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Oggi in Svizzera

Care lettrici e cari lettori, 

Anche nella Confederazione capita che i rave party creino un po' di scompiglio. Contrariamente a quanto accaduto recentemente a Modena, il luogo incriminato non è però stato un capannone dismesso preso d'assalto dagli appassionati e dalle appassionate della musica techno, bensì un bucolico boschetto di pini nel Canton Giura.

Lo scorso fine settimana, tra 70 e 80 persone si sono radunate per far festa alle Vacheries-des-Breuleux, luogo di norma frequentato soprattutto da tranquille mucche giurassiane. Il rave party – e soprattutto l'assordante rumore che proveniva dal boschetto – non è piaciuto a un membro del Parlamento cantonale che si trovava nei paraggi e che ha richiesto l'intervento della polizia. L'arrivo degli agenti non sembra però aver sortito gli effetti sperati, poiché mezz'ora dopo la musica è ripresa come prima. La vicenda non si è conclusa lì: non soddisfatto per quanto accaduto, il deputato ha infatti interpellato il Governo giurassiano per chiedere come mai l'operazione delle forze dell'ordine non sia stata efficace e se i costi dell'intervento saranno a carico dei contribuenti. Per il momento, però, almeno nel Canton Giura non sembra profilarsi all'orizzonte una norma ad hoc anti rave party.

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Illustration Helen James / swissinfo.ch

Tra esattamente dieci giorni inizieranno i Mondiali di calcio in Qatar. L’attribuzione dell’organizzazione della manifestazione all’emirato della penisola arabica ha avuto un lungo strascico di polemiche. Il Qatar, che ha fatto dello sport uno strumento della sua diplomazia, ha cercato di rifarsi un’immagine e l’epicentro di questa strategia è stato Ginevra.

Dopo l’annuncio nel 2010 dell’attribuzione dei Mondiali di quest’anno al Qatar non è passato mese senza che planassero ombre sulla procedura di assegnazione: corruzione, tangenti, arresti di dirigenti della FIFA, senza parlare poi delle drammatiche condizioni di lavoro delle persone impiegate per la costruzione delle infrastrutture necessarie. La reputazione del Paese mediorientale ne è uscita gravemente danneggiata.

Per rifarsi un’immagine, il Qatar ha così cercato di ampliare il sostegno ricevuto dalle organizzazioni sportive e dalla diplomazia. A questo scopo, ha scelto Ginevra come sede per una vasta campagna di pubbliche relazioni.

Nella città di Calvino, l’emirato ha lanciato due iniziative: il Centro internazionale per la sicurezza dello sport (ICSS) e la Sport Integrity Global Alliance (SIGA), che, in maniera più o meno diretta, vogliono cambiare la concezione del ruolo dello sport in un senso più etico. Queste organizzazioni, però, sono criticate per la loro scarsa trasparenza. Secondo diverse voci critiche, più che operare per migliorare l’etica sportiva, servono soprattutto a ripulire la reputazione piuttosto macchiata del Qatar.

  • L’inchiesta in tre parti di swissinfo.ch.
  • Come si vive da espatriati in Qatar? Le testimonianze di due svizzeri.
  • La Radiotelevisione svizzera di lingua francese RTS ha invece indagato sui sospetti di corruzione per l’attribuzione dei Mondiali. Potete ritrovare il servizio a questo link.Collegamento esterno
antibiotici
Keystone / Martin Ruetschi

Avviata nel 2015, la Strategia svizzera contro le resistenze agli antibiotici (StAR) sembra cominciare a dare qualche frutto: il consumo di questi farmaci nella medicina umana e veterinaria si è ridotto drasticamente negli ultimi due anni.

Dal 2019 al 2021 il consumo totale di antibiotici nella medicina umana è diminuito del 19%, mentre in ambito veterinario il calo è stato del 6%, ha indicato giovedì l’Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP). A incidere su questa evoluzione – almeno per quanto concerne la medicina umana – è stata anche la pandemia di coronavirus: una migliore igiene, come per esempio il frequente lavaggio delle mani, la disinfezione, l’uso di mascherine e la riduzione dei contatti, hanno portato in generale a una diminuzione del numero di infezioni e quindi a un calo del consumo di antibiotici.

Nel suo comunicato, l’UFSP rileva che è stato “possibile frenare l’aumento dei tassi di resistenza” dei batteri. “Le misure avviate congiuntamente stanno gradualmente producendo effetti in tutti i settori in Svizzera – scrive ancora l’UFSP. A livello globale, tuttavia, le antibiotico-resistenze continuano ad aumentare”.

Nel confronto europeo, la Svizzera è uno dei Paesi con il consumo più basso di antibiotici. Tuttavia, esistono notevoli differenze regionali: nell’area francofona e italofona il consumo di antibiotici pro-capite è in media sensibilmente maggiore rispetto a quello nella Svizzera tedesca. Nel 2021 la maggior parte degli antibiotici è stata impiegata per combattere le infezioni delle vie urinarie (40 %), seguite dalle malattie delle vie respiratorie superiori (23 %).

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Il New York Times ha criticato questa settimana la politica climatica della Svizzera. Il capo della delegazione elvetica alla COP27 di Sharm el-Sheikh, Franz Perrez, risponde che gli obiettivi della Confederazione “sono solidi”.

Intervistato dal quotidiano della Svizzera francese Le Temps, Perrez sottolinea che la mancanza di ambizione per quanto concerne gli obiettivi climatici – uno dei rimproveri mossi dal giornale statunitense – riguarda tutti i Paesi. Il capo della delegazione elvetica alla COP27 afferma che “i nostri obiettivi sono solidi, superiori al minimo richiesto dall’Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (IPCC), ovvero una riduzione delle emissioni del 43% entro il 2030”.

Inoltre, ribattendo all’asserzione del New York Times secondo cui Berna non investe sufficientemente nei Paesi in via di sviluppo, il delegato elvetico dichiara che “la Svizzera ha contribuito equamente” al finanziamento della transizione ecologica, con un obiettivo fissato a 100 miliardi annui destinati alle nazioni più povere. “In questo frangente, ci posizioniamo addirittura meglio rispetto alla maggior parte dei Paesi”, osserva.

Infine riguardo alle critiche di puntare troppo sulla riduzione delle emissioni finanziando progetti all’estero, Perrez sostiene che questi “non sostituiscono le misure adottate in Svizzera”. “L’impegno che portiamo avanti all’estero – prosegue – va oltre i nostri sforzi nazionali”.

entrata fast food
© Keystone / Gaetan Bally

In Svizzera una persona salariata su dieci lavora in modo atipico. La proporzione è rimasta stabile nell’ultimo decennio.

Modelli come l’impiego a chiamata, i contratti di corta durata o attività con bassi tassi di occupazione non sembrano almeno per ora avere attecchito più di quel tanto nel mercato del lavoro elvetico. Mentre nel 2010 queste forme lavorative riguardavano il 10,7% delle persone salariate, nel 2020 la proporzione è leggermente scesa, attestandosi al 10,2%, stando a quanto comunicato giovedì dall’Ufficio federale di statistica.

Nell’anno in rassegna, il lavoro a chiamata era la forma di impiego più frequente (5,1%), seguito dai contratti di durata inferiore a un anno (3,1%) e dai bassi tassi di occupazione (2,3%). Il personale a prestito rappresentava l’1,2% di tutte le persone salariate.

Queste forme di impiego atipiche sono diffuse soprattutto nella fascia di età dai 15 ai 24 anni (riguardavano il 26,9% delle persone salariate), nell’agricoltura e selvicoltura (25,2%) e nelle professioni non qualificate (24,4%). Inoltre, a trovarsi in questa situazione occupazionale sono più spesso le donne (12,5%) rispetto agli uomini (8,0%).

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