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Disagio giovanile in crescita

ragazza in piedi davanti a lavagna in jeans neri e felpa gialla
La pandemia ha esacerbato l'isolamento dei giovani Keystone / Luis Torres

La pandemia, il lockdown e il conseguente isolamento sono elementi che hanno contribuito ad esacerbare il fenomeno del disagio giovanile.

Un fenomeno che negli ultimi due anni è stato in costante crescita in tutta la Svizzera e che ha portato alla creazione, nel 2019, di Zeta Movement, un’associazione presente in tutto il Paese e che da mercoledì sarà presenze anche nella Svizzera italiana, dove si presenterà ufficialmente con un evento online.

Lo scopo di Zeta Movement è quello di aiutare i giovani con un disagio psichico a uscire allo scoperto. Questo anche grazie all’aiuto di diversi esperti: psichiatri, psicologi e organizzazioni nazionali e regionali che si occupano di salute mentale.

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“Ci siamo accorti che parlare di salute mentale è ancora un tabù”, spiega Emma Broggini, co-fondatrice di Zeta Movement. “Volevamo creare degli spazi di conversazione e dialogo sicuri”.

“Quello che è importante è destigmatizzare il tema”, spiega Sandra Dos Reis, ambasciatrice di Zeta Movement.

Durante la pandemia il disagio giovanile si è aggravato: la situazione oggi è allarmante: “Nel 2020 c’è stato un raddoppio dei ricoveri di ragazzi che hanno fatto un tentativo di suicidio”, spiega Michele Mattia, psichiatra e psicoterapeuta.

Non solo in Svizzera…

Uno studio dell’Unicef condotto in 21 Paesi del mondo ha dimostrato che durante la pandemia a oltre il 13% di chi ha tra i 10 e i 19 anni è stato diagnosticato un disordine mentale o del comportamento, mentre nella fascia 15-24 anni il 19% si è detto depresso.

Disturbi che hanno conseguenze anche gravi, come spiega la responsabile del rapporto Zeinab Hijazi: “Il problema è grave. Ogni anno oltre 47’000 adolescenti si tolgono la vita: uno ogni 11 minuti. È sconcertante. L’appello a investire nella salute mentale, a renderla una priorità, è perché questi investimenti salvano delle vite”.

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Un fenomeno rilevato anche all’Ospedale San Paolo di Milano, dove c’è l’unico reparto del capoluogo lombardo per il ricovero di giovani pazienti neuropsichiatrici. Chi è in prima linea ha visto da vicino l’ascesa agli inferi di una generazione sempre più sofferente e abbandonata: “Ogni notte vedo uno o due adolescenti gravi – ideazioni suicidarie o tentati suicidi” racconta la pediatra Francesca Farina, aggiungendo che “l’emergenza è tale che anche noi pediatri ci siamo trovati improvvisamente catapultati in questa situazione. Siamo passati dal curare le otiti al dover sapere cosa dire a questi ragazzini che ti dicono: ‘Se tu stasera mi mandi a casa, io la faccio finita’”. 

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