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Sulla grotta thailandese incombe il monsone

L'acqua nella grotta scende, ma non abbastanza in fretta. E nuove piogge incombono: è corsa contro il tempo per recuperare i 12 giovani calciatori thailandesi intrappolati da ormai tredici giorni con il loro allenatore nella grotta di Tham Luang. Ma cercare di farli uscire subito è ancora troppo pericoloso. Molti sono estremamente deboli ed il viaggio sott'acqua, di almeno 6-8 ore, ancora troppo lungo.

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Il dilemma per i soccorritori si fa così più pressante con il passare delle ore. Il ritorno dei monsoni, con intense piogge previste da sabato fa paura e se il livello dell’acqua nella grotta dovesse salire, i progressi degli ultimi giorni sarebbero di colpo cancellati, rendendo impossibile portare i giovani calciatori in salvo per settimane o mesi.

Le squadre dei soccorsi continuano a lavorare senza sosta e, con un occhio al cielo, mantengono aperte tutte le opzioni. “Se il volume dell’acqua aumenterà con la pioggia, dovremo calcolare quanto tempo avremo, quante ore, quanti giorni. Rischieremmo di tornare alla situazione in cui ci trovavamo all’inizio”, ha detto questa mattina il governatore Narongsak Osatanakorn, che dirige le operazioni. Le autorità non hanno fornito altri aggiornamenti nelle ore successive, il che fa capire come il momento del blitz sia ancora lontano e l’emergenza ancora in stallo.

Le condizioni dei ragazzi sono migliorate 

I ragazzi ovviamente rimangono deboli, come è evidente dai video diffusi dai Navy Seal thailandesi che hanno fornito loro cibo, cure mediche e supporto psicologico. Pianificare il recupero è un’odissea logistica: tra l’entrata della grotta e la sponda fangosa dove il gruppo è bloccato dal 23 giugno ci vogliono quasi sei ore, ovviamente da raddoppiare considerando il ritorno. E con i ragazzi a rimorchio e il bisogno di farli riprendere fiato, i tempi si allungherebbero ancora. Senza considerare che potrebbero essere colti da crisi di panico che metterebbero a rischio non solo la loro vita ma anche quella dei soccorritori.

Un miglioramento significativo è stato segnalato nel primo chilometro e mezzo della grotta, dove l’acqua è scesa a un livello che rende il tratto percorribile a piedi. Ma è la parte più in profondità, lunga oltre due chilometri, a essere ancora largamente impraticabile, con tortuosi cunicoli ancora sommersi in alcuni casi fino al soffitto, e almeno una caverna dove è necessario immergersi e nuotare nell’acqua fangosa. Dalla base di rifornimento più vicina ai ragazzi fino al punto in cui sono intrappolati, solo un’élite di tuffatori è capace di fare la spola.

Addestramento dei ragazzi

I ragazzi – tutti tra gli 11 e i 16 anni, molti dei quali incapaci di nuotare – continuano a essere addestrati alle immersioni, ma non c’è tempo per un training sufficiente con le proprie bombole. Una delle ipotesi è di trasportarli completamente sigillati in una tuta apposita con casco e respiratore connesso alla bombola di chi gli sta davanti. Un cavo-guida con frequenti luci e soste lungo i cunicoli sono in via di installazione. La strada più sicura resta comunque quella di un percorso senza immersioni complete. 

Ma drenare gli interi quattro chilometri in così poco tempo è praticamente impossibile. Si continua, intanto, a cercare anche possibili uscite alternative ma finora senza successo. Anche perché, dato che la grotta si incunea sotto una montagna, si calcola che il gruppo sia almeno 800 metri sotto la superficie. Ma se una decisione sul blitz non avverrà entro gli incombenti temporali, si rischia di dover ricorrere all’opzione che tutti vorrebbero scongiurare: un’attesa senza fine e dagli esiti non certo scontati.



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