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Il Marchionne "svizzero" (con la cravatta)

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Questo contenuto è stato pubblicato il 26 luglio 2018 - 17:58
tvsvizzera/spal con RSI (Controluce del 1997)

Con ogni probabilità i funerali di Sergio Marchionne si terranno in forma strettamente privata in Svizzera. La notizia, riportata da diversi media italiani, conferma lo stretto legame che ha legato l'ex ceo di FCA con la Confederazione elvetica.

Qui il manager italo-canadese aveva il domicilio legale – per la precisione a Walchwil nel Canton Zugo - e nel piccolo comune vodese di Blonay viveva stabilmente la famiglia. Ma soprattutto con la Svizzera si è intrecciata ripetutamente la sua carriera professionale prima di approdare alla Fiat. Nel 1994 la società canadese Lawson Mardon Group, nella quale ricopriva la carica di responsabile finanziario e vicepresidente, fu rilevata dal gruppo elvetico Alusuisse Lonza, di cui diventò in breve tempo ceo e presidente.    

Nel "1994 quando Alusuisse si presentò sulle borse nordamericane e inglese per acquistare il Lawson Mardon Group, io a gennaio avevo già avviato le pratiche per la restituzione delle chiavi dell'auto aziendale", rivelò l'allora quarantacinquenne Sergio Marchionne nella lunga intervista alla RSI condotta da Michele Fazioli per il programma Controluce nel 1997 e che riproponiamo oggi per intero.

Dalla Alusuisse Lonza alla SGS di Ginevra

Ma all'interno dell'impresa rossocrociata il manager di origine abruzzese salì subito ai vertici e contribuì in modo determinante al suo riorientamento e consolidamento industriale. Fece ancora meglio successivamente quando alla testa della SGS di Ginevra - società leader nei servizi di certificazione e ispezione a livello mondiale, di cui la famiglia Agnelli è azionista - riuscì in un biennio (2002-2004) a risanarla e a rilanciare le sue attività.

Tutte "performances" che non lasciarono indifferenti i proprietari della Fiat che lo vollero alla guida della casa torinese. Sotto la sua direzione il gruppo automobilistico si rilanciò divenendo, dopo l'acquisizione di Chrysler, un cosiddetto player mondiale.

Ma gli interessi di Sergio Marchionne nella Confederazione non cessarono con il suo sbarco a Torino. Per alcuni anni restò nel cda del gruppo farmaceutico Serono (oggi Merck Serono Biotpharmaceuticals) dell'amico italo-svizzero Ernesto Bertarelli e successivamente venne nominato vicepresidente non esecutivo del cda della prima banca elvetica UBS. La sua presenza all'interno del board del gruppo bancario fu tutt'altro che formale e il suo nome ricorse negli ambienti finanziari riguardo a un suo possibile incarico di vertice. Ma in coincidenza con la trattativa per l'acquisizione di Chrysler da parte di Torino il manager lasciò ogni carica nella banca elvetica.

Marchionne alla Televisione svizzera

Nell'intervista alla Televisione Svizzera del 1997 l'imprenditore 45enne, che nelle occasioni ufficiali come si può vedere portava ancora la cravatta, si fa apprezzare per alcune inedite affermazioni che ne svelano l'aspetto umano e privato che di solito non traspariva nei suoi incontri pubblici. In particolare appare oggi toccante la promessa fatta al figlio di smettere di fumare. "Stavo cercando di evitare di annunciarlo pubblicamente in televisione in caso non ci dovessi riuscire" ammette Sergio Marchionne all'epoca.

Sottolinea di aver studiato molto prima di raggiungere il successo imprenditoriale ("È stata una scalata preparata con molti anni di studio") e di aver sacrificato suo malgrado gli affetti familiari a causa della sua impegnativa attività professionale. Lunghe giornate di lavoro dalle 6.15 alle 21.30, una sola settimana di ferie all'anno e continue corse tra casa, lavoro (ai tempi lavorava a Zurigo e viveva nel canton Zugo) e l'aeroporto. E lamenta la solitudine del capo nel momento in cui è chiamato a prendere determinate decisioni.

Emerge anche un certo decisionismo nella sua conduzione dell'azienda, una caratteristica che alcuni gli hanno rimproverato negli anni. "Cercare di imporre dei valori morali nel funzionamento del mercato - sostiene Marchionne nell'intervista - per me è offensivo". Ma, aggiunge sempre il manager italo-canadese, "il capitale più grande è il capitale umano".

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