Oggi in Svizzera
Care lettrici e cari lettori,
Non so voi, ma io mi sto un po' perdendo in questa giungla di regole per varcare i confini. E il fatto che il certificato vaccinale rilasciato dalla Svizzera non sia ancora stato riconosciuto dall'UE non aiuta di certo le cose.
Insomma, tra qualche giorno avrò un po' di vacanze, ma per semplificarmi la vita ho deciso che mi limiterò a bagnarmi nell'acqua dolce (anche se a volte un po' troppo fresca) dei laghi elvetici. E a proposito di vacanze, colgo l'occasione per augurare a tutti una buona estate.
P.S.: la foto di copertina è un po' bugiarda, poiché qui a nord delle Alpi la colonnina di mercurio non supera i venti gradi e continua a piovere.
Le relazioni tra Svizzera e UE “non sono sull’orlo di un precipizio”, rassicura la segretaria di Stato elvetica Livia Leu.
Dopo la rinuncia unilaterale da parte di Berna all’accordo costituzionale negoziato con Bruxelles, densi nuvoloni si sono formati sulle relazioni tra la Svizzera e l’Unione Europea. Inoltre, la scelta del Governo elvetico di optare per caccia statunitensi per modernizzare la sua flotta è stata interpreta da alcuni come uno schiaffo nei confronti dei vicini.
A poco più di un mese dal ‘no’ svizzero all’accordo quadro, la segretaria di Stato Livia Leu ha voluto fare il punto davanti ai media. La responsabile dei negoziati con l’UE si è detta ottimista e ha rilevato che da ambo le parti gli interessi in gioco sono troppo elevati per lasciare degradare la situazione.
Berna confida anche nel sostegno da parte di alcuni Stati membri dell’UE, l’Austria in primis, che ha già espresso comprensione per la posizione elvetica. In ogni caso, prima che vi siano schiarite ci vorrà tempo. Non c’è bisogno di buttarsi a capofitto in nuovi negoziati, ha sottolineato Livia Leu. Prima “bisogna preparare il terreno affinché siano presi in conto anche gli interessi della Svizzera”.
- L’articolo di tvsvizzera.it sulla conferenza stampa di Livia Leu.
- Il servizio di cronaca sulla rinuncia svizzera all’accordo quadro.
- Intervista a Gilbert Casasus, professore di studi europei all’Università di Friburgo, sulla scelta di Berna di optare per dei caccia statunitensi.
Vietare la vendita di sigarette ai minorenni è praticamente inutile. È la conclusione a cui è giunto uno studio delle Università di Losanna e Basilea.
Dal 2006 tutti i Cantoni svizzeri – eccetto Appenzello Interno e Svitto – hanno introdotto il divieto di vendita di sigarette ai minori di 18 anni (16 in certi Cantoni).
Ricercatori dei due atenei hanno fatto un confronto tra il prima e il dopo e tra il 2001 e il 2016 hanno interrogato oltre 80’000 giovani di età inferiore ai 21 anni in tutto il Paese. Dallo studio è emerso che non vi è stata nessuna diminuzione statistica significativa del consumo di sigarette.
Una spiegazione possibile è che i giovani riescono ad aggirare i divieti, procurandosi le sigarette tramite la loro cerchia di amici. Nelle loro conclusioni gli esperti suggeriscono di indagare per scoprire come mai questi provvedimenti hanno effetti sulla vendita di alcol ma non su quella di tabacco.
- Il servizioCollegamento esterno di RSI News.
- La Svizzera, un’allieva non proprio esemplare nella lotta al tabagismo.
- Sapevate inoltre che il fumo nei locali pubblici non è bandito in tutta la Svizzera?
Discriminare chi non è vaccinato? È quanto propugna l’esperto di economia comportamentale Gerhard Fehr.
In Svizzera le dosi di vaccino ci sono ma il numero di persone che se li fa somministrare comincia a rallentare. Quasi il 40% della popolazione ha ricevuto due dosi, ma l’obiettivo di raggiungere una quota di vaccinati dell’80% è ancora lontano. E la propagazione della cosiddetta variante Delta inizia seriamente a preoccupare.
C’è allora chi vorrebbe che la Confederazione adottasse una strategia più incisiva per spingere i riluttanti a vaccinarsi, non limitandosi come finora a informare e cercare di convincere. In un’intervista al Blick, l’esperto di economia comportamentale Gerhard Fehr afferma senza mezzi termini che “queste persone possono essere convinte solo se vengono sistematicamente discriminate”.
Ciò significa ad esempio che “solo coloro che sono stati vaccinati potranno andare al ristorante o a un concerto”, prosegue Fehr. Un passo che le autorità svizzera finora hanno sempre rifiutato di compiere, limitandosi ad introdurre l’obbligo di presentare un certificato Covid (che può essere però domandato però anche da chi non è stato vaccinato ma che semplicemente risulta negativo a un test) per accedere a determinate manifestazioni.
- Le considerazioni di Gerhard FehrCollegamento esterno riportate dal portale Ticinonews.
- Il newsfeedCollegamento esterno di RSI News sulla situazione pandemica in Svizzera e nel mondo.
- Coronavirus, la situazione in Svizzera – L’articolo di swissinfo.ch.
- Domande e risposte sul vaccinoCollegamento esterno sul sito dell’Ufficio federale della sanità pubblica.
Quindici anni fa nasceva a Ginevra il Consiglio dei diritti umani dell’ONU, al fine di sostituire la discreditata Commissione dei diritti umani. Quali sono stati i suoi successi e quali sono i suoi limiti?
Riunito fino al 13 luglio prossimo a Ginevra, il Consiglio dei diritti umani dell’ONU è composta da 47 Stati membri, selezionali a maggioranza assoluta dall’Assemblea generale dell’ONU in base a blocchi regionali.
Il Consiglio è regolarmente preso di mira, ad esempio per le sue presunte posizioni antiisraeliane o per il fatto che, secondo alcuni, le sue denunce siano troppo selettive e politicizzate.
L’organismo dell’ONU ha però prodotto anche risultati tangibili: “Le sue indagini scrupolose spesso non portano a un cambiamento immediato, ma assicurano che nessuno possa dire di non sapere. Le prove delle violazioni sono conservate e, nel caso della commissione d’inchiesta del Consiglio sulla Siria, possono ancora portare a procedimenti per crimini di guerra”, ha sottolineato il direttore esecutivo di Human Rights Watch Kenneth Roth.
- L’approfondimento di Julia Crawford pubblicato su swissinfo.ch.
- Il focus di swissinfo.ch dedicato all’ONU e alla Ginevra internazionale.
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