Bunker antiatomici, la Svizzera pensa anche ai frontalieri
 
Il Governo ha deciso di aumentare il numero di rifugi affinché, in casi di attacchi, incidenti o catastrofi, l'economia del Paese non venga costretta allo stop.
Nonostante la Svizzera sia storicamente neutrale e non sia mai entrata in guerra, il Paese ha comunque un esercito ed è nota la consuetudine di costruire un numero sufficiente di bunker antiatomici per ospitare tutta la popolazione.
Questo è dovuto a una legge federale introdotta negli anni Sessanta, durante la Guerra Fredda, quando anche la neutrale Svizzera temeva la minaccia atomica e una possibile invasione sovietica.
Questi rifugi per la popolazioneCollegamento esterno, comunemente noti come bunker antiatomici, sono stati progettati per proteggere la cittadinanza in caso di conflitto armato, attacchi terroristici con armi nucleari, incidenti chimici oppure in caso di catastrofi naturali. Ma la loro esistenza non è solo storia del passato: ancora oggi sono considerati utili e strategici per la sicurezza nazionale e l’obbligo di costruirli è ancora in vigore.
Tant’è che, secondo gli articoli 60 e 61Collegamento esterno[1] della Legge federale sulla protezione della popolazione e sulla protezione civile, ogni abitante deve disporre di un posto in un rifugio nelle vicinanze della sua abitazione. Nei comuni in cui tale quota non è raggiunta, chi costruisce nuovi edifici abitativi è tenuto a realizzarvi un rifugio ed equipaggiarlo.
E anche nel caso in cui la costruzione del bunker non sia obbligatoria, chi possiede un’abitazione deve tuttavia versare un contributo sostitutivo. Benché non uniforme a tutto il territorio nazionale, quest’ultimo si aggira oggi attorno agli 800 franchi per ciascun posto letto protetto. Dal 1° gennaio 2026, questa quota salirà ovunque in Svizzera a 1’400 franchi.
Con circa nove milioni di posti protetti disponibili nei 370’000 rifugi pubblici e privati, la Svizzera vanta un grado di copertura di oltre il 100% della popolazione. Ma tutto questo non sembra comunque permettere al Governo di dormire sonni tranquilli.
Posti letto non solo per residenti
Nella sua seduta del 22 ottobre, il Consiglio federale ha deciso di apportare delle modifiche all’ordinanza sulla protezione civile e alla strategia quadro per le costruzioni di protezione.
“Da un lato – si leggeCollegamento esterno sul sito dell’amministrazione federale – [il Governo] è intenzionato a garantire la salvaguardia del valore delle infrastrutture esistenti. Dall’altro, vuole sviluppare ulteriormente la rete di costruzioni di protezione e verificare quali infrastrutture si presterebbero come strutture di protezione alternative, ad esempio per i pendolari”.
 
Altri sviluppi
Al San Gottardo c’è un bunker da spostare
Restando fedele al motto “un posto protetto per ogni abitante”, l’Esecutivo ha quindi deciso di fare un ulteriore passo avanti. Nell’ordinanza si aggiunge anche una strategia quadroCollegamento esterno che contempla anche le lavoratrici e i lavoratori frontalieri attivi in Svizzera nel calcolo delle persone che dovessero necessitare di un rifugio.
“Importanti per il funzionamento dell’economia”
“La strategia quadro evidenzia che i rifugi tradizionali nel luogo di residenza restano importanti e che è quindi necessario garantirne la salvaguardia del valore per i prossimi decenni. [Il Consiglio federale] rileva inoltre l’importanza di proteggere anche le persone che presumibilmente continueranno a spostarsi in caso di conflitto armato, non da ultimo per mantenere in funzione l’economia e che potrebbero trovarsi lontano dal loro luogo di residenza e quindi anche dai rispettivi rifugi”.
>>> Per approfondire: “La Svizzera, ‘gold standard’ dei rifugi antiatomici”
Il documento non cita espressamente le lavoratrici e i lavoratori frontalieri. Ma, interpellato dal Corriere del TicinoCollegamento esterno, l’Ufficio federale della protezione della popolazione (UFPP) precisa: “L’obiettivo è fornire protezione temporanea alle persone che non si trovano nel loro luogo di residenza o nelle vicinanze di un rifugio assegnato. La base di calcolo per la pianificazione dei rifugi è la popolazione residente permanente, che quindi soggiorna in Svizzera da almeno un anno”. In caso di emergenza, viene però aggiunto, “si cercherebbe naturalmente di accogliere tutte le persone in cerca di protezione”.
Uno studio chiarirà in che modo verrà attuata questa protezione e quante persone dovranno essere incluse e in quali città e regioni. “Resta ancora da chiarire in quale misura si possa tener conto dei pendolari transfrontalieri”, conclude l’UFPP dalle colonne del foglio ticinese.
L’esempio ucraino
I recenti conflitti, si legge ancora sul sito dell’amministrazione federale in riferimento, in particolare, alla guerra in Ucraina, “mostrano che i combattimenti e gli attacchi non sono continui ed estesi a tutto il territorio, ma che in alcune regioni la vita lavorativa e quotidiana prosegue in modo quasi normale”.
Per proteggere la popolazione da attacchi sporadici con sistemi d’arma convenzionali a lungo raggio occorrono quindi strutture di protezione supplementari per chi si sposta per lavoro, soprattutto nelle grandi città e nei centri urbani.
 
Altri sviluppi
L’obbligo tutto elvetico di avere ognuno il proprio bunker antiatomico
Il finanziamento previsto
Dei 370’000 rifugi presenti su tutto il territorio elvetico, una buona parte è stata costruita oltre quarant’anni fa. Questo implica che, in molti casi, le strutture esistenti debbano subire ammodernamenti.
Nei prossimi 15 anni, la Confederazione prevede quindi di investire complessivamente 220 milioni di franchi per la ristrutturazione degli impianti di protezione. Si tratta infatti di costruzioni di cui gli organi di condotta e la protezione civile necessitano non solo in caso di conflitto armato, ma, come anticipato, anche nell’eventualità di catastrofi e situazioni d’emergenza.
Di questo importo totale, sono 135 i milioni già previsti nel bilancio ordinario, mentre i restanti 85 milioni rappresentano un fabbisogno supplementare che verrà discusso alle Camere.
[1] Fino al 2020, la parte concernente i rifugi compariva agli articoli 45 e 46 della stessa leggeCollegamento esterno, da qui il motivo per cui nel video ci si riferisce a questi due articoli e non agli attuali 60 e 61.
 
        In conformità con gli standard di JTI
Altri sviluppi: SWI swissinfo.ch certificato dalla Journalism Trust Initiative
 
 
     
    
Se volete segnalare errori fattuali, inviateci un’e-mail all’indirizzo tvsvizzera@swissinfo.ch.