La Scuola universitaria di scienze applicate di Zurigo ha lanciato un videogioco che aiuta rifugiate e rifugiati a scoprire la città.
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tvsvizzera.it/mrj
Un progetto lanciato dalla scuola universitaria di scienze applicate di Zurigo si è posto l’obiettivo di aiutare rifugiate e rifugiati ucraini a scoprire la città attraverso un videogame, che punta sull’architettura urbana, portando sulla Limmat anche alcuni monumenti di Kiev.
Goiocatrici e giocatori di “Where am I?” (“Dove mi trovo?”) sono immersi in una ricostruzione in 3D della città sulla Limmat. Dopo un po’ alcuni dei simboli urbani – come per esempio il Fraumünster – scompaiono, dissolvendosi nell’aria. L’obiettivo del gioco diventa allora quello di ricostruirli, componendo dei pezzi di puzzle sparsi in città.
Andri Gerber, della scuola universitaria di Winterthur, è all’origine del progetto che ha coinvolto anche sviluppatori e sviluppatrici di origine ucraina, come per esempio Mariana Kass.
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Il gioco si rivolge soprattutto alle profughe e ai profughi più giovani: “Uno magari ha tendenza a rimanere nel suo spazio, senza avere il coraggio di uscire per conoscere la città – spiega Gerber ai microfoni della Radiotelevisione svizzera – e il medium videogioco è fantastico perché ti invoglia a partecipare e ti dà un altro accesso alla realtà. La conosci prima nel tuo videogioco e poi esci fuori per confrontare la realtà con il videogioco, è quindi una specie di chiave di volta per aiutarti a uscire”.
Zurigo, ma non solo
Una volta risolti tutti i puzzle, nella Zurigo virtuale appaiono all’improvviso dei monumenti simbolo di Kiev, come per esempio la chiesa di S. Andrea al posto del Fraumünster. Una sorta di gemellaggio virtuale fra le due città.
La chiesa di S. Andrea a Kiev.
wikipedia
Per Mariana Kass, arrivata a Zurigo nel marzo del 2022, questo progetto “potrebbe unire la gente, far vedere, attraverso l’architettura delle nostre città, quanto siamo simili”.
I messaggi che appaiono nel videogame sono tradotti in ucraino e informano sulla storia e sull’architettura di Zurigo. Non è però una prima: “C’è una tradizione di videogiochi in questo senso. Esistono dei programmi dell’Unesco. Si sa che il videogioco, di per sé, è una cosa frivola, ma può avere effetti molto positivi”, aggiunge Andri Gerber.
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