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Oggi in Svizzera

Care lettrici e cari lettori,

come si può facilmente constatare ad ogni angolo della nostra Confederazione la pandemia sta pesando sull'umore della gente che sperava di tornare con la bella stagione a respirare.

Ma si sa, i numeri quotidiani non consentono voli pindarici e il governo a Berna si è mostrato un'altra volta compatto nel resistere alle pressioni di economia e cantoni.

Del resto la prudenza è uno dei nostri tratti distintivi e i prossimi mesi ci diranno se il pragmatismo elvetico ha avuto un'altra volta ragione.

Intanto, se vorrete continuare a seguirci, vi auguriamo buona lettura

Tavoli all esterno di un ristorante chiuso.
Keystone / Ennio Leanza

Restrizioni anti-Covid: nessun cambio di rotta dal governo federale, bar e ristoranti resteranno chiusi almeno fino al 22 marzo.

Il Consiglio federale ha confermato le misure annunciate nelle scorse settimane e procederà con estrema cautela con la ripresa delle attività economiche e commerciali nella Confederazione. Unica concessione comunicata al termine della seduta di mercoledì è l’anticipo, se la situazione epidemiologica lo consentirà, di alcune riaperture dall’inizio di aprile al 22 marzo.

In estrema sintesi questo significa che, come previsto, dal 1° marzo riapriranno tutti i negozi, i musei, le biblioteche, le strutture del tempo libero e gli impianti sportivi all’aperto. Gli assembramenti all’esterno saranno consentiti fino a 15 persone (5 al chiuso) mentre restano l’obbligo del telelavoro e il divieto di manifestazioni e competizioni sportive.

Intanto l’Ufficio federale di sanità pubblica ha aggiornato la lista dei paesi e delle regioni a rischio che impongono, per le persone che vi hanno soggiornato, l’obbligo di quarantena in Svizzera. Per l’Italia, dall’8 marzo, Abruzzo, Campania, Liguria, Molise e Toscana si aggiungeranno a Emilia, Friuli, Marche, Puglia e Umbria.

Donna con velo integrale
Keystone / Niels Wenstedt

Perde velocità l’iniziativa anti-burqa nella Confederazione. Il vantaggio dei favorevoli, indica il secondo sondaggio diffuso dalla Radiotelevisione svizzera (SSR), si riduce a due punti percentuali.

A dieci giorni dalle votazioni federali del 7 marzo il 49% degli svizzeri, secondo quanto emerge dalle intenzioni di voto raccolte dall’istituto gfs.bern, continua a sostenere l’iniziativa sul “divieto di dissimulare il proprio viso”, a fronte di un 47% di contrari.

Rispetto alla precedente rilevazione i fautori della proposta sono scesi nell’ultimo mese – dal 63 al 46% – soprattutto in Romandia e tra gli svizzeri all’estero, dal 74 al 58% (anche se l’apprezzamento di questi ultimi è superiore a quello della madrepatria). Oltre Gottardo regna un certo equilibrio (50% di sì e 49% di no) mentre in Ticino i consensi restano elevati (62%). Un’analoga indagine demoscopica condotta dal gruppo Tamedia mostra tendenze analoghe ma lo scarto tra i due fronti è maggiore: al 59% di adesioni all’iniziativa contro il velo integrale – in calo di 7 punti dal 10 febbraio – si oppone il 40% di contrari (+6 punti).

Sugli altri due oggetti in votazione il sondaggio SSR attesta che la Legge sui servizi di identificazione elettronica verrebbe bocciata dal 54% degli svizzeri (42% di favorevoli) mentre l’accordo commerciale con l’Indonesia è sostenuto dal 52% dei votanti (41% di contrari).

Operai all interno di una fabbrica svizzera.
© Keystone / Christian Beutler

La pandemia ha pesato fortemente sui conti delle imprese nel 2020, secondo il bilancio stilato dall’Associazione Svizzera delle industrie di ingegneria meccanica ed elettrica (Swissmem).

Come era ampiamente pronosticato l’attività dell’industria metalmeccanica ed elettrica ha subito i contraccolpi delle misure adottate per combattere l’emergenza sanitaria. L’anno scorso le esportazioni, secondo quanto ha comunicato mercoledì l’associazione imprenditoriale, sono calate del 12%, attestandosi a 61 miliardi di franchi (- 8 miliardi). Di questa evoluzione ne hanno risentito anche i fatturati (-10%) delle aziende e i nuovi ordinativi (-7%).

Ma vi sono anche altri motivi di preoccupazione che, a detta del settore, possono minare la ripresa: le tensioni commerciali irrisolte a livello mondiale, la vertenza con l’UE sull’Accordo istituzionale quadro e i tassi di cambio che penalizzano le esportazioni elvetiche.

A detta di Swissmem vi sono però alcuni segnali incoraggianti: nel quarto trimestre le commesse sono tornate ai livelli del 2019 e il 45% delle imprese si attende un incremento degli ordinativi dall’estero, a condizione che non si produca una terza ondata pandemica di portata internazionale.

Un antenna di telefonia mobile.
Keystone / Salvatore Di Nolfi

L’esposizione alle radiazioni delle antenne di telefonia mobile divide in Svizzera: Medici per l’ambiente (MpA) contestano le nuove direttive della Confederazione.

Il potenziamento della rete 5G attraverso le antenne adattive di nuova generazione è consentito in base al documento appena emanate dall’Ufficio federale dell’ambiente (Ufam), che contiene le prescrizioni ad uso di cantoni e comuni, cui compete il rilascio delle relative autorizzazioni. In particolare Berna impone, a tutela della salute della popolazione, che non vengano superati i valori limite di emissione vigenti.

Queste disposizioni sono state però subito criticate dall’associazione Medici per l’ambiente (MpA) secondo la quale le attuali soglie massime non tengono conto della specificità di questa tecnologia. A suo giudizio il criterio della potenza massima consentita non è adeguato: per misurare l’esposizione dei cittadini occorrerebbe considerare la media delle radiazioni.

Per fare chiarezza sulla questione la commissione del Centro internazionale di ricerca sul cancro (Circ) dell’Oms ha esortato nel 2019 a nuovi studi sul rischio di contrarre un tumore in seguito a radiazioni della telefonia mobile.

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