La televisione svizzera per l’Italia
Rifugiati ucraini al confine con la Polonia.

Oggi in Svizzera

Care lettrici e cari lettori,

oggi venendo al lavoro mi sono reso conto che il costo di un litro di benzina ha superato la soglia psicologica dei 2 franchi. Se è vero che la guerra ha ucciso il Covid sui media, è anche vero che la pandemia ci aveva costretti al telelavoro e oggi, visto il costo della benzina, lavorare di nuovo da casa sarebbe una soluzione gradita da molti.

Non so quanto costi la benzina dove vivete ma secondo gli esperti un litro potrebbe superare presto i 3 franchi... sebbene sempre gli stessi esperti siano convinti che le abitudini degli automobilisti comunque non cambieranno.

Un uomo porta in braccio un neonato sotto la neve che scende.
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La Svizzera è pronta ad ospitare fino a 60’000 ucraini cui verrà concesso lo statuto di protezione “S”.

Gli echi della guerra si fanno ovviamente sentire anche in Svizzera. La responsabile del Dipartimento federale di giustizia, Karin Keller-Sutter, ha stimato che nella Confederazione potrebbero cercare rifugio fino a 60’000 cittadini ucraini. Naturalmente la cifra è teorica considerato che è difficile fare una stima esatta in quanto molto dipende, tra l’altro, dall’avanzamento dei combattimenti.

Una grande sfida anche per la Svizzera che finora ha registrato l’arrivo di 1’624 persone fuggite dall’Ucraina. Dall’inizio dei combattimenti, 2,3 milioni di persone hanno già trovato rifugio negli Stati vicini. L’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) stima che saranno sfollate tra 10 e 15 milioni di persone.

Ai rifugiati ucraini, Berna concederà lo statuto di protezione “S”, creato dopo le guerre nei Balcani negli anni ’90. Questo significa che le persone in arrivo potranno ottenere un permesso “S” senza passare attraverso la procedura ordinaria di asilo. Significa anche poter lavorare da subito. Il diritto di soggiorno è di un anno, ma può essere prolungato finché le persone sono esposte a gravi pericoli.

Un cartello di tanti anni fa: un campus sulla neutralità tra Svizzera e Svezia.
Keystone

La guerra in Ucraina e le sanzioni contro la Russia, hanno spinto i Paesi neutrali a reinterpretare questo concetto.

La Svizzera ma anche la Svezia, stanno rivedendo l’interpretazione del concetto di neutralità. E questo mentre Vladimir Putin, ha dichiarato che la “neutralità” dell’Ucraina, Paese che ha invaso, è un obiettivo di guerra. In generale, la neutralità resta un’ispirazione e un ideale per molti Stati anche nel XXI secolo.

In questa guerra, la percezione a livello internazionale è che diversi Paesi abbiano “abbandonato” la loro neutralità. A fine febbraio c’è stata la storica decisione del Parlamento svedese di fornire armi all’Ucraina. E sul New York Times, la decisione del Governo svizzero di allinearsi alle sanzioni dell’Ue contro la Russia è stata descritta sotto il titolo: “La Svizzera mette da parte una lunga tradizione di neutralità”.

Il dibattito è lanciato. Se in Svezia, la destra nazional-conservatrice dei Democratici Svedesi chiede un radicale allontanamento dalla precedente politica di neutralità e un’adesione alla NATO, in Svizzera, l’Unione democratica di centro (destra conservatrice) critica invece l’adozione delle sanzioni UE contro la Russia. E per difendere la neutralità elvetica, l’ex tribuno dell’UDC Christoph Blocher è pronto a lanciare un’iniziativa.

Una provetta con il vaccino Moderna.
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La Svizzera acquisterà a titolo precauzionale 14 milioni di dosi di vaccino anticovid per il 2023.

No, non vi siete sbarazzati completamente dalle notizie inerenti la pandemia. Oggi il Consiglio federale ha infatti deciso di acquistare 7 milioni di dosi di vaccino da Pfizer e altrettante da Moderna. Il tutto, sottolinea l’esecutivo federale, a titolo precauzionale. L’ultima parola spetta però al Parlamento che dovrà approvare il credito.

La decisione è stata presa perché il governo federale vuole essere pronto a ogni scenario pandemico possibile. E per questo, ricorda ancora Berna, la Svizzera in linea di massima ha diritto all’ultima variante disponibile del vaccino.

Non solo prevenire, ma anche guarire. Sotto questo motto, il Consiglio federale chiederà al Parlamento un credito aggiuntivo per l’acquisto di ulteriori farmaci anti-Covid-19. Questo perché per il prossimo inverno si prevede di utilizzare ancora questi farmaci per il trattamento di pazienti affetti da questo virus.

Il villaggio di St. Mortiz fotografato di notte.
Keystone / Barbara Gindl

Dieci anni fa veniva accettata l’iniziativa che ha frenato la costruzione di abitazioni secondarie, soprattutto nelle regioni turistiche di montagna.

L’iniziativa “Basta con la costruzione sfrenata di abitazioni secondarie!” era stata lanciata dalla fondazione Helvetia Nostra dell’ecologista Franz Weber. Fu accolta dal 50,6% degli aventi diritto di voto (30’000 schede di differenza) e da 13,5 Cantoni (ce ne volevamo almeno 12). A distanza di 10 anni non tutti apprezzano la situazione attuale.

Dopo il voto dell’11 marzo 2012, la Costituzione prevede, fra le altre cose, che le residenze secondarie non possano superare il 20% del totale, né il 20% della superficie abitativa di un comune. Proprio oggi il Gruppo svizzero per le regioni di montagna (SAB) denuncia tutta una serie di problemi posti dalla legislazione d’applicazione e chiede di correggere il tiro.

Attualmente, sostiene tra l’altro il SAB, non ci sono praticamente più chalet in vendita nelle montagne svizzere perché non è più possibile costruire nuove residenze secondarie. È quindi logico che i prezzi aumentino. Ma l’insoddisfazione emerge anche dal campo dei fautori dell’iniziativa che dal 2012, hanno dovuto opporsi’ a più di 3’200 progetti di costruzione, vincendo nel 64% dei casi.

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