Svizzera e il paradosso del lavoro: motivati ma esausti e stressati
Il Barometro 2025 di Travail.Suisse rivela un paradosso: i lavoratori svizzeri e le lavoratrici in Svizzera sono più motivati e soddisfatti, ma anche più stressati ed emotivamente esausti. Aumenta il presentismo e la difficoltà a staccare, con la salute mentale che diventa la sfida principale del mondo del lavoro.
Il mondo del lavoro in Svizzera vive una profonda e crescente contraddizione. Da un lato, le persone attive non sono mai state così motivate e soddisfatte della propria occupazione. Dall’altro, il peso dello stress, dell’esaurimento emotivo e del sovraccarico raggiunge livelli allarmanti, mettendo a dura prova la salute psicologica.
È questo il quadro a due facce che emerge dal “Barometro delle condizioni di lavoro” 2025Collegamento esterno, l’annuale indagine condotta dal 2015 dal sindacato Travail.Suisse in collaborazione con la Scuola universitaria professionale di Berna su un campione rappresentativo di 1’422 persone in tutto il Paese.
L’indagine analizza il mondo del lavoro attraverso tre dimensioni principali: motivazione (soddisfazione, senso di autonomia, prospettive di carriera), sicurezza (stabilità del posto di lavoro, protezione sociale) e salute (fisica e mentale, stress, esaurimento, possibilità di recupero).
Se le prime due dimensioni si mantengono su livelli alti e stabili, è la dimensione della salute a crollare, trascinando con sé la valutazione complessiva della qualità del lavoro, scesa in un anno da 67,7 a 67 punti su 100.
Nonostante ciò, l’82,6% delle persone intervistate si dichiara soddisfatto del proprio impiego, in leggero aumento, e cresce la percezione di dare un contributo importante alla società, tanto che la dimensione della “motivazione” ha ottenuto il punteggio più alto dell’intera serie storica del Barometro, iniziata nel 2015.
Stress, sovraccarico e “presentismo”
Il carico di lavoro eccessivo si conferma la criticità maggiore. I dati del 2025 mostrano che il 42,4% dei lavoratori e delle lavoratrici si sente spesso o molto spesso stressato. A ciò si aggiunge un allarmante 41,1% di persone che sperimenta un frequente esaurimento emotivo al termine della giornata lavorativa (il 11,7% “molto spesso” e il 29,4% “spesso”). Tra coloro che si sentono spesso esausti, l’86,6% percepisce questo stato come un peso significativo nella propria vita.
Il fenomeno del presentismo – la tendenza a lavorare nonostante la malattia – è tornato a crescere. Dopo un breve calo durante la pandemia, è rapidamente tornato ai livelli pre-Covid, un segnale che, secondo lo studio, indica un crescente rischio per la salute. La metà degli individui intervistati dichiara di fare regolarmente straordinari e quasi un quarto (24,3%) supera le dieci ore di lavoro giornaliere, con un aumento del 2,5% rispetto all’anno precedente.
“Questi dati dimostrano che il sovraccarico non è più un’eccezione, ma la normalità per molti”, ha dichiarato Adrian Wüthrich, presidente di Travail.Suisse, durante la conferenza stampa di presentazione a Berna. La situazione è particolarmente critica in settori come l’educazione e l’insegnamento (53,7% di persone molto stressate), la ristorazione e l’alberghiero (50%) e le costruzioni (48,1%).
La difficile disconnessione dal lavoro
L’erosione dei confini tra tempo di lavoro e tempo privato è un’altra fonte di grave preoccupazione. Il 27,8% dei dipendenti dichiara di dover essere reperibile anche al di fuori dell’orario di lavoro. Di conseguenza, quasi un terzo delle persone intervistate (32,5%) lamenta di non avere tempo a sufficienza per recuperare le energie durante la settimana. A questo si aggiunge che il 21,7% ritiene di non avere abbastanza vacanze e giorni di ferie per potersi disconnettere efficacemente.
Per quasi una persona che lavora su cinque (18,9%) è praticamente impossibile conciliare vita professionale e privata. La situazione è ancora più difficile nel settore della ristorazione e alberghiero, dove la percentuale sale al 42,5%, e in quello dei trasporti e della logistica (32,8%). “Avere abbastanza energia per dedicarsi ad altro dopo il lavoro è diventato un privilegio”, commenta Jackie Vorpe, responsabile della politica di formazione di Travail.Suisse, che aggiunge: “Il lavoro non deve fagocitare la salute e la vita personale”.
Telelavoro, un’opportunità che crea un nuovo divario
Il telelavoro, ormai consolidato come modalità lavorativa per il 42,6% della popolazione attiva (in calo ovviamente rispetto ai picchi pandemici), si rivela un’arma a doppio taglio. Se da un lato chi lavora da casa riporta una maggiore soddisfazione generale (il 33,1% è “molto soddisfatto” contro il 29,5% di chi non lavora da casa), autonomia (82,2%) e tranquillità (77,8%), dall’altro questa flessibilità non è priva di controindicazioni. Il 26% lamenta la mancanza di contatti sociali e il 22,8% la distanza fisica daicolleghi e colleghe. Inoltre, l’home office, pur aiutando nella conciliazione, rende per alcuni più difficile la separazione netta tra i due ambiti.
Lo studio evidenzia una “nuova frattura nel mondo del lavoro”: da un lato, chi beneficia di flessibilità; dall’altro, chi è vincolato a modalità di lavoro rigide, con più stress e giornate più lunghe. “È necessario estendere a tutti i lavoratori maggiore libertà d’azione, prevedibilità e autonomia nella gestione del tempo”, aggiunge Wüthrich.
I giovani e il futuro, tra pressione e fiducia
I dati rivelano una particolare vulnerabilità dei giovani lavoratori (16-29 anni). Solo l’80,1% di loro riesce a conciliare facilmente lavoro e vita privata, contro l’84% della fascia 46-64 anni. Chi lavora da casa riesce con più facilità a conciliare in modo ottimale vita privata e lavoro, con le controindicazioni citate in precedenza.
Inoltre, quasi un terzo dei giovani (32%) non ha abbastanza tempo libero settimanale per recuperare. Questi dati sono corroborati da altri studi, come WorkMed 2025Collegamento esterno, secondo cui il 61% degli apprendisti ha affrontato problemi psicologici durante la formazione, e per il 30% di questi ciò ha avuto un impatto diretto sul percorso formativo.
Nonostante le difficoltà, la fiducia nel futuro professionale è in crescita: il 59,1% dei lavoratori e delle lavoratrici immagina di poter svolgere la propria attività attuale fino all’età di pensionamento, un aumento significativo rispetto al 55,5% del 2024. La fiducia cresce con l’età: se tra i 16-29enni è solo il 39,9% a vedersi nello stesso ruolo in futuro, la percentuale sale al 72% nella fascia 46-64 anni.
Anche la posizione gerarchica influisce: gli indipendenti (78,1%) e i manager (74,4%) sono i più fiduciosi. La percezione del rischio legato alla trasformazione digitale rimane contenuta: solo il 10,1% ritiene probabile che il proprio posto di lavoro venga sostituito dalla tecnologia nei prossimi 10 anni, con punte nel commercio al dettaglio (20,5%) e nel settore finanziario (19,8%).
Alla luce di questi risultati, Travail.Suisse ribadisce le sue richieste per un mercato del lavoro più sano: limitazione degli straordinari, garanzia del diritto al riposo e miglioramento dell’accesso alla formazione continua, soprattutto per chi lavora a tempo parziale, categoria in cui le donne sono ancora sovrarappresentate (il 58,4% delle donne lavora part-time contro il 21,1% degli uomini).
L’organizzazione sindacale chiede inoltre di valorizzare il lavoro a tempo parziale, riconoscendone il valore economico e sociale, e di rafforzare la protezione sociale per questi lavoratori. Sfide cruciali per risolvere il paradosso di un mondo del lavoro che motiva ma, al tempo stesso, consuma le energie dei suoi protagonisti.
>>Il servizio del TG 20.00 della RSI del 20 novembre 2025:
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