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Gaffes, Svizzera-Tunisia 1-2

Europa de che? Corrado Mordasini

La visita del presidente tunisino a Berna finisce in un mezzo incidente diplomatico

Il 18 febbraio è giunto in Svizzera per una visita di stato il presidente tunisino Beji Caid Essebsi. Avrebbe dovuto essere a Berna già lo scorso novembre ma il viaggio era stato rimandato a causa di un attentato perpetrato nel paese africano contro la Guardia nazionale.

“Con questa visita -si leggeva nel comunicato rilasciato dall’Amministrazione federale pochi giorni prima- la Svizzera rende onore al cammino percorso dalla Tunisia negli ultimi anni (dopo la Rivoluzione dei gelsomini) verso la democrazia e lo Stato di diritto. Si tratta altresì un’opportunità per rafforzare ulteriormente le relazioni bilaterali sotto il profilo politico ed economico”.

Le solite parole di circostanza all’insegna del volemose bene che precedono ogni visita di stato, insomma.

Anche se a onor del vero già nello stesso comunicato, tra i temi della visita -insieme a relazioni economiche, programma di cooperazione, dialogo sulla migrazione, lotta al terrorismo e altre amenità- un accenno alla questione spinosa c’era: “Sarà affrontato anche il tema del congelamento in Svizzera dei fondi dell’ex Presidente Ben Ali e del suo entourage”.

Ora: qui la questione va chiarita. Nelle banche svizzere, com’è risaputo, vi sono molti capitali di ex dittatori. Milioni e milioni di franchi. Ma la Svizzera, prima di restituirli, pretende garanzie sulla transizione dei vari paesi verso la democrazia. Questo per non dare i soldi di un dittatore a un altro dittatore (anche se i maligni potrebbero dire che intanto i soldi rimangono nelle casseforti rossocrociate).

D’altro canto è ben chiaro che per un paese che sta faticosamente uscendo dal periodo della dittatura, fronteggiando povertà e integralismo, i capitali di Ben Alî sarebbero grasso che cola.

Per cui che ci possa essere stato qualche argomento di frizione (rimasto assolutamente riservato) è possibile.

Ma da qui alla tragicommedia a cui si è assistitoCollegamento esterno nella cerimonia ufficiale ce ne passa. Ha iniziato Essebsi con una frase apparentemente innocente, ma che in Svizzera, in piena rimessa in discussione degli accordi bilaterali e del rapporto con l’U.E., è quasi una bomba: “La Svizzera ha un ruolo importante nell’Europa –ha incautamente proferito il presidente tunisino- mettendoci poi il carico da undici con l’aggiunta “so che si è unita all’Unione Europea abbastanza tardi, ma il suo ruolo è importante”. Solo che come (quasi) tutti sanno la Svizzera nell’U.E. non ci è mai entrata e al momento sembra pure difficilotto anche solo immaginarcela dentro. 0 a 1.

Non sappiamo se sia stato questo a irritare il presidente della Confederazione Johann Schneider-Ammann, o se si fosse semplicemente alzato col piede sbagliato quel giorno, sta di fatto che quando ha preso la parola, ha utilizzato la lingua più diffusa in Svizzera, il tedesco. E allora? Direte voi. E allora si è trattato di una violazione del protocollo, che in linguaggio diplomatico è una cosa che sfiora l’insulto. Anche perché Svizzera e Tunisia, in comune una lingua ce l’hanno: il francese (secondo idioma rossocrociato e lingua ufficiale ai tempi della colonia francese per il paese maghrebino). Proprio per questo gli accordi erano che tutti si esprimessero in francese. E siamo sull’1 a 1.

Che doveva fare a questo punto il povero Essebsi? Impossibile ricorrere al francese dopo lo sgarbo subito. Per cui ha pensato bene di aggiungere pepe al tutto e rivolgendosi direttamente a Schneider-Amman ha dichiarato: “Avremmo dovuto parlare in francese, ma siccome lei ha parlato in tedesco allora io mi esprimerò in arabo”. 1 a 2 e tutti a casa.

Rimane la curiosità di cosa si siano detti i due (e in quale lingua) nelle discussioni riservate, considerato che uno dei cui principali argomenti era la (sic!) cooperazione.

De facto, però, in via ufficiale l’incontro è ovviamente andato benissimo e le relazioni tra Svizzera e Tunisia sono ottime.

A Roma direbbero “Avoja!”

Gino Ceschina

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Illustrazione di Corrado Mordasini

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