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La stagione invernale parte male

snowboarder uomo su pista in mezzo a un bosco innevato
Un'immagine che potrebbe diventare sempre più rara. Keystone / Gaetan Bally

Le stazioni sciistiche sono sempre più sotto pressione a causa dei cambiamenti climatici. Lo dimostrano anche le alte temperature e la pioggia di questi giorni, che ha raggiunto addirittura i 2'000 metri di altitudine.  

Per la maggior parte delle stazioni sciistiche, la stagione si è aperta il 17 dicembre, ma per ora, in molti posti, non è stato possibile aprire tutte le piste. A Savognin, nel Canton Grigioni, per esempio, pioviggina da quattro giorni e la visibilità di sciatrici e sciatori è ridotta a causa della nebbia.  

“Fin qui la stagione è stata pessima”, spiega Curdin Baltermia, direttore tecnico degli impianti di risalita di Savognin. “Piove e manca la neve. Non siamo nemmeno riusciti ad aprire tutte le piste. Sono praticabili solo quelle dove siamo riusciti a innevare artificialmente. Con queste condizioni è logico che i turisti non arrivino”. 

Molte altre località si trovano nelle stesse condizioni di Savognin e in futuro questa situazione potrebbe ripresentarsi sempre più spesso: secondo il presidente del Gruppo svizzero per le regioni di montagna Thomas Egger, infatti, inverni caldi come questo saranno la nuova normalità. Secondo lui,se le destinazioni turistiche sotto i 1’600 metri vorranno sopravvivere dovranno trovare delle alternative allo sci e sfruttare di più le altre stagioni dell’anno. Secondo Egger è assurdo, per esempio, che durante lo scorso mese di ottobre, caratterizzato da “una meteo fantastica”, numerosi hotel e impianti di risalita siano rimasti chiusi o fermi. In un’intervista rilasciata al quotidiano svizzerotedesco Blick, ha spiegato che non potranno essere sempre i Comuni a compensare finanziariamente queste attività.  

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Bisognerebbe, secondo lui, anche rinunciare anche all’innevamento artificiale, una soluzione giudicata insostenibile a livello ambientale ed economico. Come esempi positivi, Egger cita Lenzerheide nei Grigioni, capace di sfruttare soprattutto l’autunno, e il Monte Tamaro in Ticino, che nel 2003 ha abbandonato totalmente il turismo invernale, investendo in attività estive e riuscendo addirittura ad aumentare il suo fatturato. 

Le piste inagibili e la meteo inclemente fanno registrare già –calo delle entrate del 50% rispetto al già non ottimo 2021. Una situazione non del tutto anomala, ma comunque particolare, secondo il meteorologo della Radiotelevisione svizzera di lingua tedesca SRF Luzius Schmassmann: “Succede regolarmente che a Natale le temperature aumentino, ma adesso si sommano due fattori negativi: fin qui non ha praticamente nevicato e ora questo caldo che fa piovere anche in altitudine. Per la coltre nevosa delle regioni alpine non è una buona notizia”. 

Una situazione simile potrebbe ripetersi sempre più spesso: “Possiamo ritenere che con il cambiamento climatico la soglia degli zero gradi salirà sempre più in alto: lo si vede sui modelli climatici della Confederazione. Per le stazioni sciistiche a basse quote, in futuro sarà sempre difficile garantire l’innevamento necessario per sciare”.  

Secondo Curdin Baltermia, “se adesso arrivasse un po’ di neve e poi di nuovo il sole riusciremmo a salvare il salvabile (usando i cannoni da neve, ndr), ma non basterà per una buona annata”. La domanda, quindi, è se lo sport invernale ha ancora un futuro.  “Lo sci manterrà la sua importanza per la regione, anche se ci saranno delle cose da cambiare: dovremo estendere l’impiego dei cannoni da neve, e concentrarci sulle piste ad alta quota”. 

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