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Dazi USA: il Governo svizzero determinato a “proseguire le discussioni” con Washington

karin keller-sutter e guy parmelin
Il ministro dell'economia Guy Parmelin e la presidente della Confederazione Karin Keller-Sutter non hanno celato la loro preoccupazione per le nuove tariffe doganali. Keystone / Peter Schneider

Riunito in seduta straordinaria giovedì pomeriggio, il Consiglio federale spera ancora di “ridurre il più rapidamente possibile” i dazi doganali del 39% applicati da oggi dagli Stati Uniti. Berna ribadisce di non volere adottare misure di ritorsione.

Di ritorno da una visita lampo negli Stati Uniti, dove hanno incontrato tra gli altri il segretario di Stato americano Marco Rubio, la presidente della Confederazione Karin Keller-Sutter e il ministro dell’economia Guy Parmelin si sono presentati giovedì pomeriggio davanti ai media, al termine di una seduta straordinaria del Governo in cui si è discusso sul da farsi dopo l’entrata in vigore del dazio statunitense.  

“Sapevamo che, a corto termine, non sarebbe stato possibile fare in modo che Donald Trump modificasse la sua decisione. Ci vuole più tempo per trovare una soluzione”, ha spiegato Karin Keller-Sutter, sottolineando che l’obiettivo del viaggio a Washington era soprattutto di mantenere i canali negoziali aperti e presentare nel dettaglio la nuova offerta elvetica. 

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Dazi USA: Parmelin e Keller-Sutter rientrano a mani vuote

Questo contenuto è stato pubblicato al Il viaggio dei due consiglieri federali a Washington si è concluso con un nulla di fatto. Da oggi scatta il dazio del 39% sui prodotti svizzeri esportati negli Stati Uniti voluti dall’amministrazione Trump. 

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Il Governo svizzero intende quindi proseguire i colloqui con la controparte “per ottenere il prima possibile una riduzione delle tariffe doganali aggiuntive sui prodotti elvetici”, si legge in una notaCollegamento esterno. Alla fine, sarà comunque Donald Trump a decidere, ha osservato la presidente della Confederazione. 

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Nessuna ritorsione 

Il Consiglio federale ha ribadito che per ora non intende prendere contromisure nei confronti degli Stati Uniti. Ad esempio, negli scorsi giorni da più parti si è ventilata la possibilità di rinunciare all’acquisto dei caccia F-35. “Abbiamo detto che avremmo acquistato gli F-35 e il sistema Patriot e lo faremo”, ha precisato la consigliera federale. 

Karin Keller-Sutter ha inoltre sottolineato che bisogna tener conto dei rapporti di forza. La Svizzera non è la Cina, anche se “abbiamo qualche carta in mano”, ha aggiunto la responsabile del Dipartimento delle finanze. 

Accordo sì, ma non a tutti i costi 

“La Svizzera ha ricevuto un duro colpo, ma anche altri Stati hanno avuto notizie spiacevoli. Questo è il modo di lavorare negli Stati Uniti e bisognerà abituarsi”, ha dal canto suo dichiarato Guy Parmelin. 

“Abbiamo già attraversato situazioni piuttosto difficili e la Svizzera ne è uscita rafforzata. A volte è necessaria una certa pressione”, ha aggiunto Karin Keller-Sutter. Pur riconoscendo che l’esito dei colloqui è stato “una delusione”, è necessario andare avanti. “Dopo si è sempre più intelligenti”, le ha fatto eco il ministro dell’economia, rispondendo alla domanda di un giornalista che chiedeva se si potesse parlare di un “fiasco” del Consiglio federale. 

“Vogliamo un rapporto regolamentato con gli Stati Uniti, che sono un importante partner commerciale”, ha ancora dichiarato la presidente della Confederazione, precisando però che la Svizzera non è disposta “a pagare qualsiasi prezzo”.  

I settori più toccati 

Il ministro dell’economia ha spiegato che ad essere toccate dal dazio del 39% sono circa il 60% delle esportazioni di beni svizzeri negli USA. Per ora i settori farmaceutico, chimico e, in parte, dell’oro, sono esentati, ma Trump ha minacciato di imporre tariffe fino al 250% alle prime due categorie di prodotti.  

Una tariffa del 39% rappresenta senz’altro un carico pesante in particolare per l’industria delle macchine, dei dispositivi medici, quella alimentare (cioccolato e caffè in particolare, ma anche formaggio), e orologiera, ha osservato Parmelin. 

+ Industria farmaceutica, il tallone d’Achille della Svizzera nei negoziati commerciali con gli Stati Uniti

Durata del lavoro ridotto prolungata 

È chiaro, ha spiegato il consigliere federale dell’Unione democratica di centro, che non tutte le imprese verranno toccate allo stesso modo. In caso di difficoltà, le aziende potranno far capo al lavoro ridotto, un mezzo che si è dimostrato efficace in passato, in grado di preservare la capacità produttiva in caso di ripresa. 

Nel breve termine, ha aggiunto, si tratterà di accelerare le procedure affinché le società possano avere accesso a questo ammortizzatore sociale in tempi brevi. Tra l’altro, il ministro dell’economia ha fatto notare che tale strumento è stato portato da 12 a 18 mesi, periodo che potrebbe essere prorogato fino a 24 mesi (una decisione in merito verrà presa ancora questo mese dal governo). Oltre a ciò, la Segreteria di Stato dell’economia (Seco) dovrà elaborare altri strumenti per fronteggiare questa situazione. 

Per quanto attiene all’impatto macroeconomico dei dazi, Parmelin ha spiegato che non si può escludere un rallentamento della congiuntura, già previsto dagli esperti in giugno con dazi aggiuntivi al 10%, anche se non paragonabile a quanto accaduto con la pandemia. 

Il peggiore degli scenari si è avverato

Le reazioni dopo l’entrata in vigore del nuovo dazio continuano intanto a fioccare.  

Swissmem, l’associazione ombrello dell’industria tecnologica, parla del peggiore degli scenari che si è avverato. “Se questa onerosa tariffa doganale resterà in vigore, le esportazioni dell’industria tecnologica elvetica verso gli USA saranno di fatto azzerate, soprattutto alla luce dei dazi nettamente inferiori applicati alla concorrenza, l’Unione Europea e il Giappone”, ha avvertito l’organizzazione. 

“I negoziati devono comunque proseguire, perché il vento a Washington può cambiare direzione in qualsiasi momento”, ha affermato il presidente di Swissmem Martin Hirzel. “Lo dimostra la nuova minaccia del presidente degli Stati Uniti nei confronti dell’UE di introdurre dazi del 35%. Anche con accordi, nei prossimi anni sarà difficile ripristinare la certezza del diritto e la prevedibilità”. 

Dello stesso tenore la reazione di Economiesuisse, la federazione delle imprese svizzere, secondo cui senza una soluzione duratura alla controversia doganale l’economia elvetica d’esportazione rischia di subire notevoli svantaggi. 

Oltre a chiedere al Governo di continuare a negoziare con Washington, l’associazione domanda a Berna di adottare un pacchetto di misure volte a rafforzare la piazza economica, riducendo nel contempo gli oneri finanziari a carico di imprese e di lavoratori e lavoratrici. 

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