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Oggi in Svizzera

Care lettrici, cari lettori,  

avete mai sentito parlare di un francobollo animato? Lo ha creato la Posta in occasione del centesimo anniversario della SUISA, ossia la Cooperativa degli autori ed editori di musica. Suono e immagine, però, non si attivano leccando il francobollo (temo che la tecnologia non ci sia ancora arrivata). Per vedere il video e ascoltare la musica creata ad hoc per questa occasione dal rapper bernese Greis, bisognerà scansionare il francobollo con l'app della Posta.  

Io non ne uso da tempo, ma aspetto con impazienza di ricevere una fattura – chi avrebbe mai pensato di pronunciare questa frase? – con questo francobollo per scoprire di cosa si tratta. 

Intanto vi lascio alla lettura delle notizie del giorno. 

disegno del processo
© Keystone / Frederic Bott

È iniziato oggi, lunedÌ, il processo presso il Tribunale penale di Ginevra contro l’slamologo Tariq Ramadan, accusato di stupro e coercizione sessuale ai danni di una donna romanda, conosciuta dai media con il nome di Brigitte. I fatti, contestati dall’intellettuale ginevrino, risalgono all’autunno 2008.

Il processo dovrebbe durare due giorni. La presunta vittima ha presentato denuncia nel 2018. Sostiene di essere stata portata dal predicatore in una stanza d’albergo della città di Calvino e sottoposta a brutali atti sessuali, accompagnati da violenze e insulti.

L’imputato ha dal canto suo sempre respinto le accuse, dichiarando che avrebbe rifiutato le avances insistenti della donna, ma secondo la procura ginevrina la sua versione non regge e nella requisitoria il procuratore Adrian Holloway parla di tre stupri e di coercizione sessuale.  Se ritenuto colpevole, l’islamologo, cittadino svizzero, rischia fino a 10 anni di carcere. Il verdetto sarà emesso il 24 maggio.  

Ramadan è il nipote del fondatore egiziano dei Fratelli musulmani, Hasan al-Banna. Suo padre Said fuggì in Svizzera nel 1954. Prima di diventare una figura mediatica e di sollevare l’interesse di una parte della gioventù musulmana con i suoi discorsi, è stato per alcuni anni professore di filosofia e civilizzazione islamica all’università di Ginevra. Ha pure insegnato studi islamici contemporanei all’università di Oxford (GB), ma nel 2017 il rettorato di questa prestigiosa alta scuola lo ha sospeso proprio in seguito a diverse accuse di violenza sessuale emerse in Francia.

prostitut sale a bordo di un automobile
Keystone / Jean-christophe Bott

Sempre più persone in Svizzera sono vittime della tratta di esseri umani. La maggioranza è costituita da donne, che vengono sfruttate soprattutto nella Confederazione.  A rivelarlo è il rapporto annuale 2022 del Servizio specializzato in materia di tratta e migrazione delle donne (FIZ). 

Sono state 822 le persone vittime di sfruttamento a cui il FIZ ha fornito assistenza in Svizzera nel 2022, come si legge in una nota diffusa oggi. Il dato riflette un netto aumento dei casi: il regime migratorio europeo e la politica elvetica in materia di stranieri sarebbero tra le cause concomitanti del fenomeno. 

Le persone non sono vittime della tratta di esseri umani solo durante la fuga, ma anche nel paese di accoglienza, sottolinea il FIZ. Due terzi  delle persone assistite sono infatti state sfruttate in Svizzera. Di tutte le donne cui il FIZ ha fornito aiuto, un terzo proveniva dall’America latina e dai Caraibi e un quarto dai Paesi dell’UE e dell’Associazione europea di libero scambio (AELS). Il 35% erano lavoratrici del sesso, il 23% vittime di violenza e sfruttamento in contesti di relazioni di coppia. È inoltre aumentato il numero di uomini vittime di sfruttamento sessuale che si sono rivolti al Servizio. C’è anche stato un incremento dei casi di sfruttamento delle persone come forza lavoro.  

Il FIZ critica la “fortezza Schengen” dell’Europa, che rende le frontiere invalicabili e la migrazione legale impossibile per le persone provenienti da Paesi extraeuropei. Inoltre, l’Accordo di Dublino non protegge le vittime, ma le rimette nelle mani dei colpevoli. Anche la legge svizzera sugli stranieri non offre una protezione sufficiente alle vittime di violenza domestica. Il soggiorno in Svizzera è spesso vincolato alla permanenza con il coniuge, anche se quest’ultimo è pericoloso. 

paesaggio alpino invernale
© Keystone / Maxime Schmid

Gli svizzeri e le svizzere in Italia  si sono riuniti questo fine settimana a Trento per l’84esimo congresso del Collegamento svizzero in Italia. Il tema dell’incontro, nel corso del quale sono intervenuti autorità ed esperti,  è stato “Le nostre Alpi: quale futuro?”.  

In Italia vivono attualmente 51’200 persone in possesso del passaporto rossocrociato: è il quarto Paese nel mondo che accoglie più cittadine e cittadini svizzeri, dopo Francia (206’400), Germania (98’100) e Stati Uniti (82’600). Nel mondo sono in totale 800’000 le espatriate e gli espatriati elvetici.  

Come da tradizione, la comunità elvetica in Italia ha organizzato questo fine settimana il suo congresso annuale, che si è svolto nel capoluogo del Trentino-Alto Adige. A Trento si è discusso in particolare del futuro delle Alpi, confrontate con un cambiamento epocale, in particolare a causa del riscaldamento climatico. 

 Un tema che travalica le frontiere e che, come ha sottolineato la console generale di Svizzera a Milano Sabrina Dallafior, testimonia della volontà dell’associazione che rappresenta gli svizzeri e le svizzere in Italia di gettare ponti tra i due Paesi

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Keystone / Peter Schneider

La prossima esposizione nazionale svizzera si terrà nel 2032 e si chiamerà Nexpo. Lo prevedono 26 città e comuni di 18 cantoni che hanno finora aderito all’organizzazione dell’evento che quindi non si terrà nel 2027 come inizialmente ipotizzato.  

La ragione di questo rinvio, si legge in una nota diffusa lunedì, va ricercata in una decisione presa dal Governo elvetico a marzo. L’Esecutivo ha infatti fatto sapere che, a causa della difficile situazione economica della Confederazione, non si sarebbe pronunciato prima del 2028 su un eventuale sostegno finanziario all’esposizione. 

A differenza delle edizioni passate, che si concentravano su una regione specifica, Nexpo sarà presente in tutta la Svizzera. Non ci sarà “un sito definito e recintato”, ha detto il municipale di Lugano Filippo Lombardi, ma l’intenzione è di costruire “ponti tra il centro e la periferia, dalla città alle montagne, creando luoghi d’incontro al di là di ogni barriera linguistica”. Oltre a Lugano, tra le “città fondatrici” di Nexpo ci sono anche Basilea, Berna, Bienne (BE), Ginevra, Losanna, Lucerna, San Gallo, Winterthur (ZH) e Zurigo. Ognuna si occuperà di uno dei temi di tensione sociale del XXI secolo, legati alla storia e all’identità della regione.  

La volontà è quella di creare una manifestazione sostenibile e orientata al futuro, oltre che decentralizzata. Ci si concentrerà quindi su edifici esistenti che verranno riutilizzati, piuttosto che su grandi costruzioni nuove da demolire quando calerà il sipario. Potrebbe anche trattarsi di luoghi e istituzioni che la popolazione non ha occasione di conoscere nella vita di tutti i giorni. 

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