Lasciare l’Afghanistan è sempre più difficile
Oggi, in video-conferenza, si è tenuto un G20 straordinario sull’Afghanistan, voluto e indetto dal premier italiano Mario Draghi per affrontare la pesante crisi umanitaria ed economica che sta attraversando il Paese dopo il ritorno al potere dei Talebani.
L’Afghanistan, ha detto Draghi, rischia il collasso e di fronte a questo spettro non deve tornare a quello che era 20 anni fa: rifugio del terrorismo internazionale e luogo senza diritti per le donne. Affrontare le gravissime emergenze umanitarie, ha aggiunto, richiederà contatti anche con i talebani. Questo però non significa la concessione di un riconoscimento ufficiale. Intanto l’Unione Europea ha annunciato di aver stanziato un miliardo di euro in aiuti.
Difficoltà per chi ha lavorato per ONG svizzere
E proprio in quest’atmosfera d’insicurezza, la situazione di chi ha collaborato per anni con le ONG svizzere è drammatica: diverse collaboratrici i collaboratori afghani hanno chiesto di poter raggiungere la Confederazione, senza successo finora.
La Svizzera è stata chiara sin dall’inizio: solo chi ha lavorato per un’istituzione, chi ha la cittadinanza svizzera o un permesso di soggiorno ha potuto essere evacuato. Poi le porte si sono chiuse.
Ora l’unica opzione lasciata a chi è rimasto è quella di rivolgersi alla rappresentanza diplomatica elvetica in Pakistan. Un viaggio ormai difficile da intraprendere.
Per il capo del Dipartimento degli Affari Esteri elvetico Ignazio Cassis, la situazione va affrontata sul territorio: “Abbiamo una responsabilità nei confronti di tutto il popolo afghano. Dobbiamo aiutarlo lì [sul posto]. Dobbiamo evitare il collasso del sistema afghano”.
In conformità con gli standard di JTI
Altri sviluppi: SWI swissinfo.ch certificato dalla Journalism Trust Initiative
Se volete segnalare errori fattuali, inviateci un’e-mail all’indirizzo tvsvizzera@swissinfo.ch.