La lunga marcia della Nazionale femminile: dalla discriminazione al successo internazionale

La nazionale di calcio femminile si è evoluta enormemente dal 1970. Il suo calcio è diventato più fisico, più dinamico e le sue tattiche più sofisticate. Ma la Nati ha dovuto lottare a lungo per farsi accettare.
Swissinfo.ch pubblica regolarmente articoli dedicati a temi storici dal blog del Museo nazionale svizzeroCollegamento esterno. Questi articoli sono sempre disponibili in tedesco e di solito anche in francese e in inglese.
La squadra di calcio femminile svizzera nasce nel 1970, anno in cui viene istituito anche il primo campionato. Gli iniziCollegamento esterno si rivelano ardui e costellati di difficoltà. Le pioniere del pallone fronteggiano pregiudizi radicati e resistenze istituzionali. Molti uomini, anche all’interno della federazione, le guardano inizialmente con scetticismo, mentre altri offrono il loro sostegno.
Le giocatrici svizzere disputano la loro prima partita non ufficiale nel 1970 contro l’Austria al “Breite” di Sciaffusa, uno stadio che non era più in ottime condizioni, ma che aveva già ospitato alcune partite della Lega Nazionale A. Davanti a un folto pubblico la nazionale vince con un netto 9-0 contro una squadra austriaca improvvisata.
La prima partita internazionale riconosciuta dalla FIFA e dall’Associazione Svizzera di Football (ASF) si disputa solo nel 1972 a Basilea contro la Francia, concludendosi con un pareggio per 2-2. Inizialmente i media mostrano interesse per il calcio femminile, novità che fa scalpore: televisione e giornali ne parlano con commenti spesso intrisi di misoginia e disprezzo. Non stupisce quindi che l’entusiasmo sia rapidamente scemato.
Reportage sulla prima partita internazionale della Nati donne a Sciaffusa, su YouTube (in tedesco):
All’epoca, le foto dei raduni della nazionale non venivano ancora distribuite alla stampa. Le immagini sopravvissute, conservate per la maggior parte negli archivi del Museo dell’FC ZurigoCollegamento esterno, provengono dagli album personali delle giocatrici. Traspaiono chiaramente la gioia e l’orgoglio di stare insieme. Come oggi, le giocatrici provenivano da tutta la Svizzera.
Al raduno del 1975 a Basilea, incontrano la leggenda del Basilea e del calcio svizzero Karl Odermatt. Purtroppo, l’illustre presenza non porta fortuna alle elvetiche, che perdono 1-3 contro l’Inghilterra, patria del calcio.

Le fotografie mostrano anche l’evoluzione dell’abbigliamento sportivo e della moda. Le tute e le maglie erano a volte a collo largo, a volte aderenti, a volte larghe. Durante la partita contro l’Austria a Sciaffusa, le donne indossano maglie logore prestate da una squadra giovanile, cosa che le giocatrici trovano giustamente umiliante.
Quando il campionato fu fondato nel 1970, i responsabili dell’associazione pensarono di imporre reggiseni di ferro, poiché si pensava che prendere la palla con il petto avrebbe causato il cancro al seno. Fortunatamente, questo piano non fu mai attuato. L’abbigliamento è stato a lungo dominato dagli uomini. Fino a poco tempo fa, non esistevano scarpe o pantaloncini specifici per le donne, che erano costrette a indossare modelli da uomo o taglie da bambino. Fortunatamente, da allora le cose sono cambiate: le magliette e i pantaloncini sono ora prodotti per le donne. Anche per quanto riguarda le calzature, da circa cinque anni i produttori di articoli sportivi si stanno muovendo lentamente ma inesorabilmente nella giusta direzione.
Dal punto di vista sportivo, la squadra non si è evoluta. Negli anni Settanta le donne svizzere erano ancora in grado di competere con le altre nazioni, ma successivamente la situazione è cambiata radicalmente. Negli anni Ottanta e Novanta, il rapporto di forza è molto chiaro. Le atlete elvetiche sono dominate dalla maggior parte delle loro rivali. Nel 1988, ad esempio, la Svizzera gioca a Binningen una partita di qualificazione ai Campionati Europei contro la Germania e perde per 10-0. Anche nel maggio 1993 le donne svizzere perdono sempre contro le tedesche, all’epoca una delle migliori squadre d’Europa. Come molte altre partite femminili, non si giocò in una grande città, ma in provincia, in questo caso a Wädenswil.

La squadra nazionale, in cui Helen BarmettlerCollegamento esterno ha giocato tra il 1972 e il 1984, per lungo tempo non è riuscita a emergere. Per decenni, la squadra non si è qualificata per i tornei internazionali. Ciò si spiega probabilmente anche con il fatto che per molto tempo l’ASF non ha investito nella promozione delle giovani leve. Per avere successo, è necessario che emergano costantemente nuove giocatrici. In un Paese piccolo come la Svizzera, questo non è un compito facile. L’associazione impiegherà molto tempo per capirlo.
Solo all’inizio del nuovo millennio la formazione delle nuove generazioni è stata rafforzata. Nel 2004, l’associazione ha creato un dipartimento di calcio femminile e un centro di formazione per le ragazze. Negli ultimi anni, il numero di ragazze e donne che praticano il calcio è aumentato rapidamente, uno sviluppo molto positivo.
Dal 2020, le donne sono rappresentate anche nella Segreteria Generale e nel Consiglio Direttivo dell’ASF. Lo sviluppo delle giovani è di vitale importanza per la nazionale maggiore. Permette di reclutare giocatrici sempre meglio formate. E la Svizzera oggi è ormai conosciuta come una nazione che esporta giovani calciatrici.

Negli ultimi quindici anni circa, anche la promozione ha dato i suoi frutti. La Svizzera svolge un ruolo sempre più importante a livello internazionale. La prima partecipazione della squadra femminile alla Coppa del Mondo nel 2015 è stata una pietra miliare nel suo sviluppo. Il riconoscimento sociale, la copertura mediatica e la partecipazione del pubblico alle partite sono aumentate rapidamente.
A questo hanno contribuito le imprese mediatiche, come la tripletta più veloce di sempre di Fabienne Humm dell’FC Zurigo in una partita contro l’Ecuador ai Mondiali del 2015 in Canada. Con la qualificazione a UEFA Women’s Euro 2017, le svizzere hanno partecipato per la prima volta a un grande torneo europeo.
Dal 2012 al 2018, l’allenatrice tedesca Martina Voss-Tecklenburg ha lasciato il segno sulla squadra e ne ha garantito il successo. Le svizzere hanno partecipato alla Coppa del Mondo 2015 in Canada e agli Euro femminili 2017 nei Paesi Bassi, ma hanno mancato la qualificazione alla Coppa del Mondo 2019. Sotto l’allenatore danese Niels Nielsen, la squadra è riuscita a qualificarsi per Euro 2022 in Inghilterra e per la Coppa del Mondo in Australia un anno dopo.
A questi Mondiali le svizzere, allenate da Inka Grings, hanno giocato contro Nuova Zelanda, Norvegia e Filippine. Dopo aver vinto il proprio girone, hanno affrontato le campionesse del mondo in carica della Spagna, perdendo 5-1 e venendo eliminate.
Sebbene il profilo mediatico della nazionale e il numero di spettatori siano in crescita, rimangono ancora modesti rispetto ad altri Paesi e al calcio maschile nazionale. Ogni volta che la squadra juniores o senior partecipa a un torneo internazionale, si registra un effetto benefico sul calcio femminile svizzero nel suo complesso.
Con un sostegno sempre più diffuso e una base di tifosi in espansione, il riconoscimento definitivo non tarderà ad arrivare. In particolare, naturalmente, in occasione delle partite del Campionato europeo femminile, che la Svizzera sta ospitando e che registrano quasi sempre il tutto esaurito.
Michael Jucker è uno storico dello sport, direttore di Swiss Sports History e co-direttore del Museo del Football Club di Zurigo.
L’articolo originale sul blog del Museo nazionale svizzeroCollegamento esterno

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