Le Hillary d’Italia che l’Italia finge di non vedere
Hypercorsivo di Massimo Donelli
Lunedì 4 luglio gli Stati Uniti d'America festeggeranno l'indipendenza ottenuta nel 1776, esattamente 320 anni fa.
Giovedì 21 aprile nessuno ha festeggiato la fondazione di Roma avvenuta nel 753 avanti Cristo, esattamente 2.769 anni fa.
Mercoledì 8 giugno Hillary ClintonLink esterno si è autocelebrata: "Grazie a voi – ha detto rivolgendosi ai delegati del Partito democraticoLink esterno - abbiamo fatto la storia: è la prima volta che una donna ottiene la nomination alla Casa Bianca".
E tutto il mondo (Italia compresa) ha applaudito.
Domenica 20 giugno anche Virginia RaggiLink esterno si è autocelebrata: "Se la Capitale avrà per la prima volta nella sua storia un sindaco donna – ha scritto su FacebookLink esterno - lo si deve al M5S e a Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio".
E nessuno (Italia compresa) ha battuto le mani.
Come mai?
Washington (che Hillary deve ancora conquistare) è importante, la nuova caput mundiLink esterno, certo.
Ma Roma (che Virginia ha già conquistato) è, per quanto malridotta, pur sempre Roma.
E il CampidoglioLink esterno ha una forza simbolica che fa impallidire perfino la Casa BiancaLink esterno.
Nonché qualche secolo di Storia in più…
Eppure, per restare al perimetro italiano, si è sorvolato sul fatto che una donna, l'unica in quasi tremila anni, sia alla guida della città eterna.
Curioso?
No, molto più e molto peggio che curioso…
L'appartenenza grillina ha oscurato l'appartenenza di genere, diciamolo.
Perfino fra le militanti di molte associazioni femminili.
Da cui è arrivato un fragoroso silenzio o, tutt' al più, qualche cigliosa presa d'atto, giungendo addirittura a sottolineare maliziosamenteLink esterno le differenze fra Chiara AppendinoLink esterno (che a Torino ha sbaragliato il sindaco uscente, Pietro FassinoLink esterno) e la Raggi in termini di obbedienza al Movimento 5 stelleLink esterno.
Di più.
Si è rimproverato a entrambe di non aver usato il sostantivo sindaca al posto di sindaco…
Nessuna, insomma, ha stappato entusiasticamente bottiglie di champagne nella trincea rosa del Paese.
E sul fronte maschile?
Peggio mi sento (a cominciare dal marito della Raggi, che proprio la sera dell'elezione, con una lettera aperta diffusa via TwitterLink esterno, ha messo in piazza la crisi del loro matrimonio; ed è stato bacchettatoLink esterno su l'EspressoLink esterno).
Come ha raccontato Nadia SommaLink esterno, di Demetra donne in aiutoLink esterno, Chiara e Virginia sono state trattate alle stregua di due fenomeni da baraccone, scatenando uno "stupidario": "Riferimenti all'abbigliamento e all'avvenenza, linguaggio informale (per molti giornalisti e giornaliste sono "le ragazze" e Raggi è "a moretta") o smaccatamente sessista (bambola, bambolina, fatina). Alcuni articoli sono irritanti altri involontariamente comici".
E giù con una serie di citazioni.Link esterno
Ben visivamente riassunte, peraltro, nel tweetLink esterno di Tania MarocchiLink esterno, dell'European Policy CentreLink esterno, che offre un eccellente colpo d'occhio sui titoli dei quotidiani italiani: da "Roma in bambolaLink esterno" (Il TempoLink esterno) a "Ma saranno capaci?"Link esterno (LiberoLink esterno).
Non basta.
Che l'odio verso il grillismo abbia prevalso sull'amore per il femminismo, sulla buona educazione e perfino sul galateo istituzionale, lo testimonia il videoLink esterno girato alla Pontificia Università LateranenseLink esterno giovedì 23 giugno, quando è stato celebrato il GiubileoLink esterno degli uomini e delle donne delle istituzioni pubbliche.
Le immagini, diffuse da il Fatto QuotidianoLink esterno, sono inequivocabili: alla prima uscita con la fascia tricolore, la Raggi appare letteralmente ignorata dal ministro degli Interni, Angelino AlfanoLink esterno, dal vicesegretario del PdLink esterno, Lorenzo GueriniLink esterno, e dal suo collega di partito, nonché capogruppo alla Camera, Ettore RosatoLink esterno.
Maschilisti, maleducati, distratti o che?
Nella stessa circostanza, anche il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Maria Elena BoschiLink esterno, almeno all'inizio della cerimonia, pur dispensando baci, abbracci e strette di mano a chiunque, ha platealmente evitato di incrociare la prima cittadina.
Con tanti bei saluti alla solidarietà di genere e, prima ancora, alla buona educazione.
Così, dopo che il video è finito online, si è scatenato un putiferioLink esterno.
Placato solo dalla comparsa di una foto, twittata alle 10,47 del 23 giugnoLink esterno dal deputato Pd Ernesto CarboneLink esterno, in cui Virginia e Maria Elena si stringono la mano.
Incidente formalmente chiuso, ma scontro fra le parti più che mai aperto.
Tanto che, agli atti, resta un solo esempio di cortesia istituzionale, ossia il tweetLink esterno formale che Laura BoldriniLink esterno ha postato alle 5,32 di lunedì 20 giugno: "#RomaLink esterno e #TorinoLink esterno saranno amministrate da due giovani #donneLink esterno. Complimenti e buon lavoro alle sindache @virginiaraggiLink esterno e @c_appendinoLink esterno".
Mentre, silenziosa dal 18 al 22 su Twitter, alle 11,04 del 23 giugno, 17 minuti dopo la comparsa della foto-chiarimento, la Boschi ha cinguettatoLink esterno: "Chissà quanti studenti oggi hanno scelto di scrivere dei 70 anni del voto alle donne. Davvero un bellissimo argomento! #inboccaallupoLink esterno".
Nessun riferimento alle neoelette coetanee (Virginia ha 37 anni, Maria Elena 35, Chiara 31).
Peccato.
Peccato davvero.
Eppure che due giovani donne, come dice la presidente della Camera, abbiano la guida della capitale e dell'ex capitale d'Italia dovrebbe essere motivo di orgoglio, non solo per chi appartiene al genere femminile e per chi le ha votate, ma per tutti gli elettori.
Al ricambio politico, infatti, corrisponde anche un ricambio generazionale e di genere.
Ovvero, una ventata d'aria fresca che, se non altro, spazzerà via un po' di polvere dai palazzi del potere.
E nella nazione gerontocratica e maschilista per eccellenza mica è poco, vi pare?
Auguri, perciò, di tutto cuore, a Virginia e Chiara, le Hillary d'Italia che l'Italia fa finta di non vedere.
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