
Oggi in Svizzera
Care svizzere all’estero, cari svizzeri all’estero,
Il caldo vi fa innervosire? Anche le vespe! Negli ultimi giorni gli ospedali elvetici hanno infatti registrato un aumento di pazienti che si presentano con punture di vespa, che – oltre a essere particolarmente dolorose – possono diventare estremamente pericolose in caso di allergia.
Le temperature calde fanno proliferare questi insetti, che però sanno rendersi molto utili: in una giornata una colonia riesce a divorare mezzo chilo di mosche, tafani, zanzare & co. Sarebbe quindi utile imparare a conviverci. Se si mangia all’esterno, per esempio, impedire loro l’accesso a cibi ricchi di zuccheri e proteine. E se durante il pranzo in giardino vi infastidiscono, uno spruzzino riempito d’acqua vi può aiutare. Sbracciarsi per scacciarle, invece, non farà che innervosirle. Più di quanto già lo sono. E una vespa nervosa… punge.
Nella speranza che questi consigli possano aiutarvi a rendere più tranquilli i vostri pasti all’esterno, vi auguro buona lettura.

Gli svizzeri stakanovisti? Non più (così tanto). Secondo un’indagine del centro studi Kof del Politecnico di Zurigo, l’etica del lavoro elvetica è diventata un mito. La “colpa” è della sempre maggiore diffusione degli impieghi a tempo parziale e dell’aumento, negli anni, dei giorni di ferie concessi a lavoratrici e lavoratori.
Lo stress sul posto di lavoro (in tutti i settori) è aumentato negli ultimi decenni, ma la produttività è diminuita del 37,5%: nel 1950 dipendenti svizzere e svizzeri lavoravano in media 2’500 ore all’anno. Oggi sono 1’500 ore, sottolinea il ricercatore Daniel Kopp.
Numerosi i motivi di questa tendenza: negli anni ’50 si aveva diritto a una settimana e mezza di ferie all’anno. Oggi le settimane di vacanza sono cinque. All’epoca i giorni festivi erano cinque, oggi sono 9,5. Anche il tempo pieno è diminuito: a metà del ventesimo secolo chi lavorava al 100%, lavorava una decina di ore in più rispetto ad oggi.
La popolazione elvetica attiva, poi, è una grande fan del lavoro a tempo parziale. La Confederazione domina la classifica a livello internazionale: il 39,4% della forza lavoro elvetica è occupata a meno del 100%. Solo l’Olanda ha un valore più alto in tutta Europa: 43%. Si tratta di una scelta fatta principalmente da chi lavora in settori dove i salari sono più alti della media. Inoltre, un tempo pieno in Svizzera è in media più elevato rispetto ad altri Paesi: in Norvegia e Danimarca, per esempio, corrisponde a 38 ore settimanali, in Svizzera è invece di 41 ore (a seconda dei settori può arrivare a 45-50).
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La notizia riportata dal portale tio.chCollegamento esterno
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Dagli archivi di SWI Swissinfo.ch: ”Quante ore lavorate a settimana?”
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Lo studio del KOFCollegamento esterno (in tedesco)

Il 5G non è nocivo: lo dice il primo rapporto della Confederazione che fa luce a livello nazionale sull’intensità delle radiazioni emesse dagli smartphone. Con la nuova tecnologia, si può leggere nel rapporto, le radiazioni diminuiscono.Ciò significa che il progresso tecnologico compensa i maggiori flussi.
Secondo quanto anticipato giovedì dal Tages-Anzeiger le misurazioni sono state effettuate in diversi luoghi (città, campagna, zone industriali e trasporti pubblici). Quanto emerso dallo studio va nella direzione di quanto auspicato dal Consiglio federale, ossia una rapida estensione della rete 5G su tutto il territorio elvetico.
Il sostituto capo progetto dell’istituto Swiss TPH di Basilea che ha condotto lo studio, Martin Röösli, alla luce di questi risultati non vede quindi ragioni per parlare di conseguenze negative per la salute, una delle paure principali quando si parla di telefonia e all’origine di un dibattito tutt’ora d’attualità.
Argomenti, questi, che pochi anni fa gli oppositori avevano anche usato per la raccolta di firme contro l’introduzione di questa nuova tecnologia. Secondo un recente sondaggio il tema divide ancora la popolazione.
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La notiziaCollegamento esterno su RSI News
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Dall’archivio di SWI Swissinfo.ch: “Il 5G è un test per i limiti della sicurezza informatica in Svizzera”
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Domande e risposte sul 5GCollegamento esterno dell’Ufficio federale della comunicazione
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La notiziaCollegamento esterno riportata dal TagesAnzeiger (in tedesco)

L’industria farmaceutica svizzera sta esportando in grandi quantità in Russia e fa pagare anche di più i suoi medicinali: è quanto emerge da un’analisi dei dati sull’export elvetico effettuata dall’agenzia AWP.
Il settore ha venduto al Paese, nel solo mese di giugno, medicinali, vitamine e prodotti diagnostici per oltre 330 milioni di franchi, un valore record per gli ultimi 30 anni (la banca dati dell’Ufficio federale della dogana e della sicurezza dei confini non va oltre il 1992). Il primato precedente risale ai 237 milioni registrati nel mese di novembre 2021.
Per motivi umanitari i medicamenti non sottostanno alle sanzioni e quindi, nonostante le restrizioni cui è sottoposto il commercio estero con la Russia – introdotte dalla Confederazione per allinearsi con l’UE – a causa della guerra in Ucraina, le esportazioni di questi prodotti sono continuate normalmente.
Sono invece diminuite le vendite in Ucraina: nel periodo gennaio-giugno l’export di medicinali è calato (su base annua) del 40% in volume e del 20% in valore, scendendo a 91 milioni di franchi.
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La notizia su TVS Tvsvizzera.it
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Dall’archivio di SWI Swissinfo.ch: “Medicamenti: la Svizzera è troppo ricca per risparmiare?”
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Un recente episodio svizzero: “Neuchâtel fa i conti con il proprio passato coloniale imparando dalla storia”

Da diversi giorni fa discutere l’interruzione del concerto a Berna della band Lauwarm a causa delle proteste di una piccola parte del pubblico che ha accusato gli artisti di appropriazione culturale.
Il gruppo è composto da musicisti bianchi svizzeri che fanno musica reggae, cantano in svizzero-tedesco, hanno pettinature rasta e indossano abiti africani. La band non considera il loro aspetto come problematico: si tratta di libertà artistica, dicono. “È stata una pugnalata nel cuore. Non ci era mai capitato e naturalmente ci ha fatto molto male”.
Una questione non così semplice, secondo il sociologo Henri Michel Yéré: “Nella cultura giamaicana, i dreadlock erano un segno di resistenza contro il razzismo e contro le disuguaglianze”. Per questo motivo non è raro che gli uomini bianchi con le treccine rasta siano accusati di appropriazione culturale.
L’appropriazione culturale è un termine che deriva dagli studi postcoloniali. La definizione dell’Enciclopedia Britannica è “adozione strumentale, irrispettosa o stereotipata di tecniche e simboli culturali stranieri”. Secondo altre definizioni, l'”appropriazione culturale” si verifica quando i membri di una cultura dominante, di solito bianca, utilizzano elementi di una cultura minoritaria che hanno sistematicamente oppresso.
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La notiziaCollegamento esterno sul portale RSI News

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