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Un servizio civico obbligatorio per tutti (donne comprese)

Giovani impegnati in lavori di utilità pubblica durante il servizio civile nel Canton Svitto.
Giovani impegnati in lavori di utilità pubblica durante il servizio civile nel Canton Svitto. © Keystone / Urs Flueeler

Sull’iniziativa si dovranno esprimere ora le Camere e le urne e se venisse accettata potrebbe essere una piccola rivoluzione per la popolazione elvetica.

L’iniziativa popolare “Per una Svizzera che si impegna (Iniziativa Servizio civico)” è formalmente riuscita: è stata quindi raggiunta la soglia di firme (100’000) prevista dalla Costituzione federale per attivare la procedura che porterà il testo alle Camere federali e successivamente, a meno che nel frattempo non venga ritirata, al voto popolare.

Delle 107’871 sottoscrizioni inoltrate dalle promotrici e dai promotori alla Cancelleria federale a fine ottobre, 107’613 sono risultate valide. L’idea di fondo della proposta, che ha avuto adesioni traversali come testimonia la presenza di rappresentanti di diversi partiti nel comitato, è quella di imporre a tutti i cittadini e cittadine un periodo da dedicare per la collettività e l’ambiente, superando il concetto di leva militare obbligatoria riservata esclusivamente ai maschi, cui si è affiancata negli anni l’alternativa, a determinate condizioni per i coscritti, del servizio civile.

Un servizio equivalente alla leva e inclusivo

Lo spunto è partito dall’associazione servicecitoyen.chCollegamento esterno fondata a Ginevra, cui hanno aderito numerosi politici provenienti da praticamente tutti i partiti, militari e rappresentanti della società civile.

+ Un servizio civile per tutti

Come è ovvio questo servizio a favore della comunità potrebbe continuare a essere svolto in seno all’esercito o nella protezione civile ma anche in un altro servizio di milizia, secondo quanto avanza il comitato promotore. Unico limite previsto riguarda gli effettivi destinati all’esercito e alla protezione civile che dovranno essere garantiti in funzione delle loro esigenze.

La tassa d’esenzione (per chi non svolge il servizio militare), l’indennità per perdita di guadagno e le altre disposizioni esistenti in materia rimarrebbero invariate mentre la legge dovrebbe regolare l’impiego di cittadini e cittadine straniere.

Nell’opinione dei promotori, la loro iniziativa costituisce un passaggio storico per il Paese, a due livelli: da un lato attuerebbe il principio di uguaglianza di genere nel servizio comunitario che vedrebbe creato e dall’altro riconoscerebbe le forme di servizio civile come equivalenti al servizio militare. La Svizzera passerebbe così da un obbligo di servizio esclusivamente militare e maschile a un impegno di milizia per tutti.

La milizia, un concetto elvetico

Naturalmente questo progetto finirebbe per rivoluzionare l’assetto, affinatosi negli anni, del sistema di milizia che ha le sue origini nella storia stessa della Svizzera ed è uno dei cardini della democrazia partecipativa elvetica. E conseguentemente, ogni minima modifica apportata allo stesso viene soppesata e valutata approfonditamente prima di venire deliberata, per scongiurare che venga intaccata l’essenza stessa della Confederazione.

È infatti dal Medioevo che si è affermata l’idea “repubblicana” del popolo in armi da contrapporre agli eserciti monarchici e imperiali contro cui i cantoni coalizzati hanno combattuto per conquistare la loro autonomia (trasformatasi ben presto in indipendenza). Non a caso il servizio militare obbligatorioCollegamento esterno (e il divieto di truppe permanenti nell’esercito) fu iscritto nelle Costituzioni del 1848 e 1873 e nella revisione del 1999 venne esplicitamente menzionato l’esercito di miliziaCollegamento esterno (art. 58).

Milizia e democrazia

Il concetto di milizia, sorto in ambito militare, si estese nei secoli anche alle cariche locali e alla politica (oggi l’intero assetto istituzionale e amministrativo elvetico, dai Comuni ai Cantoni e alla Confederazione è connotato da questo concetto).

Divenne consuetudine per i cittadini e le cittadine assumersi a titolo onorifico e non retribuito incarichi e responsabilità in favore della collettività, che peraltro conoscevano già istituti di democrazia diretta e partecipativa (per la gestione dei pascoli comuni o di ogni altra tematica di valenza pubblica). E l’idea di un servizio civico è in perfetta continuità con questa tradizione.

In Svizzera, il servizio militare è distribuito su più anni: dopo la scuola reclute di 18 settimane, ogni soldato deve effettuare dei corsi di ripetizione annuali fino a circa 30 anni, per un totale di 245 giorni di servizio per un soldato semplice. Chi sceglie il servizio civile deve invece svolgere un servizio 1,5 volte più lungo di quello militare.

Gli eventuali aspetti critici della proposta sorgono non tanto (come appena visto) sul piano ideologico-concettuale ma dal punto di vista pratico. Già oggi infatti le forze armate svizzere sono confrontate con problemi di organico, soprattutto dopo l’introduzione di agevolazioni in favore del servizio civile (nato nel 1996), che hanno creato buchi nell’arruolamento delle nuove leve.

Da quando, nel 2009, è stato abolito l’esame di coscienza che condizionava l’accesso a impieghi alternativi al servizio militare per gli “obiettori di coscienza”, sono quadruplicati i giovani che hanno snobbato la divisa verde (dai 1’632 del 2008 agli oltre 6’635 del 2022).

Secondo il censimento dell’esercito 2022, l’effettivo delle forze armate svizzere ammonta 151’299 militari (più dei 140’000 richiesti). Tuttavia, secondo le previsioni a partire dal 2030 il numero di soldati si ridurrà in modo piuttosto sostanziale. Già oggi comunque mancano quadri nei corsi di ripetizioni, medici nei servizi sanitari e altre figure particolari. Si tratta spesso di persone che optano per il servizio civile dopo la scuola reclute per esigenze private o professionali. Si parla di 10’000-11’000 persone all’anno che lasciano la coscrizione, il 60% dei quali in favore del servizio civile.

Donne nell’esercito

Sulla questione di genere, enunciata nell’iniziativa Servizio civico, va aggiunto che sono già in corso discussioni in ambito politico per estendere l’obbligatorietà della leva all’universo femminile, sul modello della Svezia e della Norvegia. Dal 1939 le donne possono essere integrate nelle forze armate (nel Servizio complementare femminileCollegamento esterno) ma il loro numero rimane esiguo.

Un leggero incremento del loro numero si è registrato proprio ultimamente: nel 2022 sono state 1’778 le militari che hanno prestato servizio, circa il doppio di cinque anni prima.  Un loro ulteriore aumento potrebbe contribuire a risolvere, nei progetti dei vertici militari, le previste carenze di effettivi nelle forze armate svizzere.

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