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Rapporti con l’UE, porte chiuse a Bruxelles

Livia Leu
Compito arduo per la caponegoziatrice elvetica Livia Leu. © Keystone / Peter Schneider

Le notevoli difficoltà che attualmente ha la Svizzera nei suoi rapporti con l'Unione Europea sono emerse in tutta evidenza nella visita di giovedì pomeriggio della caponegoziatrice elvetica Livia Leu a Bruxelles.

Scopo della trasferta, la terza della segretaria di Stato, era la firma dell’accordo sul cosiddetto miliardo di coesione – il contributo elvetico volontario all’integrazione dei paesi dell’Est Europa – che fonti della Commissione UE hanno subito indicato come indispensabile per la partecipazione della Confederazione al Mercato unico.

Durante l’incontro durato circa tre ore Juraj Nociar, il capogabinetto del vicepresidente Maros Sefcovic (delegato per i rapporti con la Confederazione), ha sostanzialmente ribadito l’intenzione di ripartire dall’Accordo istituzionale (che Berna ha rifiutato di firmare un anno fa) che aveva lo scopo di rendere organiche e dinamiche le relazioni tra Svizzera e UE, in particolare in tema di risoluzione delle controversie e aggiornamento delle intese vigenti.

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I due diplomatici si sono accordati solo su una riunione di delegazioni tecniche che si terrà entro la fine dell’estate sulla libera circolazione e la tutela dei salari, ma le porte per un prossimo vertice tra il ministro degli Esteri Ignazio Cassis e Maros Sefcovis, che avrebbe dovuto celebrarsi in maggio, restano chiuse.

E, sempre secondo fonti UE, un incontro di questo tipo “non è previsto in questa fase” e in ogni caso sono preliminarmente necessari “chiarimenti” da parte elvetica sulle sue intenzioni dopo che si è unilateralmente ritirata dall’intesa raggiunta.

Di sicuro lo stralcio proposto dal governo svizzero, interessato ora a negoziare separatamente i vari temi comuni, non sembra trovare consensi all’interno della Commissione UE.

Ma soprattutto, dalle ceneri del controverso Accordo istituzionale continua la dolorosa esclusione degli atenei svizzeri al programma Horizon Europe che sta penalizzando pesantemente il settore della ricerca elvetica.

L’impressione concreta, insomma, è che le trattative, nonostante l’attivismo svizzero, siano a un punto morto e si stia brancolando nel buio in merito alla via da intraprendere per riannodare il dialogo.

   

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