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ghiacciaio

Oggi in Svizzera

Care lettrici, cari lettori, 

ho appena visto alcune fotografie delle strade di Parigi: al settimo giorno di sciopero delle impiegate e degli impiegati della nettezza urbana, la capitale francese non ha più l'aria romantica che le viene spesso e volentieri attribuita. Le strade sono invase da tonnellate di rifiuti e non mi è difficile immaginare che l'aria non profumi proprio di primavera. 

Il che mi fa pensare che siamo fortunati in Svizzera ad assistere a scioperi solo in poche rare occasioni. Questo grazie a una lunga tradizione di negoziati - soprattutto nel settore industriale - e alla presenza nella maggior parte dei contratti collettivi di lavoro della clausola di "pace del lavoro", ossia l'impegno sindacale a non indire scioperi.   

Io, che evidentemente non ho scioperato nemmeno oggi, vi lascio ora alla lettura delle notizie della giornata.  

edificio di notte, tre finestre illuminate, scritta Credit suisse illuminata sopra le finestre
© Keystone / Ennio Leanza

Con una settimana di ritardo, Credit Suisse ha pubblicato oggi il suo rapporto annuale per il 2022.  A seguito della conclusione dei colloqui con le autorità statunitensi di vigilanza dei mercati finanziari, la banca conferma i risultati dell’esercizio 2022 pubblicati a febbraio: una maxi perdita di 7,3 miliardi di franchi, che segue quella di 1,6 miliardi del 2021.  

A causa di questi risultati, i top manager hanno ricevuto qualche milione in meno, ossia 32,2 contro i 38,1 dei 12 mesi precedenti. Il CEO Ulrich Körner – in carica da agosto e in precedenza responsabile della divisione Asset Management – ha ricevuto 2,5 milioni. Il presidente del CdA Axel Lehmann ha incassato 3,2 milioni.  

La banca aveva già annunciato un mese fa che la direzione avrebbe rinunciato del tutto ai bonus a causa della massiccia perdita annuale. I dirigenti riceveranno, però, un “premio di trasformazione una tantum basato su azioni differite“: l’importo dipenderà dalla performance dell’istituto nel periodo 2023-2025. 

L’emorragia, fa sapere Credit Suisse, non è finita: sebbene i deflussi si siano stabilizzati a livelli molto più bassi di prima, al momento della pubblicazione della relazione annuale non erano ancora invertiti. Nel quarto trimestre del 2022 è stata registrata la partenza (netta) di 110 miliardi di franchi; nell’intero esercizio finanziario 2022, i clienti hanno ritirato 123 miliardi.  

alain berset dietro a un microfono guarda in camera mentre aggiusta un plico di fogli che tiene in mano
© Keystone / Peter Klaunzer

Hanno fatto scalpore, anche oltre i confini rossocrociati, le dichiarazioni del presidente svizzero Alain Berset, che in un’intervista al domenicale NZZ am SonntagCollegamento esterno, dopo aver nuovamente escluso la riesportazione di armi dalla Svizzera, ha accusato gli oppositori a questa linea di pensiero di “frenesia bellica” (senza fare nomi). 

Per il Financial Times, la contrarietà di Berset alla riesportazione rischia di deludere chi sperava in un cambio di rotta da parte della Confederazione. A questo punto, scrive il quotidiano, un cambiamento dello status quo è altamente improbabile poiché le decisioni del Governo elvetico sono prese sulla base del principio del consenso.  

Dal canto suo, il New York Times ha interrogato un alto funzionario occidentale, secondo il quale la Svizzera starebbe lottando per la “neutralità dell’utilità economica“, inimicandosi i Paesi vicini. Il professore di storia svizzera Sacha Zala, citato dal quotidiano, è convinto che questo sia un male per la Confederazione: “L’intera Unione Europea è arrabbiata. Gli americani sono arrabbiati. E anche i russi non sono soddisfatti”.  

Il capo del Dipartimento federale degli interni è stato criticato anche dai vertici del suo stesso partito: per il copresidente del PS, Cédric Wermuth, il Governo non sta agendo in modo coerente e si nasconde dietro la neutralità: “Condivido il desiderio di Alain Berset di porre fine allo spargimento di sangue, ma non la sua analisi né le sue conclusioni”, ha detto.  

siringhe con dosi di vaccino
© Keystone / Salvatore Di Nolfi

Milioni di dosi di vaccino contro il Covid-19 sono già state distrutte in Svizzera perché scadute. Da una parte, le cause sono da ricercare nel fatto che l’interesse per la vaccinazione è calato drasticamente. Dall’altra, perché le trattative per donarle ai Paesi in via di sviluppo è lunga e complessa.  

“Fin dall’inizio, la Svizzera ha ordinato una quantità di dosi esagerata, pari a circa quattro volte la popolazione del Paese. E ha continuato a fare ordini”, ha spiegato a SWI swissinfo.ch Patrick Durisch, esperto di politiche sanitarie presso l’ONG svizzera Public Eye. 

Circa il 70% della popolazione elvetica ha ricevuto almeno una dose di vaccino, ma negli ultimi 12 mesi l’interesse è drasticamente calato. La demotivazione – chiamata anche “pandemic fatigue” – è dettata dall’aumento del livello di immunità generale, dall’insofferenza nei confronti delle misure sanitarie e da una maggiore consapevolezza dei pericoli legati al Covid-19.  

Stando a quanto comunicato dall’Ufficio federale di sanità pubblica (UFSP), la Confederazione dispone attualmente di una scorta “pronta all’uso” di 12,5 milioni di dosi e il Governo si è impegnato ad acquistarne altri 11,6 milioni nel 2023. E le donazioni di surplus vanno a rilento: “Hanno distrutto milioni di dosi e cercato di donarne altre a Covax, ma è una procedura complessa perché le aziende farmaceutiche hanno diritto di veto in merito. Anche in caso di vendita ad altri Paesi, non si può agire liberamente, ma bisogna sempre chiedere l’autorizzazione”, afferma Durisch. 

ghiacciaio in giornata di cielo sereno
© Keystone / Gian Ehrenzeller

Brutte notizie per i ghiacciai elvetici: stando a uno studio effettuato dal Politecnico federale di Zurigo (ETHZ), la neve artificiale non può salvarli dallo scioglimento.  

Un progetto portato avanti sul ghiacciaio del Morteratsch, nel canton Grigioni, ha dimostrato che la copertura con neve artificiale può rallentare localmente il fenomeno dello scioglimento, ma “se vogliamo veramente salvare i ghiacciai, meglio iniziare con la protezione del clima”, ha detto oggi Matthias Huss, glaciologo del Politecnico federale di Zurigo (ETH) a Keystone-ATS. 

La neve artificiale riflette maggiormente i raggi solari rispetto al ghiaccio e per questo motivo nel febbraio 2021 è stato avviato il progetto Mortalive, il cui scopo è di mantenere in vita (“alive” in inglese) il Morteratsch.  

Lo studio ha dimostrato finora che, senza interventi, il ghiacciaio grigionese potrebbe perdere tra il 56% e il 71% della sua attuale massa. Con l’utilizzo della neve artificiale, un buon terzo o quarto di questa perdita potrebbe essere arrestata fino al 2060, ritardando quindi un po’ il declino del ghiacciaio. Ma non sarà possibile arrestarlo. “A lungo termine, tuttavia, si tratta solo di una goccia nell’oceano”, ha dichiarato Huss. 


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