
Oggi in Svizzera
Care lettrici, cari lettori,
fate parte di quelli che credono che non siamo soli nell'universo? Se sì, allora ho una (più o meno) buona notizia per voi: probabilmente non siamo soli nell'universo, ma le civiltà extraterresti che cercano di mettersi in contatto con noi non riescono a farlo non perché non vogliono, ma perché non possono (ancora).
Secondo Wenjie Song e Ha Gao dell'Università Normale di Pechino, la ricezione di una trasmissione extraterrestre è prevista entro 2'000 anni dal momento che una civiltà diventa comunicativa. Poiché l'umanità è in grado di inviare e ricevere segnali radio solo da poco più di 100 anni, potremmo avere notizie degli alieni tra circa 1'900 anni. Basta avere pazienza...
Intanto, se in attesa di un messaggio di E.T. avete voglia di leggere qualcosa, potete iniziare dalle notizie del giorno.

L’Ufficio federale della sanità pubblica ha messo a disposizione sul proprio sito i contratti di acquisto dei vaccini anti-Covid Moderna e Pfizer/BioNtech. Numerosi paragrafi, però, sono stati anneriti e questo ha fatto storcere il naso a molti. Mancano in particolare le informazioni sui prezzi delle singole dosi, il costo totale degli acquisti e le clausole di responsabilità.
Quanto fatto dall’UFSP è legale – come spiega lo stesso Ufficio, “secondo la Legge federale sul principio di trasparenza dell’amministrazione, il diritto di accesso a documenti ufficiali non è illimitato” – ma per alcuni è un segno della poca sensibilità che l’UFSP ha nei confronti della trasparenza.
Vaccini che continuano a far parlare di sé: nonostante nella maggior parte del pianeta siano state soppresse le restrizioni e non ci sia più obbligo vaccinale per viaggiare, a una parte della popolazione elvetica è stata raccomandata anche la quarta dose: gli over 80 e le persone gravemente immunodepresse. Di queste, oltre 91’000 hanno risposto all’appello (54’686 sono ultraottantenni).
E se il Covid-19 è quasi accantonato, si parla ora di altri vaccini: l’UFSP ha infatti fatto sapere oggi che sta esaminando l’acquisto centralizzato di un vaccino contro il vaiolo delle scimmie. La malattia, che ha portato l’Organizzazione mondiale della sanità a dichiarare l’emergenza sanitaria globale, non ha ancora raggiunto livelli epidemici né tantomeno pandemici nella Confederazione, dove finora sono stati confermati solo 304 casi in laboratorio.
- I contrattiCollegamento esterno di acquisto dei vaccini sul sito dell’UFSP
- La notizia riportata da TVS Tvsvizzera.it
- Su RSI NewsCollegamento esterno si parla della quarta dose
- Dagli archivi di SWI Swissinfo.ch: “Perché l’accordo con Moderna è un affare rischioso”
- La Legge federale del principio di trasparenza dell’amministrazioneCollegamento esterno

La siccità che da mesi colpisce la Svizzera e che è stata peggiorata dai recenti periodi di canicola sta costringendo diversi allevatori ad anticipare la discesa del bestiame in pianura. Alcuni invece resistono e approfittano delle misure eccezionali introdotte dalla Confederazione che ha permesso, per un periodo limitati, agli elicotteri militari di trasportare acqua nelle regioni di montagna che ne sono attualmente prive.
L’erba, fonte di nutrimento principale per gli animali negli alpeggi, non cresce e quella che c’era è ormai secca – “È come se le nostre mucche camminassero su un strato di patatine croccanti”, racconta l’allevatore di bovini vodese Michael Faeh al quotidiano romando Le Temps.
In pianura, però, la situazione non è migliore, anzi: sono in difficoltà anche gli agricoltori che, in mancanza di precipitazioni sono obbligati ad annaffiare le coltivazioni, ma anche in questo caso l’acqua scarseggia. I danni per i raccolti potrebbero essere enormi.
Diversi cantoni hanno già invitato la popolazione a ridurre i propri consumi ed è molto probabile che in futuro l’acqua diventerà un bene sempre più prezioso. Si fa sempre più concreta la possibilità di un aumento dei prezzi per il rifornimento, forse a livello stagionale e “settoriale” (far pagare di più al proprietario di una piscina che a un contadino che la usa per coltivazioni e bestiame).
- L’abbandono precoce degli alpeggi su letemps.chCollegamento esterno (in francese)
- Su SRF NewsCollegamento esterno si parla di un possibile aumento dei prezzi dell’acqua (in tedesco)
- La Festa nazionale si è adattata al periodo di siccità

È aumentato di nuovo, confermando una tendenza in atto da cinque anni, il numero di lavoratrici e lavoratori frontalieri in Svizzera: a mostrarlo sono le ultime cifre diffuse dall’Ufficio federale di statistica. Nel secondo trimestre del 2022 c’è stata una crescita dell’1,3% rispetto al periodo gennaio-marzo e del 6% rispetto ad aprile-giugno 2021.
Il 55,9% di chi possiede il permesso G proviene dalla Francia, il 23,6% dall’Italia e il 17,3% dalla Germania. Il resto si suddivide tra Austria, Lichtenstein e “altri”, secondo quanto scrive l’UST sul suo sito.
Il cantone che più degli altri impiega questo tipo di lavoratrici e lavoratori è Ginevra, dove superano i 100’000. Seguono poi il Ticino (poco meno di 75’800), Vaud (39’000), Basilea-Città (quasi 35’000) e Basilea-Campagna (quasi 24’000). Uri è in fondo alla scala: nel cantone svizzero-tedesco il frontalierato è praticato da sole 33 persone.
La suddivisione per settori non sorprende: il 66,5% di frontaliere e frontalieri lavora nel terziario (prevalentemente nel commercio), il 32,6% nel secondario (soprattutto attività manufatturiere) e solo lo 0,9% nel primario.
- La notizia riportata da Corriere del TicinoCollegamento esterno.
- La statisticaCollegamento esterno dell’UST
- Dagli archivi di SWI Swissinfo.ch: “Frontalieri: poco amati in Svizzera, apprezzati in Lussemburgo”

Sono passati esattamente due anni dall’esplosione al porto di Beirut che ha ucciso oltre 200 persone e ne ha ferite diverse migliaia. Uno scoppio causato da 2’750 tonnellate di nitrato d’ammonio che dal 2014 erano stoccate senza misure di sicurezza dopo essere state sequestrate da una nave abbandonata e che ha causato più distruzione di quanto fatto dalla guerra civile in 15 anni.
Lo Stato non ha fatto molto per ripristinare le infrastrutture danneggiate o distrutte dalla detonazione e la popolazione locale può contare solo su aiuti esterni. Tra questi anche quello fornito dalla fondazione elvetica Alleanza internazionale per la protezione del patrimonio nelle zone di conflitto (ALIPH).
Il compito dell’organizzazione, presente a Ginevra dal 2017, è quello di recarsi sul campo, capire quali sono le necessità e identificare i progetti da finanziare. A Beirut, per esempio, ha partecipato alla ricostruzione di una scuola, di un orfanotrofio, del ripristino della cattedrale maronita di San Giorgio e della Biblioteca orientale dell’Università Saint-Joseph e alla ristrutturazione dei tetti delle case storiche nei quartieri danneggiati dalla detonazione del 2020.
Il Paese, che una volta era conosciuto come “la Svizzera d’Oriente” è ormai al tappeto: le strade sono piene di immondizia, i salari sono ridotti all’osso (chi insegna guadagna 50-60 dollari al mese, il prezzo di un pieno di benzina) e la corruzione dilaga. Chi chiede aiuti finanziari, non sempre ne ha veramente bisogno e quando li ottiene, ad intascarsi il denaro sono poche persone senza scrupoli.
- Su SWI Swissinfo.ch il racconto del nostro collaboratore Ian Hamel, di ritorno da Beirut
- I silos per il grano al porto di Beirut sotto sorveglianza svizzera: un articolo su letemps.chCollegamento esterno (in francese)
- Dagli archivi: “Beirut, si mette in moto la macchina degli aiuti”
- La raccolta di fondi per BeirutCollegamento esterno aperta dalla Catena della solidarietà

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