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Il coronavirus che ha capovolto la storia

U-Mask, nata e operante in Sud Africa, dopo aver donato 30'000 mascherine alla Cina, sta lavorando 7 giorni su 7 per il resto del mondo.

Questo contenuto è stato pubblicato il 16 marzo 2020 minuti
Lorenzo SImoncelli, RSI News
L'interno dello stabilimento. Lorenzo Simoncelli

Alla periferia di PretoriaLink esterno il corso della storia sta prendendo la direzione opposta. Per una volta, non è più l’Europa ad aiutare l’Africa, ma viceversa. Due giovani imprenditori sudafricani, Jordean Eksteen, e David Molosankwe, stanno inviando in tutto il mondo milioni di mascherine filtranti per fronteggiare la pandemia di Coronavirus. Dalla Cina, all’Italia, dal Nord America all’Australia. La domanda si è triplicata e nella fabbrica di U-MaskLink esterno si lavora ormai ininterrottamente 7 giorni su 7. Per far fronte all’incremento di produzione è stato assunto nuovo personale: tutte donne provenienti da una baraccopoli di Pretoria.
 

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+ Il reportage, con una piccola photo gallery, su RSI NewsLink esterno

«Realizzeremo 2,5 milioni di mascherine al mese per poter supportare più Paesi possibile – spiega David Molosankwe, uno dei co-fondatori di U-Mask ad RSI. Abbiamo donato 30'000 unità al Governo cinese per aiutarli a contenere il virus nella regione di Wuhan». Intanto il Governo cinese ha già chiuso una commessa per 20 milioni di mascherine. «Di solito è l’Africa il Continente che ha bisogno di aiuto – afferma Jordean Eksteen, co-fondatore di U-Mask a RSI - ma, per la prima volta, siamo noi a poter aiutare e siamo orgogliosi di poterlo fare».

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