sono scese del 50% e un trend al ribasso si nota pure in Ticino e nel canton Vaud. Invariato, invece, il numero nei cantoni Vallese e San Gallo.
Secondo l’organizzazione Pro Natura, la diminuzione sarebbe dovuta all’implementazione di misure per la protezione delle greggi. “Ovvero, cani allenati a fare questo lavoro, oppure pastori, nonché recinti elettrificati”, ha detto a SRF la responsabile per l’organizzazione del settore caccia Sara Wehrli, che ha sottolineato come questi rimedi, in linea di massima, siano molto efficaci con i lupi.
Non la pensa invece così Lukas Berger, presidente della Federazione svizzera d’allevamento ovino, che ha dichiarato alla SRF che la diminuzione dei capi uccisi potrebbe piuttosto dipendere dal fatto che sempre meno alpeggi sono in funzione: “Molti contadini e contadine sono devastati. Ogni morte di un capo di bestiame è una di troppo. La pressione psicologica sulle persone coinvolte è enorme”.
- La notizia riportata da tvsvizzera.it.
- La pagina dell’Ufficio federale dell’ambiente dedicata al lupoCollegamento esterno.
- Il servizio di Schweiz AktuellCollegamento esterno (in tedesco).
- Dagli archivi di tvsvizzera.it: “Un collare anti-lupo per proteggere le greggi?”

Le elezioni federali sono alle porte e torna in auge un problema conosciuto da tempo: il materiale di voto inviato agli svizzeri e svizzere all’estero giunge a volte in ritardo. Non tutte e tutti quelli che lo hanno ricevuto potranno esprimere la propria opinione poiché i tempi postali, soprattutto Oltreoceano, sono troppo lunghi.
L’invio del materiale di voto alle 221’448 persone iscritte al registro elettorale all’estero è regolato da un’ordinanza che prevede che le buste possano essere inviate al massimo una settimana prima di quelle spedite alla popolazione che risiede nella Confederazione, ossia sei settimane prima dell’appuntamento alle urne.
Il più zelante è stato il canton Argovia, che ha proceduto a spedire le buste l’8 settembre, ovvero ancora prima della prima data di invio possibile fissata dalla Confederazione (11 settembre). La maggioranza dei Cantoni ha poi rispettato il termine fissato da Berna, ma c’è chi ha avuto dei ritardi. Giura e Soletta hanno infatti inviato il materiale il 18 settembre, ossia con una settimana di ritardo.
Se le sei settimane di anticipo rispetto alla data delle votazioni sono ampiamente sufficienti per chi vive in Svizzera, spesso non bastano per chi vive all’estero, poiché la posta può metterci fino a 4 settimane per arrivare a destinazione. E da tempo c’è chi chiede che l’invio del materiale avvenga con un maggiore anticipo. Secondo un rapporto del Consiglio federale del marzo 2023, la maggior parte dei Cantoni ha indicato che in linea di principio ciò è possibile. La Confederazione, però, non è d’accordo: “Il processo che va dalla redazione dell’opuscolo di voto alla sua stampa pronta per l’invio, che richiede diversi mesi, ha già tempi molto stretti” e per consentire la spedizione più di sei settimane prima dell’appuntamento elettorale, sarebbe necessario effettuare ampi interventi organizzativi nel processo di produzione. “Qualcosa che non è facilmente realizzabile in un sistema che ha successo da anni”.
- Da SWI Swissinfo.ch: “Schede elettorali per la Quinta Svizzera: quali cantoni sono in ritardo”Collegamento esterno.
- La serie di SWI Swissinfo dedicata alle elezioni federali del 22 ottobre.
- “Partecipazione politica della Quinta Svizzera, una responsabilità condivisa”: un articolo del mio collega Samuel Jaberg.

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