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Tasse dei frontalieri, “rispettato il volere del parlamento”

I ministri degli Esteri Cassis e Alfano
Per il suo primo viaggio all'estero, il neo consigliere federale Ignazio Cassis ha scelto Roma. Keystone

«Ieri Angelino Alfano è stato rispettoso delle prerogative del parlamento», ha rilevato il deputato Enrico Borghi (Pd) in relazione alla visita del neo ministro degli Esteri svizzero Ignazio Cassis a Roma, in cui il capo della Farnesina ha informato il suo interlocutore sul sostanziale rinvio alla prossima legislatura della firma da parte di Roma dell’accordo sul nuovo regime fiscale dei frontalieri italiani attivi nella Confederazione.

Insieme ad altri sette parlamentari democratici il deputato ossolano negli scorsi giorni aveva invitato il capo della diplomazia italiana a non accelerare l’intesa con Berna, che preoccupa i circa 70’000 pendolari lombardi e piemontesi impiegati in Svizzera. E di tornare alla mozione votata alla Camera l’11 febbraio dello scorso anno in cui è contenuta una serie di paletti a tutela dei frontalieri, prima del via libera all’accordo fiscale.

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Ignazio Cassis e Angelino Alfano

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Discriminazioni da eliminare

“Occorre tenere assieme il tema fiscale con la questione dei diritti – osserva Enrico Borghi – che passa attraverso la definizione dello statuto del lavoratore frontaliere, su cui è stata appena insediata una commissione speciale proprio alla Farnesina”. Vanno infatti prima eliminati, continua il parlamentare vogognese, quegli elementi di sperequazione dati per esempio dalla diversa tutela dei lavoratori negli ordinamenti dei due paesi e dall’inadeguato riconoscimento dei titoli di studio.

In questa prospettiva quindi l’aspetto fiscale, che sta tanto a cuore nella Confederazione – dove si spera in un effetto disincentivante sui frontalieri delle nuove norme concordate nel dicembre del 2015 – non rappresenta una questione essenziale per i rappresentanti dell’attuale maggioranza che sostiene il Governo Gentiloni. “Bisogna puntare a una vera integrazione tra Piemonte, Lombardia e i cantoni Vallese, Ticino e Grigioni – specifica sempre Borghi – poiché per fare un’operazione duratura tra i due paesi è necessario avere un approccio di carattere generale” che non si limiti all’ambito fiscale.

Per la Lega Nord bisogna riscrivere tutto

Non si mostra sorpreso della frenata giunta dal governo nemmeno Jonny Crosio (Lega Nord). “Sembra possibile che un esecutivo a scadenza porti in parlamento un provvedimento come questo in dicembre? Lo si sapeva almeno dallo scorso mese di giugno” che sarebbe finita così. Del resto, sostiene il deputato lombardo, “a Renzi interessavano solo le entrate della voluntary disclosure” concordata con la Svizzera e “a Berna la sua cancellazione dalle black-list”, ma dei frontalieri non importa niente a nessuno.

In proposito la Lega insiste sulla sua proposta di riformulare da capo l’intesa sui frontalieri, messa a punto due anni fa dalle delegazioni tecniche dei due paesi: “Bisogna riscrivere tutto a quattro mani, nell’interesse di tutti, quindi dei due Stati coinvolti ma anche dei territori” e per questo motivo “vanno ascoltati attentamente il Ticino e la Lombardia”.

Ma si tratta di un’ipotesi di non facile applicazione, alla luce soprattutto degli impegni preliminari assunti dal governo italiano nei confronti della Confederazione, preoccupata per la forte concorrenza della manodopera italiana sul mercato del lavoro, in particolare in quello ticinese dove non sono rari i casi di dumping salariale.

Dumping salariale in Ticino

Ma per questo, sottolinea sempre Jonny Crosio, sarebbero sufficienti l’introduzione del salario minimo (in corso d’opera, tra non poche polemiche, nel Canton Ticino) e la ferma repressione degli abusi (“mandiamo in galera i datori di lavoro che pagano 3’000 franchi al mese i dipendenti ma contemporaneamente si fanno ridare in nero 1’000 franchi in contanti da ognuno di loro”).  

Per Enrico Borghi invece il dumping “è una questione che andrebbe senz’altro affrontata” ma all’interno di un quadro economico più generale che ricomprenda “politiche di rilocazione (ndr, in Italia) di aziende” trasferitesi precedentemente in Svizzera in virtù di agevolazioni fiscali mirate e di una tassazione più favorevole.

Se quindi in futuro si tasserà i frontalieri secondo le aliquote italiane per attenuare le distorsioni sul mercato del lavoro ticinese – sembra trasparire chiaramente dalla presa di posizione dei deputati dem – andranno garantiti i necessari sostegni alle attività produttive nelle regioni di confine italiane attratte dalla concorrenza fiscale delle autorità cantonali.

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