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donne che manifestano

Oggi in Svizzera

Care svizzere e svizzeri all'estero,

Un piccolo errore può ribaltare completamente il risultato di una votazione. Se ne è avuta una dimostrazione ieri nel Comune di Balstahl, nel Canton Soletta. Chi ha effettuato lo scrutinio delle schede sulla riforma dell'AVS pare essere andato un po' in confusione, scambiando parte dei "sì" con i "no". Al termine nello spoglio, risultavano così 1'352 voti a favore e 394 contrari alla proposta sull'età pensionabile delle donne. Oggi, durante il controllo delle schede ci si è accorti dell'errore e dal nuovo conteggio risulta che il Comune ha accolto la revisione dell'AVS con soli 888 voti contro 848. Una differenza di quasi 500 voti che normalmente non avrebbe dovuto incidere più di tanto, ma che visti i margini molto ristretti tra favorevoli e contrari ha cambiato completamente le carte in tavola.

Se ieri il Canton Soletta figurava infatti tra quelli che avevano accettato il progetto di legge, oggi è passato nel campo dei contrari: 46'300 "no" contro 45'959 "sì". L'errore non cambia tuttavia il risultato nazionale.

donne che manifestano
Keystone / Peter Schneider

Lo scrutinio di domenica sull’Assicurazione vecchiaia e superstiti e l’innalzamento dell’età pensionabile delle donne ha spaccato in due il Paese. Se il fossato che si crea tra Svizzera francese e tedesca (e a volte italiana) è piuttosto ricorrente, non era mai accaduto che uomini e donne fossero così divisi.

Il dato fa riflettere: mentre due terzi dei votanti di sesso maschile hanno accettato la riforma, le donne l’hanno respinta in proporzioni quasi uguali (63%). Alla fine, ha prevalso il “sì” per appena 0,5 punti percentuali (30’000 voti di scarto). Le reazioni non si sono fatte attendere: lunedì diverse centinaia di donne si sono riunite a Berna in segno di protesta, su invito della sezione femminile del Partito socialista, denunciando quello che hanno definito un chiaro passo indietro in termini di parità e annunciando uno sciopero in occasione della Giornata nazionale delle donne il prossimo 14 giugno.

La stampa interpreta da parte sua il risultato del voto di ieri in maniera diversa: se per alcuni commentatori il “sì” rappresenta un bivio fondamentale per ulteriori riforme dell’AVS, dopo che per quasi 30 anni i progetti si erano infranti sui muri eretti dalla sinistra, altri sottolineano come la divisione tra uomini e donne e non solo tra regioni non lasci presagire nulla di buono.

Tutto dipenderà ora dalla capacità dei partiti che sostenevano la riforma di mantenere le loro promesse e di ridurre le disuguaglianze che sussistono in materia di pensioni – e in particolare di secondo pilastro, la previdenza professionale – tra uomini e donne. Il grande cantiere della riforma pensionistica è solo agli inizi.

  • Gli svizzeri e le svizzere all’estero hanno sostenuto in modo più netto la riforma dell’AVS: l’approfondimento della mia collega Pauline Turuban.
  • L’intervista a Cloé Jans, politologa dell’istituto gfs.bern, sulla votazione di domenica.
  • Un’analisi sulle riforme a venire del sistema pensionistico svizzero.
  • Il servizioCollegamento esterno di RSI News sulla manifestazione a Berna.
giorgia meloni
Keystone / Ettore Ferrari

La vittoria della coalizione di centrodestra e in particolare il trionfo di Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia trovano ampio spazio sulle pagine dei quotidiani svizzeri, che si interrogano su quale sia il vero volto della probabile nuova presidente del Consiglio.

A cent’anni dalla marcia su Roma, il fascismo sta rientrando dalla porta principale in Italia? È la domanda che in molti all’estero si pongono e che fa sua anche la Neue Zürcher Zeitung. Secondo il giornale zurighese di orientamento liberale, la risposta è però chiara: oggi l’Italia non ha più nulla a che vedere con quella di un secolo fa; le sue istituzioni democratiche sono solide e il Paese è fortemente integrato in Europa.

La stampa svizzera si chiede però chi sia veramente Giorgia Meloni. La politica che ha cercato di rassicurare durante la campagna elettorale, dando garanzie sulla sua linea filo-europea e filo-atlantista, o colei che “incarna la politica nazionalista, dal temperamento focoso e dalle molte teorie del complotto?“, si interroga il Tages-Anzeiger.

In ogni caso – rilevano gli editorialisti elvetici – Giorgia Meloni e la sua coalizione dovranno presto confrontarsi con la dura realtà. Una realtà fatta di rischio recessione e di caro energia. Se le promesse fatte in campagna elettorale non saranno mantenute, la leader di Fratelli d’Italia rischia di pagare anche lei a caro prezzo l’estrema volatilità dell’elettorato italiano.

cartellone in tre lingue
Keystone / Arno Balzarini

L’amministrazione federale affida compiti di traduzione anche a società all’estero, in particolare in Italia, ha rivelato domenica il SonntagsBlick. Una situazione che non piace a tutti.

Dall’introduzione, nel 2007, della legge sulle lingue nazionali i dipartimenti federali e la Cancelleria sono obbligati a fornire informazioni in tutte e quattro le lingue nazionali. Spesso, però, i servizi di traduzione interni della Confederazione sono sovraccarichi di lavoro e l’amministrazione federale si vede così obbligata a fare affidamento su traduttori esterni, che però non sempre si trovano in Svizzera.

Su richiesta del Dipartimento federale delle finanze (DFF), la Cancelleria federale ha stipulato due contratti di traduzione con società italiane di Roma e di Modena. Il DFF si è così assicurato i servizi di traduzione per i prossimi tre anni, a un costo compreso tra 750’000 e 1,2 milioni di franchi svizzeri.

Una situazione che non piace al consigliere nazionale socialista bernese Matthias Aebischer. “Il plurilinguismo è un prodotto che caratterizza il nostro Paese e contribuisce a plasmare la nostra identità”, sostiene il parlamentare che si aspetta quindi che i testi della Confederazione siano tradotti in Svizzera. Intende affrontare nel futuro prossimo la questione dell’affidamento degli appalti al Consiglio nazionale.

caricatura di un ebreo
wikicommons

In periodi di crisi, molte persone tendono a cercare capri espiatori e la figura dell’ebreo è spesso tra questi. Anche la Svizzera ha una lunga storia di stereotipi antisemiti.

L’antisemitismo è parte integrante – e ricorrente – della storia europea. La Svizzera non fa eccezione, poiché anche nella Confederazione la comunità ebraica è spesso stata emarginata. Basti pensare che fino al 1866, le persone di confessione ebraica erano autorizzate ad insediarsi solo in due località nei pressi di Baden.

Poi, durante gli anni Trenta del XX secolo, gli ebrei sono stati presi di mira poiché proprietari della maggior parte dei grandi magazzini svizzeri, che erano stati creati in quegli anni. Questi negozi – e quindi i loro proprietari – erano accusati di mettere in difficoltà i commerci, con una politica dei prezzi bassi. La figura del ricco ebreo avido è una costante che attraversa i secoli…

In questa serie di cinque articoli pubblicata su swissinfo.ch vi parliamo della storia dell’antisemitismo in Svizzera, partendo dal Medioevo, passando dagli anni della Rivoluzione francese e della Repubblica Elvetica e dagli anni Trenta del secolo scorso, fino a tempi più recenti, con l’entrata in vigore, nel 1995, della legge contro il razzismo.

  • Episodio 1: Come l’Europa cristiana creò l’odio verso gli ebrei nel Medioevo.
  • Episodio 2: Rivolte antiebraiche nell'”illuminata” Repubblica elvetica.
  • Episodio 3: Rivolta “antiparassitaria”: attacchi antiebraici contro i centri commerciali svizzeri.
  • Episodio 4: Negli ambienti di sinistra, l’antisemitismo è tabù in Svizzera. Davvero?.
  • Episodio 5: Quando i negazionisti della Shoah cercavano visibilità.


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