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Mercati finanziari, accordo Berna-Roma ma le banche elvetiche restano penalizzate

Filiale di Credit Suisse a Milano.
Filiale di Credit Suisse a Milano. Keystone / Martin Ruetschi

Non c'è ancora l'autorizzazione per le banche svizzere (senza succursale) a operare sul mercato transfrontaliero ma intanto le autorità di vigilanza dei due Paesi intensificano la collaborazione.

Nelle scorse settimane Roma e Berna hanno effettuato un ulteriore passo di avvicinamento nelle loro complicate relazioni economico-finanziarie. Gli organi di vigilanza sui mercati finanziari (FINMA da un lato e CONSOB e Banca d’Italia dall’altro), recita un comunicatoCollegamento esterno dell’Associazione svizzera dei banchieri, hanno infatti stipulato un accordo di cooperazione che prevede una più stretta collaborazione nell’ambito della sorveglianza delle attività bancarie transfrontaliere.

Un’intesa che potrebbe forse preludere a un imminente via libera all’accesso degli istituti di credito elvetici, oggi ancora fortemente penalizzati da Roma, al mercato italiano. Dalla road-map stipulata nel febbraio 2015 dagli allora ministri delle finanze Eveline Widmer-Schlumpf e Pier Carlo Padoan a Milano – finalizzata a normalizzare i rapporti finanziari non sempre facili tra i due Paesi – sono stati fatti notevoli passi in avanti e quasi tutte le controversie sono state appianate.

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Progressi nelle relazioni finanziarie

Lo scambio automatico di informazioni, con la fine del segreto bancario elvetico, l’abolizione delle doppie imposizioni, l’esclusione di Berna dalle black-list italiane (l’ultima, quella sulle persone fisiche, a fine luglio con l’inversione dell’onere della prova, non più a carico dei contribuenti italiani trasferitisi nella Confederazione) e l’accordo fiscale sulla manodopera transfrontaliera, sono divenuti realtà. Tutti tranne l’accesso agevolato al mercato italiano da parte delle banche elvetiche, su cui soprattutto gli istituti a sud delle Alpi, continuano di insistere.

“Il Governo italiano è condizionato dalle richieste provenienti dal suo settore finanziario”.

Giovanni Merlini, ex consigliere nazionale PLR

Per poter operare liberamente su suolo italico esse devono ancora oggi disporre di una succursale, soggetta alle norme del Belpaese soprattutto in ambito tributario. Per le altre è invece possibile mantenere rapporti con i clienti e le clienti residenti in Italia ma non è loro consentito di acquisirne attivamente di nuovi (a meno che l’iniziativa non parta da questi ultimi).

Ci sono due generi di affari che si possono svolgere dalla Svizzera verso l’Italia, spiega Franco Citterio, direttore dell’Associazione bancaria ticinese (ABTI), il primo riguarda i clienti professionali come i fondi d’investimento, i fondi di previdenza e le grosse istituzioni: “In questo caso le banche svizzere sono autorizzate ad avere relazioni e contatti attivi con la clientela professionale nell’ambito degli investimenti”.

Gestione patrimoniale limitata

L’altro tipo di attività che si può svolgere dalla Confederazione è la “libera prestazione di servizi” (LPS), prevista dal Testo unico della finanza (TUF). Con la LPS, rileva il rappresentante degli istituti ticinesi, le banche possono offrire ai clienti privati servizi strettamente bancari, come ad esempio la concessione di crediti o l’apertura di relazioni bancarie.

Da questi servizi, osserva sempre Franco Citterio, “risulta esclusa la gestione patrimoniale, possibile solo in caso di ‘reserve solicitation’, ovvero in caso di prestazione passiva di servizi di investimento transfrontalieri su iniziativa del cliente”.

Una situazione che da un lato è discriminatoria (non esistono vincoli in Svizzera per gli intermediari finanziari italiani) e dall’altro penalizza le banche elvetiche, in particolare quelle più piccole che non sono in grado di sostenere gli oneri amministrativi e fiscali richiesti da Roma, da lucrose attività.

Non a caso oltre la metà dei patrimoni amministrati in Svizzera proviene dall’estero e di questi almeno il 40% è riconducibile a clientela europea. Inutile precisare che l’evoluzione della piazza finanziaria ticinese, la terza nella Confederazione, è storicamente legata a doppio filo con le vicissitudini d’oltre frontiera.

Peggioramento con la direttiva UE del 2017

Ma c’è di più. Invece di stemperarsi la pressione italiana in questo ambito, come lasciava presagire la famosa road-map del 2015, si è invece intensificata. Il decreto legislativo (DL n. 129 del 25 agosto 2017) che ha attuato la direttiva UE 2014/65 (MIFID II) ha di fatto equiparato a questo riguardo gli istituti finanziari elvetici a quelli di qualsiasi altro Paese extraeuropeo, ribadendo l’obbligo di succursale o filiale per poter operare.

“È difficile in questo momento dire se l’accordo tra Finma e Consob preluda a uno sbocco della situazione” – ci dice l’ex parlamentare Giovanni Merlini che con un suo postulato aveva sollecitato nel 2017 una presa di posizione del Governo federale. “Le cose nel frattempo non si sono mosse molto” e per gli operatori finanziari ticinesi “restano gli stessi vincoli cui sono soggetti anche i colleghi ginevrini riguardo ai clienti d’oltre frontiera”.

“L’accesso al mercato italiano rimane un dossier complicato e non si intravedono soluzioni a breve termine”.

Franco Citterio, Associazione bancaria ticinese (ABTI)

Nella sostanza, precisa sul punto il direttore dell’Associazione bancaria ticinese Franco Citterio, l’accordo di maggiore collaborazione tra Finma e Consob/Banca d’Italia costituisce, nella sostanza, “una ratifica delle attuali disposizioni in vigore tra le autorità che tuttavia non comprendono l’auspicato accesso agevolato al mercato transfrontaliero per le banche svizzere”.

Applicazione restrittiva di Italia e Francia

Francia e Italia hanno applicato, a differenza della Germania, la direttiva MIFID II in modo restrittivo, sfruttando la possibilità di imporre l’obbligo di succursale come condizione per prestare servizi alle banche straniere, in un’ottica protezionistica dei loro rispettivi mercati, segnala Giovanni Merlini.

L’UE non impedisce alla Svizzera di stipulare accordi bilaterali, continua l’ex consigliere nazionale liberale radicale, “ma per farlo bisogna pur sempre essere in due”. Che Roma non abbia poi onorato le promesse, seppur generiche, fatte nel 2015, è dovuto alla circostanza che, da un lato il MIFID II gli ha successivamente offerto la possibilità di limitare la concorrenza estera e dall’altro, che queste dichiarazioni di intenti “lasciano un po’ il tempo che trovano”.

Sul concetto di “una mancanza di volontà da parte italiana, che non ha voluto ottemperare agli impegni presi in sede di road-map con la Svizzera”, sembra concordare anche Franco Citterio, secondo cui “l’accordo con la Germania dimostra che la via bilaterale può rappresentare una soluzione a patto che lo Stato interessato, in questo caso l’Italia, sia aperto al dialogo”.

Berna rassegnata?

Merita forse una riflessione l’atteggiamento di Berna che su questa questione non ha oggettivamente contribuito finora a fare passi in avanti decisivi.  “È uno dei motivi del mio postulato”, sottolinea in proposito l’ex presidente cantonale del PLR. Non vale la pena delineare due o tre scenari, nel successivo rapporto del Consiglio federale, senza l’indicazione di piani B e di eventuali strumenti di pressione che si possano utilizzare.

“Sono state pubblicate 34 pagine di rapporto per dire in sostanza che non c’è niente da fare”, ne è uscito “un Governo rassegnato”, sintetizza Giovanni Merlini. E se nel frattempo si sono registrate aperture dell’Italia sul fronte della tassazione dei frontalieri, con la ratifica della recente intesa, questo è dovuto – a giudizio dell’ex parlamentare PLR – al fatto che l’accordo è fiscalmente vantaggioso per Roma mentre è più difficile attendersi progressi, per lo meno a breve, su questa questione considerato che il Governo italiano è condizionato dalle richieste provenienti dal suo settore finanziario.

Se da un lato, conclude Franco Citterio, l’accordo sui frontalieri e l’uscita di Berna dalle black-list italiane siano “una buona notizia”, l’accesso al mercato italiano “rimane un dossier complicato e non si intravedono soluzioni a breve termine”.



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