Da quando è scoppiata la guerra in Ucraina, è possibile per alcuni oligarchi russi entrare in Svizzera nonostante i loro nomi si trovino nella blacklist della Confederazione.
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Fa discutere l’ingresso in Svizzera durante quest’ultimo anno di guerra di alcuni oligarchi russi i cui nomi si trovano nella lista delle persone sanzionate della Confederazione. L’ordinanza prevede un divieto di ingresso nel Paese, ma le persone interessate hanno potuto comunque farlo grazie alla Legge sugli stranieri.
Andrei Melnichenko, uno degli oligarchi russi più noti e più ricchi, che si trovava nella sala dove Vladimir Putin illustrava i suoi piani bellici un anno fa, è sottoposto alle sanzioni elvetiche, ma è anche in possesso di un permesso CCollegamento esterno, che gli permette – almeno in teoria – di entrare e uscire liberamente dalla Svizzera. A dirlo è la stessa Legge sugli stranieri, come spiega ai microfoni della Radiotelevisione della Svizzera italiana RSI il portavoce della Segreteria di Stato alla migrazione Samuel Wyss: “Le persone che hanno un permesso valido di residenza o domicilio possono entrare in Svizzera e soggiornarvi. Un ritiro di questo permesso motivato dalla sanzione non è previsto dalla Legge sugli stranieri e la loro integrazione”.
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A chi possiede questi documenti l’ingresso nella Confederazione è però permesso solo a patto che non arrivino transitando per lo spazio Schengen. Una situazione che cozza con il senso delle sanzioni, secondo l’avvocato Paolo Bernasconi, attivo in varie organizzazioni internazionali: “È contraddittorio. La Svizzera ha stilato un elenco di nomi nella lista di persone fisiche che rappresentano un pericolo per la sicurezza perché sono vicine a un regime che aggredisce un Paese sovrano violando le convenzioni internazionali”.
La Confederazione potrebbe dunque decidere di sospendere i permessi a chi si trova sulla blacklist: “Basta poter sostenere che ci sia un rischio per l’ordine pubblico svizzero. E in questo caso il rischio sussiste”, aggiunge Bernasconi. “È il nostro quadro legale”, conferma Wyss. “È importante dire che controlliamo in ogni singolo caso se la persona può effettivamente entrare nel nostro Paese anche se è in possesso del permesso”.
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