Dal 1993 gli 007 svizzeri sapevano che dietro alla Crypto vi era la CIA
Una delegazione del Parlamento svizzero è giunta alla conclusione che i servizi segreti elvetici erano al corrente che la CIA e la BND tedesca utilizzavano gli apparecchi crittografici prodotti dall'azienda di Zugo Crypto per spionare altri Stati. Il Governo svizzero era invece all'oscuro di tutto.
“Il Servizio informazioni strategico (SIS) sapeva fin dal 1993 che dietro la Crypto AG vi fossero servizi informazioni esteri” e, in seguito, ha potuto procurarsi informazioni raccolte grazie agli apparecchi crittografici della ditta con sede a Zugo “con l’accordo dei servizi segreti americani”, si legge nel rapporto pubblicato martedì dalla Delegazione delle Commissioni della gestione (DelCG).
Per la DelCG, da un punto di vista giuridico comunque “era ammissibile che il servizio informazioni svizzero e servizi esteri utilizzassero congiuntamente un’impresa con sede in Svizzera per procurarsi informazioni concernenti l’estero”.
D’altro canto, però, vista la “grande portata politica” di una simile collaborazione sarebbe stato opportuno che il Governo ne venisse informato. Ciò è però avvenuto solo alla fine del 2019.
“Il fatto che il Consiglio federale sia rimasto all’oscuro della collaborazione così a lungo rappresenta anche una lacuna nella gestione e nella vigilanza da parte del Governo – prosegue la DelCG. Di conseguenza il Consiglio federale è da ritenersi corresponsabile dell’esportazione, per molti anni, di apparecchi crittografici «deboli» da parte della Crypto AG”.
Sullo scambio di informazioni con i servizi esteri, il consigliere agli Stati Philippe Bauer ha fatto l’esempio del sequestro nel 2008 di Rachid Hamdani e Max Göldi da parte della Libia, una ritorsione in seguito a una vicenda giudiziaria che aveva coinvolto un figlio di Gheddafi a Ginevra. “Le informazioni ottenute hanno permesso di “evitare problemi ancora più importanti per il nostro Paese”, ha spiegato il ‘senatore’.
Secondo indiscrezioni apparse sulla stampa nei giorni scorsi, il Dipartimento federale degli affari esteri avrebbe all’epoca preparato un’operazione di esfiltrazione che sarebbe probabilmente finita male. Grazie alle informazioni ricevute, la missione invece ha potuto essere fermata all’ultimo momento.
Raccomandazioni
Il rapporto pubblicato martedì contiene anche una serie di raccomandazioni. Viene ad esempio chiesto alla consigliera federale Viola Amherd, responsabile del Dipartimento della difesa (DDPS) e alla sua segreteria generale, di organizzarsi per informarsi immediatamente in futuro e in modo autonomo sulle questioni legate all’intelligence.
La Confederazione è poi invitata a non acquistare soluzioni di crittografia da fornitori stranieri. Da parte sua l’esercito deve conservare competenze sufficienti in materia per poter valutare la sicurezza delle soluzioni acquisite dallo Stato.
Il DDPS deve anche occuparsi dell’archiviazione dei documenti relativi alle attività informative. La sua Segreteria generale è chiamata ad assicurare l’archiviazione della documentazione personale degli ex capi dipartimento.
La sinistra chiede una commissione d’inchiesta
La pubblicazione del rapporto ha suscitato innumerevoli reazioni. Socialisti e Verdi hanno chiesto l’istituzione di una commissione parlamentare d’inchiesta parlamentare, insistendo sul fatto che si tratta di un grave scandalo che va sanzionato.
Di tutt’altra opinione il Partito liberale radicale, che non ritiene necessario scavare più a fondo. Quanto emerso finora dimostra che gli interessi di Berna non sono stati messi in pericolo e che le attività sono servite alla sicurezza interna della Svizzera.
Per il Partito popolare democratico, a cui appartiene la ministra della difesa Viola Amherd, il rapporto ha fatto trasparenza sulle attività della Crypto.
tvsvizzera.it/mar/ats con RSI (TG del 10.11.2020)
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