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Frontalieri, croce e delizia del futuro governatore

I frontalieri sono tanti, troppi anche per chi governerà la Lombardia dopo le elezioni del 4 marzo. Non tanto per i "problemi" che causano alla Svizzera, e al Ticino in particolare, quanto invece perché indice della debolezza economica della Lombardia, un tempo una delle locomotive regionali d'Europa. E per i candidati alla presidenza, rilanciare la Regione resta la priorità numero uno.

Questo contenuto è stato pubblicato il 24 febbraio 2018 - 11:14

Lavoro, migranti, sicurezza e sanità. Questi i temi più sentiti nella tornata elettorale per le regionali in Lombardia. La questione dei frontalieri, per contro, è poco dibattuta. 

"Il problema esiste, preoccupa: si deve rilanciare l'economia lombarda"

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Forse perché coinvolge una minima parte della popolazione lombarda. Anche se giornalmente circa 65 mila italiani varcano il confine per lavorare in Ticino e nei Grigioni. E l'evoluzione in questi anni (si veda la tabella) è decisamente verso un marcato aumento dei lavoratori italiani in Ticino. Un cantone che non si lamenta di per sé per il numero elevato dei frontalieri bensì delle conseguenza di questo aumento: dal dumping salariale alla recente sostituzione della manodopera ticinese a favore di quella italiana.

Allora abbiamo deciso di sentire i tre principali candidati alla presidenza della Regione Lombardia proprio sul tema "frontalieri" perché volenti o nolenti è e resta un tema anche lombardo.


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Come la pensano Fontana, Violi e Gori

Per l'ex sindaco di Varese, il leghista Attilio FontanaLink esterno, il tema dei frontalieri è cosa nota. Dalla provincia di Varese sono ben 25 mila i frontalieri che ogni giorno si recano in Ticino per lavorare. Fontana, che non nega il problema, ricorda che per la Lombardia il frontalierato è una grande opportunità mentre per il Ticino è comunque una necessità. Ticinesi e lombardi sono culturalmente vicini, sottolinea, ora l'importante è trovare un accordo che sia vantaggioso per tutti. un accordo, che ricordiamo, è fermo a Roma ormai da anni.

Dario VioliLink esterno, bergamasco del Movimento 5 Stelle, punta sulla creazione di posti di lavoro - buoni posti di lavoro - in Lombardia per "combattere" il frontalierato. Violi si sofferma anche sulla delocalizzazione delle aziende lombarde in Ticino. Aiutare le aziende a restare in Italia resta prioritario e occorre rendere attrattivi anche i comuni di frontiera con delle zone a economia speciale. Soprattutto per evitare la perdita di posti di lavoro e di conseguenza la perdita di entrate fiscali per l'Italia.

Giorgio GoriLink esterno, che pure lui ammette che il fenomeno ha raggiunto livelli preoccupanti, punta l'indice contro un'economia lombarda che viaggia da troppo tempo con il freno tirato. Dovesse la Lombardia ripartire (cosa che sembra sia il caso), ricorda il candidato del centrosinistra, la conseguenza diretta sarebbe la riduzione dei frontalieri. Gori si sofferma pure sulla futura tassazione dei frontalieri, prevista dall'accordo italo-svizzero (come detto ancora fermo a Roma). Il principio che i frontalieri siano tassati come i lavoratori italiani non dispiace. Basta sia introdotta gradualmente nel tempo: non deve essere uno choc per i frontalieri.


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