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Giovan Battista Martinetti, il ticinese che ospitò l’élite culturale a Bologna

facciata di un palazzo
Prima di diventare Casa Martinetti, l'edificio ospitava un convento. Ilaria di Cocco - Tourer.it

A 400 metri dalle iconiche Due torri di Bologna sorge Casa Martinetti, uno degli edifici storici della città, il cui nome è legato a Giovan Battista Martinetti, architetto ticinese che nel XVIII secolo insieme alla moglie fu l’animatore del più importante salotto letterario dell’epoca.

L’appuntamento con l’architetto Pietro Maria Alemagna è in Via San Vitale 56. Qui si trova l’ingresso di Casa Martinetti. Il Palazzo è simile ai tanti che compongono la città antica. Se non fosse per la targa posta sotto il porticato passerebbe addirittura inosservato. “Questo è ciò che rimane di un edificio che fu uno dei più importanti centri culturali della Bologna del XVIII secolo”, spiega a tvsvizzera.it l’architetto.

Casa Martinetti deve il suo nome all’ingegnere svizzero Giovan Battista Martinetti che, nato da una famiglia di umili origini, si ritrovò ad essere insieme alla moglie l’animatore di uno dei salotti letterari più importanti dell’epoca. “A dire il vero fu la moglie Cornelia la vera anima del salotto letterario. Ma il luogo simbolo che lo ospitò fu opera dell’ingegno del ticinese”, racconta Alemagna. Le cronache dell’epoca lo ricordano come l’Orto delle Esperidi: un giardino all’inglese che aveva il suo pezzo forte in una “grotta delle delizie” ricavata da una vecchia cripta romanica.

ritratto di un uomo
Ritratto di Giovan Battista Martinetti. © Biblioteca Archiginnasio Bologna.

“E pensare che Giovan Battista per nascita ed estrazione sociale non avrebbe mai dovuto entrare nel mondo dell’alta società bolognese”, racconta Alemagna. Ma le cose andarono diversamente.

Dalle valli ticinesi all’élite culturale bolognese

Giovan Battista Martinetti nacque a Bironico, oggi frazione del comune di Monteceneri nel Canton Ticino. Era il 1764 e la valle del Vedeggio aveva ben poco da offrire al padre, Giovanni Antonio, che subito dopo la nascita del figlio si trasferì a Bologna per lavorare come stuccatore, muratore e riparatore di ponti.

Nel 1775 decide di chiamare con sé in città anche il piccolo Giovan Battista che all’epoca aveva 11 anni. La fortuna del Martinetti la fece il padre quando decise di metterlo in contatto, appena giunto a Bologna, con una facoltosa e influente famiglia bolognese. “Il conte Iacopo Zambeccari praticamente adottò il nostro Giobatta, come venne chiamato dalla famiglia e dagli amici”, racconta Alemagna. “Il conte non solo lo introdusse nell’élite culturale bolognese ma soprattutto gli permise di studiare all’Accademia Clementina delle Belle Arti alla quale difficilmente avrebbe avuto accesso”.

Fu così, dunque, che Giovan Battista divenne ingegnere e architetto. Sebbene Martinetti fu cresciuto dalla famiglia Zambeccari, esso mantenne rapporti con la famiglia e quindi con le sue origini svizzere. Questo fino alla morte del padre dopo la quale Martinetti chiuse i legami con la vecchia patria e divenne a tutti gli effetti cittadino di Bologna.

Da qui Martinetti seguì le vicende politiche d’Europa e non nascose mai le sue simpatie rivoluzionarie tanto che riuscì a diventare l’ingegnere di fiducia di Napoleone a Bologna quando questi fece il suo ingresso trionfale in città nel 1796.

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Lo scalone all’interno del palazzo. tvsvizzera

Casa Martinetti e la “grotta delle delizie”

“Giovan Battista Martinetti era un uomo molto abile negli affari. Sapeva fiutare le occasioni da cogliere al volo, come ad esempio la soppressione degli ordini religiosi imposta da Napoleone. Fu così che Martinetti si impossessò del Palazzo che oggi porta il suo nome”, racconta a tvsvizzera.it Antonella Mampieri, storica dell’arte dei Musei Civici di Arte Antica di Bologna.

Appena entrato in città, Napoleone stabilì che nel territorio bolognese non potesse esserci più di un convento per ogni ordine. Il Convento delle Suore Benedettine, dunque, fu abbandonato e messo in vendita. Qualche anno dopo ad acquistarlo fu il nostro Giovan Battista.

Del vecchio convento il ticinese decise di mantenere solo uno scalone su pianta ellittica del 1616 (ancora oggi conservato all’interno dell’edificio). Tutto il resto rivoluzionato dall’ingegno di Martinetti che trasformò il Convento nella sua dimora. Ma il fiore all’occhiello di tutta quella costruzione era uno splendido giardino all’inglese.

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Ciò che resta del giardino, oggi inglobato in un appartamento. tvsvizzera

“Ciò che più verrà ricordato di quel giardino – spiega la dottoressa Mampieri – sarà la cripta del 1100 appartenente alla chiesa dei Santi Vitale e Agricola in Arena. Martinetti la adornò di rocce, stalattiti e stalagmiti e ne fece il centro di quello splendido giardino che Martinetti donò alla moglie Cornelia”.

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La cripta oggi. tvsvizzera

L’incontro con Cornelia e la nascita del salotto letterario

Nel 1802, quando i lavori a Casa Martinetti non erano ancora terminati, Giovan Battista sposò la giovanissima contessa Cornelia Barbara Rossi di Lugo. “Cornelia era una donna bellissima ed estremamente affascinante”, racconta l’architetto Alemagna. “Lei, così come Giobatta, aveva una forte sensibilità romantica. Per cui ben presto quel giardino che il ticinese progettò come dono per la giovane moglie divenne un salotto letterario di grandissimo successo”.

Ritratto di Cornelia Martinetti
Il ritratto di Cornelia Martinetti. Biblioteca Salaborsa

Il salotto Martinetti-Rossi ebbe frequentatori illustri. “Di qui passarono Leopardi, Stendhal, Canova e soprattutto Ugo Foscolo che di Cornelia fu follemente innamorato seppure mai ricambiato”, racconta Alemagna.

L'”Orto delle Esperidi”

Quel giardino, che ben presto fu battezzato dai suoi frequentatori “l’Orto delle Esperidi”, fu il centro nevralgico della cultura bolognese del tempo e uno dei più importanti salotti letterari d’Europa. Lo fu fino al 1818 quando Giovan Battista Martinetti fu chiamato a Roma da Pio VII. Lui e Cornelia rimasero nella Capitale dello Stato Pontificio ben dieci anni, fino al 1828 quando tornarono a Bologna. “Giobatta” morì solo due anni dopo e Cornelia, rimasta vedova, non fu in grado di replicare il fasto del salotto letterario.

“Con la morte di Giovan Battista – racconta Alemagna – Cornelia dovette fare i conti con momenti di ristrettezza economica. Non si ridusse alla povertà solo grazie agli aiuti dei tanti amici che le erano rimasti in città. Fino al giorno della sua morte, nel 1867, Cornelia riuscì a mantenere Casa Martinetti così come il marito l’aveva progettata. Quando il Palazzo passò al nipote di lei, Germano Rossi, esso divenne la sede del Convitto Luigi Ungarelli”. Con la divisione della proprietà tra gli eredi avvenuta a inizio Novecento, il palazzo e lo splendido giardino furono vittime di una lottizzazione che nel giro di qualche anno lasciò ben poco dell’originaria bellezza.

“Quello che resta oggi – conclude Alemagna – sono brandelli del giardino che si trovano all’interno delle abitazione che vi furono costruite; la dimora che è stata suddivisa in diversi appartamenti e la cripta a cui però è stata restituita la sua originaria destinazione d’uso”.



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