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I settant’anni di Renato Zero

Renato Zero sul palcoscenico di Sanremo nel 2016
Renato Zero è stato negli anni '70 un personaggio dal look eccessivo e dalla esibita ambiguità che sfida le convenzioni. Qui a Sanremo 2016 con un look decisamente sobrio. Keystone / Claudio Onorati

Renato Zero ha compiuto 70 anni sfidando le regole del mercato: tre nuovi album, uno al mese per tre mesi, in un periodo difficilissimo per l'industria musicale.

D’altronde Renato Fiacchini, il nome con cui è iscritto all’anagrafe di Roma, alle sfide è abituato: da tempo produce tutto da solo, i nuovi dischi come i concerti. Ma a ben vedere il suo confronto con le convenzioni è cominciato da adolescente cresciuto in un quartiere popolare quando, figlio di un poliziotto e di un’infermiera, esibiva la sua ambiguità in un contesto poco incline ad accettare un certo tipo di atteggiamento e di look.

La carriera artistica l’ha cominciata da ragazzino, facendo una lunga gavetta. Il centro della sua formazione è stato il Piper, il locale di Roma che è stato il cuore del Beat italiano: all’inizio si è fatto notare come ballerino, entrando nei “Collettoni”, il gruppo che ballava negli spettacoli di Rita Pavone.

È proprio in questo periodo che nasce l’amicizia con Loredana Berté, che ha compiuto 70 anni il 20 settembre, e sua sorella Mimì (che diventerà Mia Martini). In particolare è con Loredana che condivide le esperienze nei Caroselli e nella versione italiana di “Hair” in cui in compagnia c’è anche un giovanissimo Teo Teocoli. Prima del definitivo successo fa in tempo anche a fare la comparsa nel “Satyricon” e nel “Casanova” di Fellini.

È con l’inizio degli anni ’70, l’avvento di David Bowie-Ziggy Stardust e del Glam rock, che Renato Zero trova la sua identità artistica: un personaggio dal look eccessivo e dalla esibita ambiguità che sfida le convenzioni, dà voce ai ragazzi delle periferie e canta canzoni che possono descrivere situazioni sessualmente trasgressive così come posizioni anti abortiste e contro la droga.

È nel 1977 che con l’album “Zerofobia” (Rolling Stone Italia lo ha inserito nei 100 album italiani più belli di sempre) che comincia a frequentare i piani alti delle classifica grazie a brani come “Mi vendo”, “Morire qui” e “Il cielo”, uno dei classici del suo repertorio.

In questi anni Renato diventa una sorta di messia delle periferie, seguito da un pubblico adorante che non lo abbandonerà più: in principio sono gli “Zerofolli”, poi ribattezzati “Sorcini”.

Il culmine di questo periodo è rappresentato dai concerti in un tendone da circo, “Zerolandia”, stesso titolo di uno degli album più fortunati della sua carriera. Dopo la chiusura di Zerolandia, gli anni ’80 li comincia con una conferenza stampa organizzata allo Zoo di Roma: Renato e alcuni figuranti sono vestiti da leoni e dentro la gabbia. Uno sberleffo kitsch per lanciare “Leoni si nasce” che staziona per poco tempo al primo posto. Inizia il periodo meno felice della sua carriera, concluso nel 1989 da “Voyeur”, un lavoro prodotto da Geoff Wesley, dal suono e il respiro internazionali.

Il suo rilancio avviene grazie alla prima partecipazione al festival di Sanremo. È il 1991, da tempo ha abbandonato i look eccessivi che lo hanno reso famoso.   

L’omaggio nel telegiornale del nostro corrispondente da Roma che lo ha pure intervistato:

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tvsvizzera.it/fra con RSI
 

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