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L’Italia pensa in piccolo, la Francia gode

Persone in coda al museo del Louvre a Parigi in un giorno d'estate, 14 agosto 2013 keystone
Questo contenuto è stato pubblicato il 30 agosto 2016 - 10:15
Massimo Donelli

Una sera di molto tempo fa, a una festa romana di compleanno, Flavio BriatoreLink esterno disse questa piccola, grande (e inconfutabile) verità: "L'Italia? Possono copiare tutto quello che facciamo e abbiamo, tranne il paesaggio e i beni culturali".

Giusto.

Le parole di Briatore mi sono venute in mente dopo aver passato un'intera giornata a La cité du vinLink esterno di Bordeaux, gioiello architettonico che racchiude un fantastico museo interattivo del vino nel territorio più pregiatoLink esterno della grande scuola enologica francese.

Bello, bellissimo, emozionante.

Vi consiglio assolutamente di programmare una visita.

Resterete storditi.

Imparerete un sacco di cose.

E, all'uscita, ne sono certo, vi domanderete (come mi sono chiesto io): perché non c'è in Italia un posto così?

Già, perché?

Credo di poter rispondere.

Ma, prima, vi prego, seguitemi in una piccola…via crucisLink esterno.

Pizza HutLink esterno e Domino's PizzaLink esterno hanno costruito due grandi catene multinazionali sul prodotto tricolore per antonomasia: la pizza.

Non c'è traccia di una catena pizzaiola internazionale made in Italy, mentre Domino's è appena sbarcato a Milano.

StarbucksLink esterno ha fatto dell'espresso l'elemento distintivo della sua offerta di prodotti, molti dei quali portano nomi italiani.

Meglio ancora il capolavoro realizzata da NestléLink esterno con le capsule NespressoLink esterno.

IllyLink esterno e LavazzaLink esterno?

A Trieste e a Torino si sono svegliati tardi.

Ora inseguono con affanno…

Andiamo avanti.

ZaraLink esterno e H&MLink esterno hanno creato due colossi mondiali del pret-a-porterLink esterno che spopolano anche nella capitale della moda, Milano.

Dov'è finito il pioniere BenettonLink esterno?

In coda…

IkeaLink esterno è diventata una multinazionale del mobile componibile.

E la ricca, famosissima, truciolare BrianzaLink esterno si è fatta bagnare il naso.

Non basta.

Tutti pensano che nel match enogastronomico tra la douce France e la bell'Italia sia la prima ad essere in vantaggio su tutti i fronti.

Sbagliato.

L'Italia ha più formaggi della Francia (487 contro 246); lo spumante italiano batte lo champagne francese (320 milioni di bottiglie esportate contro 307); i prodotti italiani a denominazione d'origine registrati e tutelati nell'Unione europea sono 271, quelli francesi 253; e, dopo anni di primato, solo nel 2014 l'Italia è stata sormontata dalla Francia nella produzione di vino: 44,7 milioni di ettolitri (-17% rispetto al 2013) contro 46,7 (+11%).Link esterno

E allora perché sembra che la Francia trionfi da sempre e comunque?

Risposta facile…

La Francia ragiona in grande; e, soprattutto, si muove – anche mediaticamente - come sistema (territorio, produttori, amministrazione pubblica).

L'Italia ragiona in piccolo, anzi piccolissimo: in maniera individuale.

Loro compatti, come in una mischia di rugby (sport nazionale).

Noi sparpagliati, rari nantes in gurgite vastoLink esterno (ognuno appeso al proprio campanile).

Ancora.

L'Italia ha la leadership indiscussa nel lussoLink esterno, ma tutti i più importanti media femminili internazionali che parlano del lusso – e dettano legge - sono francesi: Marie ClaireLink esterno, ElleLink esterno, Au femininLink esterno (nato a Paigi e poi acquisito dai tedeschi di Axel SpringerLink esterno).

Così il percepito è, una volta di più, capovolto: Francia batte Italia (balle!).

Ultimo paradosso: l'Italia ha il più importante e vasto patrimonio culturale del mondo, ma il più famoso museo del pianeta, il LouvreLink esterno, è in Francia.

Come mai?

Perché l'Italia non ha – non lo ha – un grande museo nazionale.

Certo, ci sono la Pinacoteca di BreraLink esterno a Milano, gli UffiziLink esterno di Firenze, il Museo archeologico di NapoliLink esterno, il Museo egizio di TorinoLink esterno

Ma manca uno spazio unico dove concentrare il meglio di tutto.

Si potrebbe realizzare (al Quirinale, per esempioLink esterno) senza svilire i grandi musei locali citati prima e rimpiazzando le opere prescelte con le migliaia sepolte nei depositi inaccessibiliLink esterno delle varie strutture (un male diffuso nel mondo…)Link esterno.

E qui torniamo alle parole di Briatore.

Nessuno può clonare l'immenso patrimonio artistico italiano.

E nessuno può clonare il paesaggio, non adeguatamente tutelato (i terremoti e le alluvioni insegnano…) né adeguatamente messo a reddito.

L'Italia, infatti, è solo quinta nella classifica mondiale del turismo!Link esterno

Dopo, indovinate un po', Francia (rieccola…), Stati Uniti, Cina e Spagna.

Pazzesco, no?

Eppure basterebbe poco.

Pochissimo.

Basterebbe ragionare e agire come una nazione non solo quando giocano gli AzzurriLink esterno.

Basterebbe pensare in grande e muoversi di conseguenza, clonando pari-pari lo sciovinismo francese.

L'avessimo fatto qualche anno fa, Starbucks e compagnia bella sarebbero avamposti made in Italy del made in Italy.

E invece tocca piangere sulle occasioni perdute.

Invidiando i cugini d'Oltralpe che, ora, con La cité du vin vanno ancora più alla grande.

E, tanto per cambiare, ci guardano dall'alto…

Segui @massimodonelliLink esterno

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