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Oggi in Svizzera

Care lettrici, cari lettori,

Il mondo si è svegliato – o, a dipendenza del fuso orario, è andato a dormire – con la notizia dell’attacco russo all’Ucraina. Sui social, come sempre, si può vedere di tutto e di più. Sono però sorpresa dalla quantità di persone che hanno visitato l’Ucraina, che non sapevo essere una meta turistica così gettonata. Ma è sicuramente più piacevole vedere le foto dei turisti in tempi di pace che quelle dei reporter in tempi di guerra.

Ora vi lascio alla lettura delle notizie del giorno.

ignazio cassis
Keystone / Anthony Anex

La Confederazione ha deciso di allinearsi in parte alle sanzioni contro la Russia annunciate mercoledì dall’Unione europea: lo ha fatto sapere il presidente Ignazio Cassis dopo la riunione straordinaria del Consiglio federale tenutasi giovedì mattina.

Berna “condanna molto fermamente l’azione della Russia”. Quella di giovedì è stata definita dal ticinese “una giornata triste, che non avrei mai voluto vedere”. La Confederazione per il momento non intende introdurre sanzioni proprie, ma riprenderà quelle attuate da Bruxelles. Il Consiglio Federale si vuole impegnareaffinché la Svizzera non venga usata come piattaforma per aggirare le misure.

Anche Berna, quindi, rispetterà la black list che include i membri della Duma che hanno votato a favore del riconoscimento delle repubbliche del Donbass da parte di Mosca. Nel mirino anche persone ed entità che hanno un ruolo nella minaccia all’integrità ucraina e che includono soggetti che sostengono finanziariamente o materialmente l’aggressione nei confronti di Kiev.

Cassis – che è anche il capo del Dipartimento federale degli affari esteri – ha inoltre fatto sapere che per ora il corpo diplomatico presente in Ucraina non verrà evacuato e che in serata terrà una videoconferenza con le autorità elvetiche presenti in Ucraina.

indici economici
Keystone / Dominic Favre

Il conflitto tra Russia e Ucraina avrà conseguenze a lungo termine sull’economia Svizzera? Le opinioni degli esperti divergono.

Per il capo economista della Banca cantonale di Zurigo David Marmet, l’impatto sarà limitato a causa del basso livello d’interconnessione della regione con la Svizzera. Gli fa eco Thomas Gitzel della VP Bank: la Russia non gioca un “ruolo primario” né per la Confederazione né per l’UE. I mercati finanziari per ora non si sono fatti prendere dal panico e la situazione rimane gestibile. Secondo Gitzel l’attuale ripresa economica non dovrebbe fermarsi.

Secondo l’Associazione svizzera dell’industria del gas (ASIG) se la Russia dovesse chiudere i rubinetti del gas o l’UE dovesse impedire le importazioni, la Confederazione sarebbe significativamente colpita, poiché quasi la metà delle importazioni di gas naturale della Confederazione (ma anche dell’UE) arrivano proprio dalla Russia.

Se i prezzi del gas continueranno a salire a causa della situazione bellica, spiega Alexander Koch (banca Raiffeisen), le aziende industriali ad alta intensità energetica saranno colpite più duramente e a breve e medio termine potrebbero perdere competitività nei confronti di aziende statunitensi, che non dipendono dalla Russia per gli approvvigionamenti.

castello sul lago
Keystone / Marcel Gillieron

Il settore turistico elvetico ha registrato una buona ripresa nel 2021: lo scorso anno sono stati registrati 29,6 milioni di pernottamenti, ossia il 25% in più rispetto al 2020. Mancano però ancora 10 milioni per arrivare ai numeri pre-pandemia.

L’incremento più significativo è stato osservato in Ticino: il “salotto soleggiato” della Svizzera ha visto il numero di ospiti aumentare del 52%. Lo seguono da vicino le regioni urbane: Ginevra (+46%), Basilea (+39%) e Zurigo (+39%).

La maggior parte degli ospiti erano indigeni (21 milioni di notti): un record, in aumento del 28% rispetto al 2020 e del 17% rispetto al 2019. Tra il 2020 e il 2021 c’è stato un incremento anche del numero di ospiti stranieri (8,6 milioni, +17%), ma si tratta di cifre basse se paragonate al 2019 (-60%).

La pandemia ha favorito il turismo di prossimità poiché, oltre all’aumento di turismo locale, c’è stato anche un aumento di ospiti di origine europea (+14%), con una punta del +17% per i tedeschi. In forte calo invece gli inglesi (-36%). Cresciuto anche in maniera importante il numero di americani (+44%) e asiatici (+35%), che però partivano da numeri bassi.

tetto di casa al crepuscolo
© Keystone / Michael Buholzer

L’impronta carbone delle famiglie svizzere è diminuita del 4% tra il 2000 e il 2019 e le emissioni di gas a effetto serra che hanno generato all’interno dei confini sono calate del 15%, mentre quelle indotte all’estero sono aumentate dell’8%.

Secondo un rapporto pubblicato giovedì dall’Ufficio federale della statistica (UST), le economie domestiche sono state responsabili di circa il 67% delle emissioni interne ed esterne della Confederazione. Il restante 33% è rappresentato dagli investimenti dell’economia e della pubblica amministrazione (27%) e dalla spesa per consumi finali della pubblica amministrazione (6%).

Oltre la metà delle emissioni delle famiglie è “nascosta” nelle importazioni di beni e servizi prodotti all’estero, sottolinea l’UST. Il 24% proviene dai trasporti e dal riscaldamento e il 20% dal consumo di beni e servizi interni.

Negli ultimi 20 anni, inoltre, la quota di posti di lavoro equivalenti a tempo pieno legati alla protezione del clima è aumentata di quasi cinque volte, passando da 17’500 a 83’100. Questi mestieri specifici sono quindi passati dal rappresentare lo 0,5% del mercato del lavoro al 2%. Uno sviluppo dovuto principalmente alle attività legate alle misure di risparmio energetico negli edifici e alla produzione di energia rinnovabile.

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