Fosco Maraini, il maestro del reportage etnografico agli onori a Lugano
Il Museo delle culture di Lugano presenta la più ampia retrospettiva fotografica dedicata al celebre viaggiatore, etnologo e scrittore fiorentino, scomparso 20 anni fa.
Orientalista, etnologo, scrittore, fotografo e anche alpinista: Fosco Maraini è stato tutto questo.
Nato a Firenze il 15 novembre 1912 da Antonio Maraini, scultore appartenente alla nota famiglia di origini ticinesi che così tante tracce ha lasciato in Italia, e da Edith Crosse, scrittrice di padre inglese e di madre ungaro-polacca, “fu per indole un viaggiatore e per passione uno studioso, perfettamente a suo agio sia con la scrittura sia con la fotografia, adoperate insieme per esplorare e per raccontare il mondo”, ricorda nel comunicato che presenta l’esposizioneCollegamento esterno il Museo delle culture (Musec) di Lugano.
Il padre della scrittrice Dacia Maraini, scomparso l’8 giugno del 2004, iniziò a scoprire il vasto mondo nel 1937, in occasione di un viaggio in Tibet. L’anno successivo, dopo aver conseguito la laurea in scienze naturali all’Università di Firenze, accettò una borsa di studio per il Giappone, dove si trasferì con la sua famiglia.
Nel 1943, avendo rifiutato, con la moglie Topazia Alliata, di aderire alla Repubblica sociale italiana, fu fatto prigioniero insieme alla famiglia in un campo di concentramento fino alla resa del Giappone nel 1945. L’anno dopo – ricorda la piattaforma OltreconfiniTiCollegamento esterno dedicata alla diaspora ticinese – i Maraini iniziarono il lungo viaggio di rientro in Italia.
La sete di scoprire di Fosco Maraini però non si spense. Negli anni successivi proseguì gli studi e intraprese dei viaggi a Gerusalemme, in Corea e ancora in Tibet e in Giappone.
Nell’esposizione organizzata al Musec si possono scoprire o riscoprire 223 scatti, alcuni dei quali inediti, realizzati da Maraini fra il 1928 e il 1971 in Europa e in Asia. Ben 170 immagini ritraggono luoghi e genti dell’Italia e del Giappone, “le due patrie di Maraini: la prima per nascita e per cultura e la seconda per destino e affinità elettiva”.
La retrospettiva, intitolata Immagini all’empresente, uno dei tanti neologismi coniati da Maraini che esprime “quell’attimo irripetibile in cui all’occhio è dato percepire le movenze del cuore e dell’anima”, è la più importante mai dedicata al fotografo ed etnologo italiano.
Una mostra che si ripropone di “assegnare definitivamente a Maraini il ruolo che gli spetta nella storia della fotografia e, al contempo, riflettere a più livelli sui valori portanti di una forma d’arte che oggi, di fronte alle nuove frontiere della tecnologia, s’interroga sulla sua stessa sostanza”.
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